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Addamiano, le ore della passione
15 maggio 2011

Quando la tradizione popolare, decantata nell’alveo nostalgico della memoria, incontra l’eleganza di un artista colto nascono operazioni come “I santi in versi” di Daniele Giancane (in letteratura) o questa superba personale del maestro Natale Addamiano, “Le ore della passione”, allestita tra il locale Museo Diocesano e la Chiesa della Morte (una cartella con 7 preziose riproduzioni di queste opere è stata donata ai lettori di “Quindici” con il numero di aprile). L’esposizione è stata inaugurata dallo storico dell’arte Gaetano Mongelli, artefi ce anche, per il catalogo della mostra, di un dottissimo contributo che scandaglia l’itinerario dell’artista molfettese lungo “le vie del sacro”. Il prezioso catalogo, edito per i tipi della “Nuova Mezzina Arte”, consta anche di interventi delle autorità cittadine ed ecclesiastiche (il sindaco Antonio Azzollini e il vescovo Luigi Martella), di Elena Germano Finocchiaro e di un iter quaresimale di Marco Ignazio de Santis (storico collaboratore di Quindici). Le riproduzioni dei dipinti delle Ore della passione sono accompagnate da componimenti poetici, in taluni casi inediti e realizzati per l’occasione, di alcuni scrittori molfettesi (Maria Addamiano, Raff aele Cappelluti, Ada de Judicibus Lisena, Jole de Pinto, Gianni Antonio Palumbo, Giacinto Panunzio, Stella Poli, Maria Pomponio de Gioia, Gianna Sallustio, Giovanni Salvemini, Gina Tota). Per l’allestimento, Maria Addamiano ha anche donato due sculture in cartapesta, tra le quali si distingue una dinamica e suggestiva variazione sul tradizionale motivo della deposizione del Cristo. La personale dell’Addamiano risalta per l’eleganza del ductus pittorico e per l’elevatissimo grado di elaborazione del rapporto luce-colore, che ricorda l’inesausta ricerca di Cézanne in tale dominio. Ancora una volta, il blu appare il fulcro della visione dell’artista molfettese; in alcune composizioni, la luce notturna sembra fasciare ogni cosa, punteggiata dai caldi cromatismi irradiati dalle lucerne, ma, piuttosto che assurgere a simbolo dell’azione avvolgente della morte, essa si trasforma in vivida manifestazione della luce divina. Lo sguardo dell’artista indugia sui più suggestivi angoli di Molfetta e ci restituisce una muraglia irrorata di luce abbagliante oppure punta su portoni ad arco del centro storico, su scorci del borgo... Seguendo l’itinerario delle confraternite lungo le vie della città, ci prospetta immagini dei luoghi di Molfetta, che appaiono, a ben vedere, del tutto riconoscibili, ma acquisiscono una particolare malia, proprio in virtù dell’interazione luce/cromatismi legati al corteo/ambiente. Così, ad esempio nel Cammino della Croce, la luce dorata delle candele sembra “riscaldare” i muri dei palazzi lungo via Amente. Delle volte, come in Dramma della Passione, si assiste a una teatralizzazione dello spazio, che diviene quinta prospettica in cui si staglia nitida la sacra rappresentazione dei misteri dolorosi, con gli edifi ci completamente in ombra rassomigliabili ai rilievi che videro consumarsi il sacrifi cio del Redentore. Non solo le più belle vedute di Molfetta rivivono trasfi - gurate da riverberi luminosi, ma l’osservatore può qua e là divertirsi a riconoscere qualche celebre personalità molfettese. Se pure, infatti, il maestro Addamiano tende a rifuggire dall’approfondimento fi siognomico degli attori del corteo, facendone una sorta di epopea cittadina collettiva, in qualche caso ci sembra di distinguere la fi gura del maestro Muti o la simpatica sagoma di qualche sacerdote e, nelle fattezze del Devoto che si sobbarca al peso del Cristo nel Getsemani, potrebbe celarsi un discreto autoritratto. Si susseguono così, scandite dal “lento dondolio” dei portatori, le “ore delle passione”, ciascuna connotata da una sua precisa elaborazione luminosa in interazione con la luce artifi ciale. Addamiano sembra tradire una spiccata predilezione per le ore mattutine, con i loro chiarori azzurrati, ma ci regala anche splendidi scorci serotini e notturni. A noi piace particolarmente la luce abbacinante dell’intervallo tra il mezzogiorno e la controra; essa punteggia di bianco e rosa gli edifi ci (in contrasto con l’ocra e le tonalità degli angoli in ombra) e persino i visi ruvidi dei confratelli e quello efebico e dolcissimo di San Giovanni. Tutto si smaterializza e, mentre il corteo incede dolcemente verso non si sa (ma si intuisce) quale meta sfavillante, Molfetta riluce come un giardino fi orito nel fulgore di primavera.

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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