MOLFETTA - Due vacue arringhe da istrione, basate su intenti politici e propagandistici. La prima politico-mediatica, in cui il sindaco Antonio Azzollini ha motivato il suo parere negativo per l’adesione alla Città Metropolitana di Bari, spiegando anche la discutibile applicabilità della formula “città metropolitana” all’area vasta barese. Il secondo di tipo tecnico-legislativo, con il commento agli artt. 23 e 24 della Legge n.68/11 che definiscono il sistema finanziario della città metropolitana: secondo Azzollini, per Molfetta ci potrebbero essere nuove imposte.
Considerazioni piuttosto discutibili e, forse, anche strumentali perché la legge è riferita a Regioni e Province (o Città metropolitane): le misure contestate da Azzollini potevano essere anche applicate dalla Provincia di Bari e, comunque, hanno anche carattere facoltativo (sarà lo statuto metropolitano a definirle). In sostanza, l'impossibile diventa mediaticamente possibile.
L’opposizione ha, invece, ribadito replicato la posizione dichiarata nella
conferenza stampa di giovedì sera. Innanzitutto,
Giovanni Abbattista (Pd), definendo mistificatorio e pirotecnico il primo intervento di Azzollini, ha ribadito quanto sancito dagli artt. 17 e 18 del Decreto Legge n.95/12, poi modificato dalla Legge n.135/12: lo statuto metropolitano dovrà disciplinare i rapporti fra i Comuni della Città metropolitana e le modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane, mentre il Comune di Molfetta non perderà alcuna funzione fondamentale (la legge richiama gli artt. 114, 117 e 118 della Costituzione che, in particolare, fissano i poteri di ogni ente locale).
Spiazzante la proposta di Nicola Piergiovanni (Sel), che ha proposto di indire entro 60 giorni un referendum popolare, come sancito dallo Statuto comunale, perché l’amministrazione non può assumere un atto così impegnativo senza consultare i cittadini di Molfetta.
Spalle al muro, l’amministrazione ha rigettato l’emendamento, ma non l’idea di un possibile referendum: una sottigliezza amministrativa dai possibili risvolti antidemocratici, dipesa dal mero “cautelatismo” politico. Secondo Angelo Marzano (Pdl), capogruppo di maggioranza, sarà la prossima amministrazione a decidere se indire un referendum. A quanto pare, si teme il risultato politico di un possibile referendum (un flop referendario nuocerebbe alle prossime amministrative).
L’atto d’indirizzo è stato approvato a maggioranza (appena 16 consiglieri, che non potrebbero rappresentare la maggioranza cittadina), dopo quasi 4 ore di discussione animata e accesa. Una partita a scacchi condita da coupe de theatre inaspettati, fino al faccia a faccia con urla tra Azzollini e Mino Salvemini (Pd), capogruppo dell’opposizione consiliare, di fronte a un’aula comunale gremita di cittadini attenti.
Ognuno ha sciorinato la sua visione politica: da un lato, l’opposizione che spinge verso l’area metropolitana perché polo di attrazione dei fondi europei e organo di pianificazione sovracomunale per coordinare gli interessi comuni e incentivare lo sviluppo locale. Dall’altro, l’amministrazione Azzollini che, rigettata la Città metropolitana, innesca il meccanismo dell’art. 133 della Costituzione, secondo cui un Comune può decidere se aderire o meno a una circoscrizione locale (come prevede l’emendamento ad hoc della Commissione Bilancio al DL n.95).
In pratica, il Comune di Molfetta non aderisce alla Città metropolitana (nemmeno alla Provincia di Foggia) e s’impegna a «favorire un riordino tra i Comuni aderenti alla Provincia di Barletta, Andria, Trani ed i Comuni della Provincia di Bari» (ad esempio Bitonto, Comune di centrosinistra, che ha deciso per la non adesione, creando uno scompiglio interno). Purtroppo, la BAT non potrà essere salvata: l’assurda intenzione potrebbe, però, essere la costituzione di una nuova provincia, contro la spending review. Provincia che dovrebbe avere un nuovo capoluogo (Andria, Trani, Barletta o Molfetta?) e in cui il Comune di Molfetta potrebbe giocare un ruolo importante (solo sulla carta) a livello economico-commerciale e infrastrutturale, a partire dal nuovo porto. Infatti, nella Città metropolitana Molfetta sarebbe costretta ad aderire all’Autorità portuale del Levante e alla rete TEN-T, prospettiva ricusata ieri da Azzollini.
In questo caso, si aprirebbe una vera e propria questione politica, un caso nazionale. Ecco perché questo progetto sembra destinato a fallire e Molfetta a finire nella Provincia di Foggia. Tuttavia, l’istrione Azzollini potrà presentarsi comunque al popolo nell’habitus di paladino (sconfitto) dell’autonomia. Potrebbe essere questa la tagliola mediatica: i cittadini si plagiano con le parole e poco con le spiegazioni tecniche.
MAGGIORANZA A 13+3
Ormai la maggioranza originaria non esiste più: ridotta all’osso, appena 13 consiglieri cui si sono aggiunti i 3 consiglieri ex opposizione. Restano anche i tanti mal di pancia (assente ingiustificato Benito Cimillo) che potrebbero disequilibrare l’armada azzolliniana. Per evitare il lento disfacimento della sua coalizione, Azzollini ha richiamato Giacomo Spadavecchia e Carmela Minuto, riesumando anche lo spettro del consigliere Lele Sgherza, assente da oltre un anno, e innescando il gioco di prebende, interessi personali e promesse politico-finanziarie.
Tra l’altro, all’inizio della seduta, i consiglieri Mauro Giancaspro e Leonardo Siragusa hanno dichiarato la loro indipendenza dai rispettivi gruppi consiliari (Mpa e sel), per poi annunciare l’adesione al movimento politico Molfetta via, coadiuvati da Giovanni Mezzina (ex Pdl) e Antonio Ancona (ex consigliere comunale): per ora non è chiara la linea politica (forti sono gli attriti da Azzollini e Mezzina), ma i casi Pino de Candia, Adele Claudio, Carmela Minuto e Francesco Mangiarano (passati dall’opposizione alla maggioranza, anche se alcuni dichiarati indipendenti) rappresentano un precedente.
PROTESTA FASHION E FONDAZIONE OSPEDALE
Nel Consiglio comunale di ieri è stata affrontata anche la situazione degli addetti alle pulizie del Fashion District (vicenda seguita da Quindici), liquidata dal sindaco Azzollini con una semplice alzata di mano, senza nemmeno spendersi in un commento di solidarietà. Sono intervenuti i consiglieri Pino Amato (Udc), Salvemini e Leonardo Scardigno (Pdl): questi ultimi due hanno definito la nuova azienda che si occuperà delle pulizie come «operatore non corretto», «poco di buono» e «senza scrupoli». Nonostante l’unanimità del consiglio per l’odg presentato da Gianni Porta (Prc), i lavoratori, che hanno esposto uno striscione tra il pubblico, sono stati delusi dal silenzio liquidante di Azzollini, evidentemente poco interessato alla vicenda, e dall’intervento tardivo degli altri partiti.
Ultimo punto discusso, la creazione una fondazione per l’attuazione di tutte le iniziative finalizzate alla progettazione, costituzione e gestione del nuovo ospedale del Nord barese. Contraria Rifondazione Comunista, astenuti Pd, Sel e Udc perché, come ha spiegato Abbattista, nonostante le legittimità del provvedimento, il Comune di Molfetta inaugura un percorso concorrente e autonomo rispetto a quello regionale, senza coinvolgere gli organi competenti, Regione e Asl. Si rischia di entrare in conflitto con il processo istruttorio già in atto, invece di creare una sinergia collaborativa: il solito autonomismo padronale di Azzollini.
A breve, una cronaca approfondita della discussione in Consiglio comunale sull’area metropolitana, con tutti gli interventi dei consiglieri e le spiegazioni del sindaco Azzollini.
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