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Molfetta, Città Metropolitana: centrosinistra barricato contro il carro armato Azzollini Parere negativo verso la Città metropolitana e nuova Provincia: questo l'odg del consiglio di oggi. Il ruolo dei Comuni nell'area metropolitana e il rispetto delle autonomie. La posizione della coalizione di centrosinistra e l'invito ai cittadini a partecipare al consiglio
12 ottobre 2012

MOLFETTA - Alzeremo le barricate. Un sordido grido di guerra, quello lanciato dalla grande tavolata di coalizione (Pd, Sel, Udc e Lista Emiliano) nella conferenza stampa di ieri sera al Corso Umberto (nella foto, da sinistra: Annalisa Altomare, Saverio Patimo, Mino Salvemini, Giovanni Abbattista, Pino Amato, Nicola Piergiovanni), in cui si è cercato ancora una volta di spiegare ai cittadini il valore amministrativo dell’ingresso del Comune di Molfetta nella Città metropolitana di Bari e di contro l’effetto devastante di un netto rifiuto (come ha commentato già ieri pomeriggio il direttore di Quindici, Felice de Sanctis).
Sarà ferma la contrarietà dei partiti Pd, Sel e Udc al provvedimento che la l’amministrazione Azzollini porterà al Consiglio comunale di oggi pomeriggio (16,30 al Palazzo Giovene), come annunciato dal segretario Pd, Giovanni Abbattista: l’ordine del giorno prevede l’espressione di un parere negativo all’ingresso nell’area metropolitana e la costituzione di una nuova Provincia sul calco BAT (che non potrà essere salvata perché priva dei requisiti demo-territoriali sanciti per legge).
Tra l’altro, in base al DL n. 95/12 e alla Legge n.135/12 ogni Comune manterrà la sue funzioni, anzi lo statuto metropolitano, redatto dai componenti del Consiglio metropolitano eletti tra i sindaci dei vari Comuni, dovrà disciplinare, secondo i principi costituzionali, «i rapporti fra i Comuni facenti parte della città metropolitana e le modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni metropolitane». Agli stessi Comuni spetteranno anche le prerogative di bilancio stabilite dall’art.119 dalla Costituzione, in particolare sotto il profilo di una vera autonomia di entrata e di spesa.
Per di più, come ha sottolineato Mino Salvemini (Pd), capogruppo di opposizione, lo statuto metropolitano disciplinerà i rapporti fra i Comuni dell’area metropolitana, prevedendo le modalità con cui la Città metropolitana potrà conferire ai Comuni proprie funzioni (e anche viceversa).
Alla Città metropolitana, più nello specifico, saranno attribuite tutte le funzioni provinciali di pianificazione strategica, nel rispetto delle autonomie e delle prerogative comunali. Con la consapevolezza che, secondo i principi costituzionali di sussidiarietà, adeguatezza, completezza, omogeneità, differenziazione, efficienza ed economicità (Legge n.59/97), tra i Comuni metropolitani dovranno attuarsi comportamenti di leale collaborazione e rispetto.
Tra le funzioni metropolitane, saranno decisive quelle d’interesse intercomunale, come l’indirizzo e la programmazione strategica in materia sociale ed economica, mobilità e viabilità, traffico e servizi di trasporto pubblico locale, le reti di trasporto, le infrastrutture di rilevanza intercomunale, la pianificazione territoriale generale, il coordinamento della partecipazione dei Comuni metropolitani ai bandi per fondi comunitari e così via. Questo il livello di programmazione metropolitana condivisa cui si adegueranno, come accade già oggi per la pianificazione regionale, i vari Comuni.
Decade, perciò, l’assunto di «periferia di Bari». Evidente l’appello strumentale del sindaco di Molfetta, Antonio Azzollini, al leghismo in salsa molfettese, una specie di nostalgico e retrogrado revanscismo che, però, pare abbia attecchito non poco tra i cittadini di Molfetta che, spinti da un pagano materialismo, ricercano l’effettiva convenienza di questa manovra amministrativa.
«Demagogia e populismo becero ed esilarante», la lapidaria definizione di Salvemini, che ha ribadito il ruolo della Città metropolitana come centro di attrazione di finanziamenti, di aziende e di industrie, anche perché i fondi europei saranno direttamente gestiti dall’ente costituendo e non più dalla Regione.
Proprio per questo, i consiglieri di opposizione Nicola Piergiovanni (Sel) e Pino Amato (Udc) hanno invitato la cittadinanza a partecipare attivamente al Consiglio comunale di questo pomeriggio per abbattere il padronalismo azzolliniano e piegare alla volontà del popolo l’istinto gregario dei consiglieri di maggioranza. Lo stesso Piergiovanni ha rilanciato la necessità di un referendum popolare, come previsto dallo Statuto comunale. Ed è probabile che Azzollini abbia già previsto anche questo coupe de theatre: difficile prevederne gli esiti, soprattutto se sul piatto della sua bilancia farà pesare “la perdita” del porto per i molfettesi.
Non bisogna dimenticare che Molfetta nel 2008 ha già aderito all’Area Metropolitana Terra di Bari e che di area metropolitana, come ha ricordato Annalisa Altomare, ex sindaco di Molfetta e oggi esponente della lista «Emiliano per la Puglia», si è parlato sin dagli anni ’90. Lo stesso Azzollini in un intervento del 2008 su Agorà, riportato dal consigliere comunale Saverio Patimo (Pd), considerava la città metropolitana «un treno che non possiamo perdere se vogliamo continuare ad alimentare la crescita e lo sviluppo che attualmente contraddistinguono la nostra città».
Cos’è cambiato in 4 anni? Secondo l’opposizione, con la creazione di una immaginaria nuova Provincia nel territorio BAT (area di centrodestra) Azzollini si vorrebbe garantire un maggiore bacino di voti nel caso in cui sia approvata la riforma elettorale con l’introduzione delle circoscrizioni.
Ma, secondo indiscrezioni, altri due potrebbero essere i fattori disraendi: da un lato, la guerra fratricida intestina all’elite azzolliniana per la nomina del candidato sindaco (pressioni “ammorbidite” dalla priorità della città metropolitana). Dall’altro, il terrore di perdere la gestione padronale del porto: questione, che secondo Abbattista, non avrebbe alcun legame rilevante con la posizione di Azzollini. Ma è difficile credere che Azzollini ceda ben volentieri la sua “creatura” ai baresi indipendentemente dal colore politico dell’ente metropolitano.
Forse si dimentica che nel momento in cui sarà definita la gestione integrata delle infrastrutture, nell’ambito marittimo il porto dovrà essere inserito in una pianificazione metropolitana e gestito amministrativamente dal consesso metropolitano, che scalzerà de facto Azzollini o chi si troverà a governare Molfetta in quel momento.
In pratica, una sinergia gestionale che potrebbe non solo essere propagandata come un “danno” per il popolo molfettese, ma anche rompere il vaso di Pandora e rivelare sorprese inaspettate e trasversali. Potrebbe esser questo il polverone mediatico da riversare sui cittadini, convinti di perdere (forse non del tutto a torto), uno dei punti di riferimento della loro economia locale e un’opera pubblica costata milioni di euro e sacrifici finanziari.
Occorre ribadire l’inutilità di questo porto così come è stato programmato, che dovrà trovare una collocazione a livello regionale (voglia o non voglia il sindaco), essendo un porto regionale non di proprietà di Molfetta, come lascia credere Azzollini. A Molfetta possiede una semplice delega regionale, su cui è stato avviata la procedura di revoca.
 
Sul prossimo numero della rivista mensile Quindici in edicola domani a Molfetta, un primo approfondimento tecnico del provvedimento sulla città metropolitana, che permetterà ai cittadini di poter comprendere le sfaccettature della vicenda.
 
© Riproduzione riservata
 
 
Autore: Marcello la Forgia
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