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Successo dello spettacolo “O tundre o tundre” dell’Associazione “Capotorti” Il Maestro Nicola Petruzzella Il presidente della Capotorti
15 settembre 2019

Uno spettacolo straordinario, unico nel suo genere, che ha recuperato musiche e tradizioni popolari molfettesi, canti di lavoro di lotta, d’amore e religiosi, ninne nanne e serenate. Tutto questo è stato “O tundre, o tundre”, proposto dall’Associazione Capotorti, con l’intento di valorizzare” le individualità artistiche e culturali presenti nel territorio” e il suo repertorio ad oggi vanta brani che spaziano dalla musica gregoriana al moderno vocal-pop. Nella narrazione dello spettacolo, presentato all’Anfiteatro di Ponente, è emerso evidente l’impegno non solo della ricerca storica, ma anche la cura e la lunga preparazione per arrivare ad un risultato finale eccellente, soprattutto se si considera che i canti e i dialoghi erano tutti in vernacolo. E non è cosa da poco. Peccato per coloro che l’hanno perduto, perché è stato una di quelle opere patrimonio dell’anima, da conservare gelosamente e da tramandare alle nuove generazioni. Infatti, come la stessa Associazione Capotorti e il suo presidente dott. Vito Mastrorilli, hanno sottolineato, si tratta di canti che ormai non canta più nessuno, ma che hanno fatto parte della vita dei nostri genitori (quanti ricordi hanno risvegliato nel pubblico meno giovane che ha fatto un tuffo negli anni dell’infanzia, quando li ascoltavano alla voce delle nonne), canti che hanno accompagnato le loro giornate lavorative e i momenti più importanti della loro vita. Sono la “voce armoniosa” che un Popolo non può né deve dimenticare perché verrebbe meno la stessa peculiarità della nostra terra e, con essa, la sua identità culturale. Sono canti che sarebbero dimenticati per sempre come sta avvenendo per il dialetto che sta rapidamente perdendo la propria tipicità perché i giovani non lo parlano più e lo percepiscono come sottocultura. «Con O tundre o tundre – dicono gli organizzatori - vogliamo dare nuova vita a questi canti perché non vadano dimenticati e perché sia da viatico al museo del patrimonio culturale immateriale della nostra terra. Queste musiche saranno testimonianza di una identità da recuperare perché la nostra città possa crescere e crescere sana. Molto ricco il programma: Sòele Russe Russe; Viva Salvemina; U Ponde de Varrette; U Sciovedia Sende; Soepe a nu Monde; La die de l’Ascelze; O tundre, o tundre; Giacinde, Giacinde; Cummà Meri; U Chende du Mere del Maestro Aldo Gigante al quale è stato tributato un doveroso omaggio alla memoria; Mètalène; Mèriteme a la Pugghie; Serenata; Nu pescatoere sogne di A. Fiorentini; Ninna Nanna; Vattinne Papone; Scarpare Gemmettiste di Aldo Gigante; Feschelare di A. Gigante; La Santa Allegrezza; Le Notte de Nètale. Bravissimi gli interpreti del Coro polifonico “Luigi Capotorti” diretti dal Maestro Nicola Petruzzella; al pianoforte Vito della Valle di Pompei; Ricerche, regia e conduzione Pietro Capurso. Prezioso il contributo della Fabulanova Folk Ensamble ,”cuore sonoro” dell’associazione nasce nel 2010. Nel corso degli anni ha animato molte serate di musica e danze popolari in Puglia e altrove. L’Ensemble esplora il repertorio popolare e va alla riscoperta delle tradizioni orali e coreutiche della Terra di Bari e di altre aree del Sud Italia, prima fra tutte il Salento: Pizziche, tarantelle, tammuriate, quadriglie e canti d’amore. Il gruppo è formato dal Vincenzo de Pinto, direttore artistico; Marianna Campanile, voce; Pantaleo Annese, voce e chitarra battente; Gianfranco Rongo, organetto; Alberto Modugno, tamburi; Federico Ancona, flauti; Helene de Pinto e Maria Paola Marzocca, ballerine. Il numeroso pubblico ha apprezzato il lavoro realizzato dalla “Capotorti” e ha lungamente applaudito artisti e musicisti, che hanno recitato con passione e partecipazione. Un lavoro come questo avrebbe richiesto un maggiore sostegno da parte dell’amministrazione comunale, che per altre iniziative di minore qualità, è stata più generosa. Come pure sarebbe da accogliere la proposta di Pietro Capurso, che riportiamo qui sotto, di creare un archivio del patrimonio culturale immateriale della nostra terra. La capacità di un amministratore sta anche nel saper valorizzare le risorse del proprio territorio e perché no, saper essere anche un po’ visionari.

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