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L'associazione “lineacinque” su scuola e università
27 novembre 2008

MOLFETTA - In una situazione di gravissima crisi della democrazia e di pericoloso scivolamento verso uno stato di regime autoritario, le politiche del governo di destra e i decreti del ministro Gelmini mirano a demolire il sistema scolastico e universitario pubblico italiano, a dare gli ultimi colpi di piccone allo stato sociale, a massacrare definitivamente le condizioni economiche e di vita dei lavoratori. Berlusconi destina soldi pubblici per salvare i banchieri corrotti e, con loro, il capitalismo finanziario. Continua inoltre a spendere in missioni di guerra, investe in grandi e dannose infrastrutture, in opere di saccheggio del territorio e di devastazione ambientale. Nega invece sostegni e finanziamenti a qualunque politica di difesa dei beni comuni e degli strumenti della socialità, dall'acqua alla scuola, ricerca e università, dalla sanità alle energie pulite e alternative. Un potente attacco al diritto alla vita! Un totale annientamento della libertà di pensiero! Un grave assedio al mondo del lavoro, già indebolito dai sindacati stessi! Il governo così rinforza l'onda lunga che da alcuni decenni sta impoverendo il sistema nazionale di formazione e ricerca, un processo demolitorio in corso, dalle elementari fino all'università, che viene dall'esterno del sistema ma trova non poche complicità e responsabilità anche al suo interno. Si tratta di un lungo percorso storico - non ostacolato dai passati governi di centrosinistra né dai partiti di sinistra - che oggi recepisce l'ideologia aziendalista e l'ossessione del mercato, per ridurre scuola e università ad una pesante condizione di miseria culturale e di devastazione di ogni socialità nella vita degli studenti. Gli inauditi tagli al finanziamento ordinario della scuola e delle università pubbliche sono di fatto destinati a mettere in rosso i loro bilanci e favorire così la privatizzazione delle strutture di produzione e trasmissione del sapere. Concependo la scuola come cerniera che assicura la riproduzione di una cultura ripetitiva, funzionale al sistema, e non come luogo di formazione di un pensiero critico per la trasformazione della società. Con la conseguenza di un'irricevibile accentuazione del precariato nelle attività di insegnamento, ricerca e amministrazione. Non è ammissibile che, contemporaneamente ai tagli, vengano alimentate scuole private e cattoliche con le risorse della finanza generale dello stato e i soldi dei cittadini. Non è accettabile che scuole e università vengano ridotte al rango di aziende produttrici di merci. Che le università vengano messe nel mercato da una feroce concorrenza ad attrarre il maggior numero di studenti. E gli studenti, ridotti al rango di clienti di un'azienda, debbano scegliere l'università come si sceglie un'automobile. Che il sistema scolastico costringa i giovani a scegliere subito e senza rimedio tra indirizzo professionale e indirizzo liceale, quasi il mercato del lavoro sia lì, impaziente, ad accogliere le nuove leve, già prima del diploma di maturità. Non è più sopportabile che il diritto allo studio venga mortificato da un insostenibile aumento delle tasse universitarie e una contemporanea riduzione delle strutture per uno studio consapevole e attivo. Che la diminuzione del numero delle ore d'insegnamento e degli insegnanti nella scuola superiore conduca ad un ulteriore peggioramento della qualità culturale della formazione. E si favorisca così un processo di omologazione verso il basso che non giova ad assicurare ai giovani una preparazione solida e profili professionali qualificati, ma soltanto compatibili con i processi di flessibilizzazione del lavoro. Così come la parcellizzazione dell'insegnamento faccia dei futuri lavoratori degli esecutori materiali di decisioni acriticamente subite dall'alto. Non è accettabile che si modifichino le regole concorsuali per il reclutamento dei ricercatori e la progressione dei professori universitari, con un banale ritorno a procedure che ripristinano e rafforzano il potere dei baroni accademici. Che si tenti un micidiale blocco del turn-over e delle assunzioni, provocando un ulteriore invecchiamento del corpo docente negli atenei. E si continui a rendere sempre più precario il lavoro che si svolge dentro e fuori della scuola e dell'università. Gelmini non può farci credere di avere sensibilità a riformare la scuola sottraendole risorse e soldi. Tagliando i finanziamenti, vuole la morte degli atenei e la loro trasformazione in fondazioni private. Come potranno sopravvivere gli atenei senza soldi, con debiti e bilanci in difficoltà? L'autonomia, la responsabilità e la valutazione sono importanti processi di riforma del sistema formativo e della ricerca che non si possono attuare tagliando i fondi e sottraendo risorse. Un governo di ricchi e corrotti vorrebbe raffigurare la scuola di massa come sprecona, inefficiente e clientelare, scuola di fannulloni. Un totale disprezzo, a cui occorre reagire. Partendo da una sorta di autovalorizzazione nel lavoro formativo e di ricerca scientifica di molti docenti. Bisogna far emergere una dimensione spesso sommersa, una realtà fatta di pratiche individuali o di piccolo gruppo, seminari, incontri, dibattiti e ricerche, che prendano anche corpo nelle ore istituzionali ma poi debordino dentro e anche fuori della scuola e dell'università. Di una tale autovalorizzazione culturale, magari rintracciabile solo nel modo di far lezione o di far comunità con gli studenti, non si potrà fare il conto nei termini soliti di produttività positiva, perché essa appartiene a un'altra economia, fatta di altri stili di vita, altre priorità. E neppure si può negare l'effetto positivo che esperienze culturali non computabili in termini classici producono comunque nella vita dello studente. Ma questo non può bastare. Né può bastare la denuncia dei 'molteplici tradimenti' di cui l'università è luogo. Luogo di sprechi, esagerazioni, fino alle evidenti corruzioni. Oggi si aprono le borse dello stato per salvare il capitalismo finanziario ed economico. Invece, per il movimento di studenti e lavoratori precari è finalmente il momento di rivendicare con forza un intervento pubblico nell'economia che sia mirato a rivoluzionare il modello di sviluppo dominante. Di fermare il pensiero unico che nell'era del neoliberismo sta pervadendo anche le politiche scolastiche e universitarie. Di interrompere quelle politiche fondate sul mercato e sulla crescita che hanno generato le difficoltà attuali nella vita di tutti i giorni, nel lavoro e nell'equilibrio ambientale. Non si può perdere, qui e adesso, l'occasione di modificare o abbattere finalmente questo modello, per andare nella direzione opposta di un'economia alternativa, che sia equa sul piano della giustizia sociale, sostenibile sul piano della tutela dell'ambiente e del territorio, rispettosa delle risorse culturali e scientifiche che nella scuola e nell'università sono rappresentate. Respingere i decreti di Gelmini e i programmi di Berlusconi è la priorità di un movimento che nasce dal basso, e fa tutt'uno con il rovesciamento delle politiche economiche finora adottate dai governi, con l'irrinunciabile modifica dell'abitudine a considerare il PIL, il prodotto nazionale lordo, come l'indicatore della salute dell'economia nazionale. Non si può perdere, insieme all'occasione di respingere l'attacco alla scuola ed all'università pubblica, quella di nazionalizzare la finanza, ma solo per rivendicare piani e programmi che facciano dello Stato il garante del pieno impiego per un lavoro di qualità, valorizzando lo studio, la formazione e la ricerca, e superando la precarizzazione diffusa e sempre più dilagante. Sono queste le basi di analisi con cui l'associazione 'lineacinque' invita alla discussione studenti, insieme a docenti, ricercatori, tecnici e amministrativi che operano nella scuola e nell'università. La sede dell'associazione è aperta per qualunque iniziativa, riunioni, assemblee, gruppi di studio, finalizzati a comporre un movimento permanente per costruire una sistema scolastico e universitario del tutto nuovo e libero dai condizionamenti del potere. Il documento è nato dall'assemblea dei soci, messo in rete, e inviato a giornali on-line, quotidiani e organizzazioni studentesche. Con organizzazioni e comitati di studenti e ricercatori precari, l'associazione si prepara ad organizzare incontri seminariali presso la propria sede, per approfondire gli argomenti di fronte ai quali si trovano oggi tutti coloro che devono fare scelte consapevoli d'ogni tipo, per l'accesso e per la prosecuzione degli studi, oltre che per l'ingresso critico nel mondo del lavoro.
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Io, molto modestamente, non mi intendo molto di problemi della scuola e dell'universtà. Leggo nella stampa odierna che la sig.ra Gelmini ha istituito un' "anagrafe nazionale nominativa dei docenti". Che cosa sarà mai?. Poi sostiene che ..."le università potranno richiamare in Italia tutti quei giovani e meno giovani che per le più diverse ragioni (non ultima credo,quella legata al fatto che le università di casa nostra non offrivano loro sbocchi e/o finanziamenti che costoro hanno trovato atrove) lavorino all'estereo". Ecco, qui, pur senza una competenza specifica, trovo una contraddizione in termini, e cioé: per quale ragione il dr. tal de' tali - laureato "summa cum laude" e magari "bacio accademico" che all'indomani di questo indiscusso successo si sia trovato a spasso, frustrato e deluso, perché ad esempio nessuno credeva in lui e nel sua fertilità intellettuale, oppure non trovava finanziatori per il suo lavoro - ha deciso di fare la valigia per essere accolto, come un essere umano, in un'altra università meno becera, fuori italia. Adesso sta bene, si è ambientato, lavora soddisfacentemente e con successo, - tutto ciò premesso, dovrebbe lasciare tutto e tornare da...figliuol prodigo... nelle sua università, sperando che, solo perché la Ministra l'ha detto, tutto si sia sistemato e gli permettano quello che non gli hanno permesso prima? D'incanto ci saranno risorse negate prima?. Solo perché lo dice lei, la "politica" accademica sia di colpo diventata virtuosa?. Mi ripeto, sarei veramente grato ad un "esperto" che mi illumini. Grazie.



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