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Festa patronale, anche il vescovo di Molfetta condivide l'appello alla sobrietà lanciato dalla Caritas
08 settembre 2013

MOLFETTA – Il direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi di Molfetta, Luigi Sparapano replica alla notizia sull’invito alla sobrietà per le luminarie della festa patronale pubblicato su “Quindici on line” giovedì 5 settembre:

 «Caro Direttore,
senza alcuno spirito polemico e non volendo tener conto del tenore poco edificante di molta parte dei commenti seguiti all’articolo “Molfetta, in arrivo la festa patronale, luminarie musicali: sfarzo e spreco di soldi. Inascoltati gli appelli alla sobrietà”, pubblicato su Quindici on line il 5 settembre scorso, tengo a chiarire la contraddizione di fondo che ha ispirato il gratuito e inutile attacco al vescovo don Gino Martella.

Si, perché dovrebbero sapere, l’articolista e i solerti commentatori, che la Caritas diocesana non è altro rispetto alla diocesi e al vescovo; è uno degli uffici pastorali, forse il più riconosciuto perché più presente sul territorio, e il vescovo ne è presidente. Quindi accusando il vescovo di silenzio, rispetto all’eventuale dispendio di risorse per la festa, e citando subito dopo l’appello del direttore Caritas don Francesco de Lucia, si compie un evidente, ma forse inconsapevole, errore di valutazione, unito ad una poca conoscenza dell’organizzazione diocesana, ingenerando però inopportuni giudizi e commenti su chi invece quotidianamente, e lontano da ogni forma di clamore, è coinvolto nel dare risposte concrete ai bisogni primari di tanta gente.

In questa prospettiva, l’appello fatto ad inizio estate dalla Caritas, tramite comunicato della diocesi, rilanciato e condiviso opportunamente da molte testate come anche da Quindici, è appello primariamente del vescovo, che presiede alla carità, tramite i suoi più stretti collaboratori, ed è appello rivolto tanto alla comunità ecclesiale quanto agli organismi preposti all’organizzazione delle feste, perché questi momenti di antico e profondo significato spirituale, sociale e culturale delle nostre città, siano riproposti nel giusto equilibrio.

Che l’appello sia stato recepito è provato dalle parole del Presidente del Comitato Feste Patronali di Molfetta che, avendo già programmato una festa più sobria, “costretti a fare i conti con la crisi economica, che si avverte sempre di più anche nella nostra amata Molfetta”, assicura così di aver accolto la provocazione della Caritas Diocesana, impegnandosi ad organizzare gli eventi con maggiore sobrietà ed essenzialità, riducendo le spese.

Su Luce e Vita di domenica 8 settembre, a pagina 3, la Caritas, quindi il vescovo e l’intera comunità ecclesiale, evidenziano ancora l’aumento delle povertà e le crescenti richieste di interventi ai Centri di Ascolto parrocchiali e cittadini, ed è attorno a questa emergenza che dovremmo coalizzare i nostri pensieri e le nostre risorse.

Con sentimenti di amicizia, colgo l’occasione per augurare a te e ai lettori una serena festa». 

Ringraziamo Luigi Sparapano per la lettera garbata e prendiamo atto con piacere che il vescovo condivide l’appello della Caritas di don Francesco, anche perché c’era chi aveva messo in giro voci di contrasti fra lo stesso Martella e don Francesco e la cosa, per la verità, ci sembrava un po’ strana.
Da parte nostra nessun intento polemico, l’osservazione in merito alla sobrietà, da parte del Comitato Feste patronali, si riferiva essenzialmente alle luminarie che, quest’anno, nessuno può negarlo, sono molto più sfarzose degli anni scorsi (vedi foto).

Ricambio i sentimenti di stima e amicizia per te e il vescovo don Gino.

Felice de Sanctis

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Frattanto erano tutti usciti all'aperto e si ritrovarono nella frescura della notte pensosa.... . Ma allora accadde la cosa più sorprendente di quella lunga giornata di sorprese: l'uomo più brutto prese ancora una volta, e per l'ultima, a gorgogliare e a soffiare, e quando finalmente arrivò a pronunciare parole, ecco, zampillò dalla sua bocca una domanda rotonda e netta, una domanda buona, profonda e chiara, la quale mise in tumulto il cuore di tutti coloro che l'udirono. “O amici miei, tutti, - disse il più brutto degli uomini, - che ve ne sembra? In grazia di questo giorno io mi sento per la prima volta felice d'aver vissuta tutta la mia vita. E aver attestato questo, non mi basta ancora. Vale la pena di vivere su questa terra: una giornata, una festa in compagnia di Zarathustra mi hanno insegnato ad amare la terra. “Fu questa la vita che ho vissuto?” dirò il giorno della morte. “Ebbene! Ricominciamo!” Ma la mezzanotte non era lontana. Non appena quegli uomini superiori ebbero udite le domande, si sentirono d'un tratto convinti del loro mutamento e della guarigione e capirono a chi la dovessero: allora si lanciarono verso Zarathustra, ringraziandolo , rendendogli onore, accarezzandolo, baciandogli le mani, secondo l'indole di ciascuno: sicchè chi rideva e chi piangeva. E il vecchio indovino intanto ballava di gioia: e se anche, come affermano molti narratori, fosse in quel momento pieno di dolce vino, era ancora di certo più pieno di dolce vita e aveva messo da parte tutta la stanchezza. Alcuni raccontano che anche l'asino si mise a ballare: e dunque non invano il più brutto degli uomini gli aveva dato da bere del vino. Ma, comunque siano andate le cose, anche se in verità quella sera l'asino non abbia ballato, si ebbero tuttavia altri prodigi ben più strani e maggiori. In breve, come dice il motto di Zarathustra: “che importa?”



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