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Allarme criminalità a Molfetta, il nuovo anno comincia con scippi e rapine
10 gennaio 2012

MOLFETTA – Allarme criminalità, il nuovo anno comincia con scippi e rapine in pieno centro e cresce la paura fra i cittadini che non si sentono più al sicuro. E’ accaduto ieri in via Cap. De Candia (parallela di via Baccarini), dove due donne sono state scippate. Una è stata trascinata per terra per difendere la borsa ed è stata medicata in ospedale. L’altra donna non ce l’ha fatta a trattenere la borsa, ma è rimasta illesa.
Poco dopo, probabilmente gli stessi malviventi, nella stessa zona, in via Cap. De Gennaro, hanno preso di mira il supermercato “Primoprezzo” (nella foto). Tre individui, armati e mascherati hanno fatto irruzione nel negozio e, fra il terrore dei clienti, si sono diretti alle casse e si sono fatti consegnare l’incasso della giornata, per poi fuggire indisturbati, facendo perdere le loro tracce.

I carabinieri brancolano nel buio. Ma l’allarme e la paura crescono. Il sindaco, impegnato a Roma ignora quello che accade. Ha annunciato un vertice sulla sicurezza, che non si è mai tenuto (si deve fare di domenica, quando il sen. Azzollini è libero dagli impegni parlamentari?).
Occorre un rinforzo per le forze dell’ordine e non ci si può limitare a dire che nei Comuni vicini il fenomeno criminalità è maggiore che da noi. Ricordiamo che le stesse affermazioni furono fatte quando cominciò il fenomeno della droga, che poi si è ingrandito, divenendo un supermarket dello spaccio a livello regionale.
“Quindici” continuerà a lanciare l’allarme nell’interesse dei cittadini, ma è ora che si intervenga decisamente e che vengano assunte le rispettive responsabilità, prima che il fenomeno possa dilagare e divenire incontrollabile.
I cittadini chiedono risposte concrete e immediate.
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Se la verità non è qualcosa di dato, essa può essere scelta. Chi tutti i santi giorni vede arrivare la rovina, deve chiedersi perché questo avvenga. E la verità in sé non può essergli di alcun aiuto. Egli deve giustificare la scelta di questa interpretazione a scapito di altre altrettanto plausibili. E' davvero utile organizzare la propria vita dando per scontato che la decadenza sia alle porte? Il fatalismo apocalittico può essere molto produttivo, per esempio, per superare il vecchio attivismo, il quale è ormai diventato scomodo, e, in presenza di una maggiore consapevolezza dell'assoluta assenza di prospettive di ogni agire, dovrebbe essere perdonato e al tempo stesso onorato come un peccato di gioventù. Tuttavia, la scelta del pessimismo non è segno di forza e di passione per la causa della libertà. Esso sembra più che altro la ricompensa di un'esistenza da pensionato intellettuale – a tutte le età. La disperazione non è certo un terreno comodo. Ma non è neppure così male, nonostante la sua pessima fama. Se i nostri sforzi sono con ogni probabilità disperati, essi sono anche liberi da ciò che le imprese con buone prospettive di successo rischiano di bloccare e di mettere in pericolo, condannandosi all'immobilità. La disperazione punzecchia la vanità. E' l'atteggiamento scrupoloso, che rende il pensiero piccolo e rispettoso, a poter essere “dissolto” da una disperazione ben dosata. Se è comunque tutto vano, perché non lasciarsi andare ai pensieri più inauditi? Che cosa potrebbe impedirlo? Forse la disperazione? No di certo, questo fantasma non fa più paura a nessuno. D'altra parte, nessuno andrà più in giro a sbandierare la propria baldanza, e questo semplicemente perché la disperazione non è lo stimolo più adatto a fare i missionari o a soggiogare la gente. Non c'è più nessun motivo di inculcare e di propinare qualcosa a qualcuno. Questo impulso lentamente si smorza. Come? Grazie alla disperazione. E' anche vero che chi ha provato la disperazione non può essere deluso. Qualunque cosa trovi sul proprio cammino, è comunque più di quanto avesse osato sperare. In questo caso la disperazione ha un effetto liberatorio, può perfino essere incoraggiante. Comunque sia, questa sorta di post-utopia attraversata e consacrata dall'assenza di ogni speranza è la sola che può sorvegliare la speranza nella fine della violenza che l'affascinante spirito delle utopie può suscitare. Chi non ha nulla da perdere e nulla da guadagnare, chi è consapevole che tutti i tentativi saranno probabilmente vani, costui può iniziare qualcosa. Questi sono i vagabondi delle possibilità: sognatori sveglissimi, essi sentono che nell'aria c'è odore di cambiamento. Friedrich Schorlemmer, formatosi nella resistenza contro il regime della Ddr, scrive: “La disperazione non ci fa paura: era il nostro pane quotidiano. Tutto quello che volevamo e che pretendevamo era assolutamente vano”. La fine della disperazione rappresenta forse la caduta di un Muro di Berlino lontanissimo? (U. Beck – I rischi della libertà)


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