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Vanagloria e realtà
15 ottobre 2020

Questa volta Molfetta è riuscita a centrare l’obiettivo di eleggere un consigliere regionale Saverio Tammacco (con 4.496 voti in città e 12.901 voti in Puglia), una vittoria sbandierata e festeggiata ma che, in realtà, è un risultato solo individuale che garantisce solo una qualche visibilità e un reddito significativo al candidato. Ma, considerato l’obiettivo di contare all’interno della Regione, per il quale molti politici locali si sono giocati la credibilità (una dote sempre più rara oggi), si tratta di una grande sconfitta anche per lo stesso neo eletto nella lista del centrodestra di Raffaele Fitto, il candidato governatore battuto sonoramente da Michele Emiliano. Essere consigliere di opposizione e soprattutto col tradimento operato all’ultimo momento nei confronti di Emiliano passando da sinistra a destra, non gioverà a Tammacco e nemmeno all’amministrazione comunale. Anzi c’è il rischio che possa cadere il sindaco Tommaso Minervini che ha appoggiato il candidato Tammacco. Quest’ultimo ha festeggiato un risultato che non c’è, in un park club che sembra essere diventato una… “dependance” del neo consigliere regionale. Come avvenuto per l’ex consigliere regionale di Forza Italia, Antonio Camporeale, (altra levatura politica, rispetto al neo eletto), scomparso qualche tempo fa, difficilmente Tammacco potrà incidere nell’assemblea di via Gentile a favore della città, limitandosi a votare contro i provvedimenti di Emiliano e della maggioranza di centrosinistra. Insomma, alzare la mano, per indicare la presenza, non è il massimo. Ecco perché i festeggiamenti di Tammacco sono solo polvere negli occhi degli elettori per nascondere una reale sconfitta. Il vero vincitore è il dr. Felice Spaccavento con 3.448 voti a Molfetta e 7.733 in Puglia, anche se per il meccanismo di una legge elettorale penalizzante, non è riuscito a entrare in consiglio, in quanto la sua lista “Puglia solidale verde”, per pochi voti, non ha superato la soglia di sbarramento del 4%. Vincitore perché era nuovo alla politica e i mille voti di scarto con il candidato “forte” appoggiato dall’amministrazione comunale e non solo, rappresentano la novità assoluta, soprattutto a sinistra, dopo la difficile stagione post amministrativa. Attorno a lui, infatti, potrebbe aggregarsi un’area rimasta orfana di Guglielmo Minervini prima e di Paola Natalicchio dopo. Ma proprio l’area di coloro che possono considerarsi gli eredi di Guglielmo è apparsa divisa con due candidati nella stessa lista (oltre a Spaccavento c’era anche Nico Bavaro di Giovinazzo che ha preso solo 383 voti a Molfetta). Chi continua a dividere quest’area e a dare patenti arbitrarie di buoni e cattivi, fa solo danni a tutta la sinistra. Se, infatti, mettiamo insieme i voti di Spaccavento con quelli di Annalisa Altomare (988), di Bavaro (383) arriviamo a 4.819 voti, più dei 4.496 di Tammacco. Se a questi, in un discorso sempre ipotetico, aggiungiamo i voti di Beppe Zanna dell’area di Rifondazione (417), del Movimento 5 Stelle (2.101) e del Pd (2.360) arriviamo a 9.697 voti che rappresentano la maggioranza a Molfetta, contro l’area schierata con Tammacco, che, in pratica, è minoranza nella città, soprattutto se aggiungiamo i voti dell’ex sen. Antonio Azzollini (2.668), che oggi si trova all’opposizione di questa coalizione di liste civiche al governo, si arriva a 12.365, solo a Molfetta, quasi lo stesso numero dei voti che il candidato dell’amministrazione ha avuto in Puglia. Ecco perché, parlare di sconfitta di Tammacco ci sembra abbastanza reale, salvo che quest’ultimo non faccia l’ennesima capriola trasformista, tornando con Emiliano, in cambio di qualche incarico o poltrona. Il personaggio ci ha abituato a queste giravolte e non ci meraviglieremmo se non sta già in sala di attesa davanti all’ufficio del governatore. Anche se in politica la regola è quella di “mai dire mai” ed Emiliano non è nuovo ad aggregare anche gli opposti e gli oppositori, non crediamo che questa volta il buon Michele rischi di giocarsi la faccia con gli elettori di centrosinistra, tanti dei quali lo hanno votato solo per arginare l’avanzata della Lega e della destra razzista, fascista e antimeridionale. Azzollini si è preso una rivincita personale e ha dimostrato che lui è ancora in campo e, in caso di caduta della giunta Minervini, potrebbe rappresentare il punto di riferimento di un’area oggi ciambottista, ma sostanzialmente di destra. Anche Annalisa Altomare ha ottenuto un buon successo personale (988 voti), che poteva essere più corposo se non ci fosse stata la frammentazione dei voti di centrosinistra. Va considerato positivo anche il risultato di Beppe Zanna (417 voti) rappresentante di un’area alternativa ai due schieramenti, che potrebbe crescere in futuro, soprattutto perché espressione di una forza politica, Rifondazione comunista, che a Molfetta ha eletto due consiglieri comunali di opposizione. Gli altri non fanno storia. Un capitolo a parte va scritto per il Pd che con il proprio atteggiamento ambiguo (a Bari con Emiliano e a Molfetta con Tammacco e quindi con Fitto), criticato perfino dai Giovani democratici, ha confermato di non rappresentare più un partito, ma di essere una lista civica fra le tante che si riconosce in due personaggi, i consiglieri comunali Nicola Piergiovanni (che è anche presidente del consiglio) e Gianni Facchini (che è anche consigliere dell’area metropolitana), che rappresentano solo se stessi e i propri elettori e non il Partito Democratico. Non si giustificherebbe il loro attaccamento alle poltrone e la partecipazione ad una maggioranza che si riconosce nel leader del centrodestra Raffaele Fitto. Che succederà ora? Una resa dei conti all’interno della maggioranza di destracentro “ciambotto”, che vedrebbe i primi pesci, quelli del Pd, saltare fuori dalla zuppa? Il loro atteggiamento ambiguo dopo il cambio di fronte della maggioranza, per non perdere le poltrone, non potrà continuare a lungo. Non hanno avuto il coraggio di dimettersi prima e sono stati a vedere come andava a finire, oggi non hanno più alibi e lo stesso Emiliano li chiamerà al redde rationem, a rendere conto della loro presenza ancora a fianco di Minervini e Tammacco. In vista delle possibili dimissioni dei consiglieri del Pd, tra l’altro chieste dai Giovani del partito, il sindaco Minervini si è assicurato il voto di Pino Amato, abituato ai cambi di casacca, soprattutto quando si tratta di stare al governo (ha abbandonato perfino Peppino Longo che lo aveva abbastanza gratificato politicamente). Amato ha anche tradito l’ex senatore Antonio Azzollini, per tuffarsi anch’egli nel ciambotto (sempre più irrancidito dalle ultime vicende politiche) e nelle braccia del sindaco ombra Saverio Tammacco. Ma la maggioranza resta comunque traballante dietro l’apparente serenità del sindaco che continua a parlare di “progetto civico” (ma che vor dì?), mentre l’opposizione si rafforza, anche per il ritorno in campo dello stesso Azzollini. Minervini ha giustificato il suo secondo ritorno ad un’alleanza con la destra con la necessità di avere un consigliere regionale. Ma a che serve se oggi sta all’opposizione e soprattutto se ha tradito il vincitore Emiliano che, difficilmente potrà essere così generoso come ha fatto quando Tammacco stava con lui, facendo arrivare a Molfetta 20 milioni di euro di finanziamenti regionali? Oggi Minervini si trova nella stessa posizione del suo predecessore, la sindaca Paola Natalicchio che, avendo Emiliano, contro, ha potuto beneficiare ben poco dei finanziamenti regionali. Ma c’è anche un discorso politico da fare: Minervini avrebbe dovuto dimettersi col voltafaccia di Tammacco, lui che si è sempre dichiarato di sinistra (chissà che direbbe Gaetano Salvemini!). A maggior ragione dovrebbe farlo oggi che è stato sconfitto insieme a Raffaele Fitto. E non serve a nulla la giustificazione del “progetto civico” delle “liste civiche” che non sono rappresentative dei territori, come si vuol far credere, ma solo dei personaggi politici che raccolgono voti con promesse elettorali. In realtà a Molfetta c’è al governo un populismo mascherato, la cui maschera è destinata a cadere presto e a lasciare la città con un pugno di mosche di cantieri perenni e di pesanti debiti che dovranno pagare i nostri figli. L’illusione della vittoria è solo vanagloria. © Riproduzione riservata

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