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Un flop annunciato
15 luglio 2019

L’inchiesta condotta su questo numero di “Quindici” sul reddito di cittadinanza a Molfetta affonda lo sguardo dentro le contraddizioni di un dispositivo che, al sud, ha avuto una risonanza straordinaria. Volendo formulare alcune considerazioni di carattere generale, è evidente, innanzitutto, che si tratta di un dispositivo che non si pone, in linea di principio, contro la centralità del lavoro, al contrario di quanto sostengono il PD e gli altri partiti di opposizione. Il reddito di cittadinanza non vuole sostituirsi al lavoro come fattore di realizzazione della persona: al contrario, essendo condizionato allo svolgimento, da parte del beneficiario, di percorsi di formazione e di inserimento lavorativo, esso è uno strumento finalizzato alla ricerca del lavoro. Tale carattere è irrobustito dal fatto che il beneficiario può rifiutare solo 2 proposte di lavoro congrue, pena la perdita del diritto al reddito. Il tutto connesso con una autonomia estremamente limitata, vista la possibilità di impiegare la somma erogata solo attraverso una carta. Tutto questo, tuttavia, è un quadro al momento esclusivamente teorico: allo stato attuale i percorsi di formazione e di inserimento lavorativo non sono stati ancora avviati, e nessuna indicazione è stata data in proposito ai beneficiari. Insomma, le criticità del dispositivo sembrano proprio risiedere in questo contraddittorio tenere insieme reddito e inclusione lavorativa, senza però un effettivo piano per la creazione del lavoro. Il reddito non è una bacchetta magica, che ti crea il posto di lavoro dal nulla, e qualsiasi progetto di piena occupazione deve oggi fare i conti con un mercato completamente cambiato, in cui gli attori economici trans-nazionali agiscono al di là del controllo degli Stati nazione. È questo, forse, lo scenario con cui è necessario confrontarsi, ma la retorica degli ultimi mesi, tesa alla costruzione di un nemico attorno a cui compattare il “proprio” popolo per costruire il consenso, guarda a ben altro. Il reddito di cittadinanza rischia di inserirsi in questa tendenza alla costruzione del consenso, al di là di una capacità di prendere in considerazione i problemi in tutta la loro portata. Eppure, è da sottolineare il fatto che, al di là delle criticità e delle contraddizioni, per la prima volta in Italia si prende sul serio la questione del reddito minimo, presente invece nel resto d’Europa – in forme oggi certamente molto più avanzate – da oltre 20 anni. La speranza è che a partire da questo spartiacque possa prendere forma anche a sinistra una discussione seria sul contrasto alla povertà, che non significa eliminare i poveri e dare la caccia a migranti e disperati di ogni sorta, ma porre le basi per cui tutti possano condurre una vita dignitosa e costruire un futuro in autonomia e libertà. © Riproduzione riservata

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