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Un confratello racconta: quella suggestiva processione notturna del Sabato Santo a Molfetta
18 aprile 2014

MOLFETTA - Sul tema della Settimana Santa Molfettese, un lettore scrive a “Quindici” una lettera appassionata e ricca di ricordi emozionanti del Sabato Santo 2006, anno in cui la processione penitenziale della “Pietà” si svolse straordinariamente nelle ore antimeridiane. Il lettore, inoltre, si interroga sugli inspiegabili motivi per cui un evento così importante per la fede e la cultura religiosa della nostra città non sia ancora pienamente valorizzato e su chi lo impedisce.


Ecco la sua lettera:

«Erano circa le 6.00 di un frizzante primo mattino di aprile. Un Sabato Santo di qualche anno fa.

La processione penitenziale della Pietà attraversava inusuale via Amente, nel centro storico di Molfetta.  Le prime luci dell’alba risvegliavano i volti delle Statue mestamente assopite nella notte.
Gli odori ormai familiari delle candele accese e del camice di lino inebriavano più forte del solito il mio olfatto. Il calpestio dei confratelli era quasi indistinto e non disturbava le note lontane della banda, che potevano ascoltarsi nitidamente come mai prima di allora.
Ad un tratto il silenzio. Un silenzio surreale, antico, lontano decenni nel tempo, era tornato timidamente ad elemosinare preghiere ai confratelli, appena desti ma già stanchi per un Venerdì Santo trascorso e ormai chiuso nei cuori di ognuno.
Questa stanchezza che sentivo anch’io, però, era diversa da quella che provavo abitualmente. Una stanchezza leggera, dolce, che non indeboliva gli arti e non zittiva la bocca, ma al contrario la stimolava alla preghiera, rinvigoriva lo spirito e riempiva l’anima di una tenera tristezza che faceva gli occhi lucidi.
Dopo quell’inaspettato silenzio, mai avrei immaginato di ascoltare limpido il canto del Vexilla percorrere l’aria priva di quel rumore di fondo, caratteristico del sabato sera da passeggio molfettese, che mi ha sempre infastidito.
Mai avrei pensato di sentire l’Ave Maria, recitata in coro, salire al cielo finalmente all’unisono, non più interrotta dalle risatine insolenti di quei passanti irrispettosi o dal chiacchiericcio dei confratelli “dell’ultima ora”, che sogliono presentarsi in processione vestiti dell’abito confraternale quando ormai la processione volge al termine, nella confusione generale.
Mai avrei creduto di meditare nel silenzio su ogni singola parola del Padre Nostro, vero inno alla pace tra gli uomini, senza essere disturbato da futili discussioni altrui che mi avrebbero impedito di vivere con serenità d’animo quei momenti così attesi.
Tutto aveva un sapore diverso, ma più buono.
Persino il simulacro della Pietà sembrava veleggiare su un mare di confratelli più calmo, di una serenità incommensurabile che, da quel giorno, la nostra Confraternita anela ancora.
Questi sono i ricordi indelebili che porterò per sempre nel cuore dopo quella meravigliosa esperienza, che non avevo mai vissuto e che è stata in grado di riportare in vita così tanti sentimenti e valori ormai persi nel tempo. Sentimenti piacevolmente condivisi anche con tanta gente, confratelli e non.
E allora, cosa ci impedisce di rivivere ancora quei momenti? Quali interessi ostacolano il ritorno alle origini? Quale movente stronca sul nascere il bisogno di una pace interiore che oggi non c’è più? Purtroppo, non so dare una risposta a queste domande, ma posso rendere pubblico il desiderio di semplici confratelli come me con una umile preghiera a chi ha il potere di cambiare le cose: che la notte del Sabato Santo torni a rivivere ancora e ad essere, dopo più di mezzo secolo, ciò che da sempre è, la notte della riflessione, la notte della speranza, la Notte delle Statue».

© Riproduzione riservata

Autore: Un confratello
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