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SPECIALE ELEZIONI POLITICHE – L’avv. Michele Laforgia (LEU Capolista Camera): recuperare le periferie abbandonate
Michele Laforgia, Brigida Mulinelli, Nicola Schingaro
02 marzo 2018

MOLFETTA - Le periferie abbandonate, sempre più “contorno” rispetto ai centri delle città, sono il palcoscenico sul quale si consumano conflitti e ingiustizie sociali. Su questo tema si sono confrontati nella sala Turtur di Molfetta, il giurista avv. Michele Laforgia e Nicola Schingaro, il sociologo cresciuto in un quartiere barese ad alto tasso di criminalità e autore del libro “Perché non sono un delinquente”. Moderatrice Brigida Mulinelli.

Ripartire dagli ultimi, dai poveri e dai loro bisogni è il centro del programma politico di LIBERI E UGUALI, che intende promuovere iniziative e proposte di legge a favore delle periferie.

«Più sicurezza non significa solo aumentare il numero delle caserme dei carabinieri - ha detto l’avvocato e candidato capolista di LEU alla Camera, Michele Laforgia -. Manca una politica sociale a favore di periferie sempre più estese. Non ci sono servizi primari, i bambini faticano ad andare a scuola, la rete della protezione sociale è retta dal volontariato. Queste condizioni sono il terreno di coltura delle mafie. Non c’è lotta alla criminalità che non passi dal risanamento sociale. La mafia e l’illegalità prosperano dove i cittadini sono soli. Non è una tema riservato alle forze dell’ordine. È un principio noto alla politica: nei quartieri bisogna “andare” e “mettersi in mezzo”».

«Le periferie sono ovunque – ha ricordato Nicola Schingaro – la marginalità è ovunque. La globalizzazione ha indebolito la capacità di garantire sicurezza sociale. Oggi siamo di fronte alla disoccupazione di massa e alla precarietà diffusa nel lavoro. Con la crisi dei sindacati e dei partiti, cresce l’insicurezza sociale che fa più paura della criminalità. Non si può più restare dietro i vetri di una finestra, con un senso di impotenza; occorre coraggio per rappresentare gli ultimi».

Ed è quello che fa Michele Laforgia che prende come riferimento una campagna elettorale dove tutti hanno paura a parlare di emigrazione, perché fa perdere voti. E la paura degli immigrati e di una loro invasione, diffusa dalla destra, sta coinvolgendo anche la nostra gente, da sempre ospitale.

Laforgia ha raccontato di una sua visita ad Acquaviva per una iniziativa del Comune e dell’Unicef e di come sia rimasto stupito nell’incontrare ragazzi extracomunitari nati e cresciuti in Italia, che non si distinguono da quelli italiani (parlano perfino il dialetto pugliese) se non per il nome e il colore della pelle. Perché a questi ragazzi, che sono e si sentono italiani, si deve negare il diritto alla cittadinanza?

E in questo la sinistra è assente, non più presente fra la gente per avere il polso della situazione, di quello che accade nel territorio e tace sugli immigrati per paura di perdere voti. Non aver approvato lo ius soli è un crimine contro l’umanità. Al punto di sentire Renzi dire di aiutarli a casa loro e Minniti a impedire alle Ong di raccogliere profughi.

«Ecco perché mi sono candidato: non ne potevo più! E’ necessario riaprire la battaglia politica nel Paese, combattere, concepire la politica come combattimento delle idee – ha aggiunto Michele Laforgia -. Ci sono migliaia di persone bisognose: occorre occuparsi di loro, invece ci è stata tolta la dimensione sociale, sono aumentate le disuguaglianze, i ceti medi si sono impoveriti e sono aumentati i poveri. In Italia ci sono 95mila famiglie che non si curano più per mancanza di soldi e questo è frutto delle politiche di deregulation di questi anni, riducendo fortemente il welfare.

Stesso discorso sul mercato del lavoro, allentando i vincoli, derogando ai contratti nazionali, si è arrivati all’attuale stato di precarietà. E così i forti sono diventati più forti e i deboli più deboli. Si parla da anni di tagli della spesa che non vengono fatti, si preferisce dare i bonus da 80 euro, somme che poi sono recuperate sulla nostra pelle, tagliando nella sanità, nella scuola e nel Sud. Così crescono le periferie, ormai arrivate nei centri storici, una marginalità che riguarda soprattutto il Mezzogiorno.

Non si può dare sicurezza costruendo più carceri e più caserme: occorre mettere cinema, teatri, servizi, elevare i livelli di scolarità per ridurre i livelli di detenzione. Va redistribuita la ricchezza e il carico fiscale recuperando i ceti medi e colpendo i patrimoni frutto della speculazione finanziaria. E il Sud paga il prezzo più alto, avendo una rappresentanza politica che fa ridere.

Oggi assistiamo ai disastri avviati da Berlusconi e continuati da Renzi. Non è solo l’art. 18 il problema, ma la regola del lavoro a tempo determinato. E anche quando c’è il lavoro a tempo indeterminato, è stato concesso al datore di lavoro di licenziare, magari monetizzando, ma senza più l’obbligo di riassumere i lavoratori.

Tutta la rete dei rapporti è ormai precaria, ecco perché occorre restituire stabilità al mercato del lavoro. Non esiste più quel percorso di riscatto sociale che permetteva alla famiglia operaia di mandare il figlio a scuola e quindi la cultura diventava una leva sociale. Diminuisce il numero dei laureati e molti emigrano all’estero con un doppio danno per l’Italia che spende soldi per formare questi giovani (120mila euro) che vanno all’estero. Uno spreco di denaro pubblico, senza alcun vantaggio, mentre secondo l’Ocse un laureato restituisce 6 volte ciò che è costato. Ma noi lo regaliamo agli altri. E poi sentiamo dire che l’Italia è ripartita. Mentre il Sud è sempre fermo: da 20 anni non si fa un politica per il Mezzogiorno.

La nuova legge elettorale prescinde dalle persone: si vota un simbolo. Dobbiamo trasformare la matita elettorale in un’arma vera che col proprio segno sulla scheda, può decidere il futuro del Paese

Noi di Liberi e Uguali un’idea di Paese ce l’abbiamo, gli altri no».

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