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Sentenza chock nel processo Truck Center bis: assoluzione dell'Eni e dei suoi alti dirigenti per insufficienza di prove Sconfessata la linea accusatoria della Procura di Trani, che nel 2008 non ha ritenuto opportuno verificare anche le posizioni dell'Eni e dei suoi alti dirigenti da subito e motu proprio: questo il probabile handicap insuperabile che potrebbe aver favorito l'assoluzione
05 dicembre 2011

TRANI - Sentenza di assoluzione dei 7 alti dirigenti Eni (Giorgio Maria Artibani, Antonio Cifarelli, Bernardo Casa, Gaetano De Santis, Fiorella Iobbi, Ansolini Marco Pinzuti, Alessandro Rosatelli) e della società Eni S.p.A. per insufficienza di prove nel processo Truck Center “bis. Processo nato dalla restituzione degli atti al termine del primo procedimento per la strage in cui il 3 marzo 2008 persero la vita Guglielmo Mangano, di 44 anni e, nel tentativo di salvarlo, i colleghi Michele Tasca, di 19 anni, Luigi Farinola, di 37 anni, l’autotrasportatore Biagio Sciancalepore (dipendente di una società di trasporti che lì custodiva i mezzi), di 24 anni, e Vincenzo Altomare, di 64 anni, amministratore della stessa Truck Center. Unico superstite, ferito, Cosimo Ventrella.
Le prime avvisaglie si erano già avute nell’udienza del 29 novembre quando gli avvocati dell’Eni avevano contestato punto per punto tutta la requisitoria del PM dott. Giuseppe Maralfa (quella dell’8 novembre scorso), con cui era stata ricostruita minuziosamente tutta la vicenda, oltre a individuare le presunte pesanti responsabilità in capo all’Eni e ai suoi alti dirigenti. Da quella ricostruzione emergevano circostanze da cui si evinceva - secondo quanto affermato in quell’udienza dal PM - la responsabilità diretta di Eni S.p.A., condotte “colpose” consistite nelle omesse comunicazioni e informazioni, che determinarono quel tragico concorso di cause e la successiva della dolorosa vicenda.
Di contrario avviso è stato invece il GUP del Tribunale di Trani, Maria Grazia Caserta, che ha accolto tutti i motivi dedotti nelle arringhe difensive nella sentenza che conclude il processo con rito abbreviato, in cui si sono costituiti parte civile due familiari delle vittime, il Comune di Molfetta e la Regione Puglia nei confronti dell’Eni e dei suoi alti dirigenti.
Le altre parti citate in giudizio, che non si sono avvalse del rito abbreviato e per le quali il giudizio continuerà con prossima udienza preliminare fissata per il 13 gennaio, sono la Nuova Solmine S.p.A., i suoi 5 dipendenti e un consulente, Meleam Puglia e il suo rappresentante legale, i responsabili di Fs Logistica e La 5 Bio Trans, questi ultimi due già condannati in primo grado nel "processo madre". Nell’udienza preliminare si deciderà se dovranno essere rinviati a giudizio.
Nel precedente processo, il 26 ottobre 2009 furono inflitti 4 anni di reclusione ad Alessandro Buonopane. La Procura della Repubblica di Trani aveva aperto le indagini a chiusura del primo giudizio, in ossequio alla restituzione degli atti del Giudice del primo processo, che tra l’altro aveva invitato la Procura a volersi occupare della verifica di ulteriori responsabilità, cosa che in prima battuta, non era stata fatta. E non è escluso che questo possa essere stato uno dei motivi che ha dato spunto alle difese di sovvertire in pieno tutto l’impianto accusatorio.
Pesanti furono le condanne chieste dal PM, estrinsecate nella richiesta di anni 5 di reclusione per ciascuno degli imputati (ridotti in forza del rito abbreviato, ad anni 3 e mesi 4, nonché alla condanna di sanzioni amministrative per poco meno di un milione di euro a carico dell’Eni).
Ma nell’udienza del 29 novembre, gli avvocati dell’ENI sono riusciti a “fare breccia” e a sollevare una serie di eccezioni sui criteri d’individuazione dei singoli soggetti imputati e sull’utilizzazione degli atti del processo principale, contestando nel merito ogni addebito mosso alle rispettive parti assistite, oltre a chiamare in causa direttamente le presunte responsabilità di Nuova Solmine, Cargo Chemical e Truck Center con preciso riferimento al percorso della ferrocisterna dal petrolchimico di Taranto al lavaggio della cisterna.
I legali dell’ENI hanno sostenuto in aula, ribaltando tutta la ricostruzione fatta dal PM nella sua lunga requisitoria, che fu la stessa ad adottare tutte le procedure per la sicurezza del carico, essendo la cisterna chiusa e dotata di “passo d’uomo”, il pozzetto per l’accesso.
Il Giudice Maria Grazia Caserta, dopo le repliche e controrepliche rispettivamente del PM e degli avvocati difensori dell’Eni, dando lettura in aula del dispositivo della sentenza di assoluzione piena per insufficienza di prove (le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni, per la parte del processo riguardante l’Eni e suoi alti dirigenti), ha messo un ulteriore punto fermo sulla vicenda. Il fatto che la Procura non abbia ritenuto opportuno verificare anche le posizioni dell’Eni e dei suoi alti dirigenti sin dal 2008, da subito e motu proprio, è probabile che si sia rivelato un handicap insuperabile che forse ha inciso in maniera favorevole all’assoluzione. Ne sapremo di più quando avremo modo di leggere le motivazioni.
 
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Autore: Nicola Squeo
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