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Ricordando l’eccidio del 28 luglio 1943 con l’Aneb di Molfetta
Leuzzi, Minervini, Laudadio,Poli
09 agosto 2018

MOLFETTA - «Sono solito celebrare la ricorrenza del 28 luglio con i carcerati, desiderosi di capire cosa sia successo nel 1943 e di capire a chi appartenga la storia.»

È questo l’incipit con cui il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, si è rivolto alla cittadinanza a Palazzo Giovene altrettanto desiderosa di ricordare un episodio poco noto alla storia, ma pregnante di significato per la cronaca locale. 

Sembra lontana anni luce la strage avvenuta a Bari, in via Niccoló dell’Arca, nel ‘43, eppure esperti come quelli presenti nell’Aula Consiliare “Gianni Carnicella”, hanno dimostrato come l’eccidio che ha visto morti grandi intellettuali tra cui Graziano Fiore, figlio di Tommaso Fiore e docente presso il Liceo Classico di Molfetta, possa ancora insegnare a non arrendersi di fronte all’ignoranza, combattendo quest’ ultima con l’arma del sapere, la più potente che ci sia. La stessa che spinge un’associazione come l’Aneb di Molfetta a prendere a cuore una giornata che non va dimenticata, sostenendo il momento di riflessione aperto ai molfettesi.

«Oltre ad essere destato dal legame con il Liceo Classico che ho frequentato, coltivo la speranza di poter trasmettere, attraverso iniziative come questa, il valore della scuola come agenzia culturale» spiega Michele Laudadio, presidente dell’Aneb.

A confermare il ruolo della scuola come agenzia culturale a difesa della libertà, dopo aver citato altri illustri intellettuali che hanno perso la vita per sostenere la campagna antifascista, è toccato al prof. Giuseppe Poli, docente di Storia Moderna presso l’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, collegare la vicenda con l’attualità politica. 

«La circolare dai toni molto forti emanata da un generale dell’epoca, la quale proclamava che qualsiasi movimento dovesse essere stroncato in origine, mi riecheggia qualche presa di posizione di alcuni dei nostri politici» è iniziato così il suo sermone, che ha poi focalizzato l’attenzione sul clima che regna in Italia, e più in generale in Europa, e che porta a parlare di morte della democrazia e di impostazioni ideologiche che si ritenevano superate quali il sovranismo e il populismo. Il primo, in netto contrasto con la globalizzazione promossa a livello europeo e incarnato in un certo senso da Matteo Salvini, secondo il docente rappresenta un forte danno sia a livello nazionale sia a livello più ampio, perché non promette sviluppo e crescita in senso sociale ed economico; il secondo, rappresentato invece da Luigi Di Maio, si oppone completamente al precedente, aizzando le difficoltà a livello nazionale.

Ed è così, stando all’interpretazione del docente, che episodi come quelli accaduti nel 1943 possano aver spianato il terreno ai politici odierni, che hanno in pugno l’Italia sospesa tra lo spauracchio dell’immigrazione e le difficoltà economiche degli abitanti stessi. Con la mancanza, ed è forse questo l’aspetto più allarmante, degli strumenti necessari, non tanto finanziari quanti culturali, per capire da che parte stare, come agire, quali ideali sostenere. 

«Basti pensare ai prigionieri politici che venivano arrestati e contro cui venivano prese serie misure di violenza, come la sparatoria a persone inermi durata ben cinque minuti, inammissibili persino per il codice che regola l’etica militare. Venivano repressi coloro che avevano voglia di conoscere e di sperimentare, soprattutto gli insegnanti, perché responsabili della divulgazione ai giovani di strade alternative a quelle imposte» ha aggiunto Vito Antonio Leuzzi, Docente IPSIAC.

La strage accaduta il 28 luglio del 1943 a Bari è solo l’epilogo di una politica dittatoriale e razziale, dalla quale Molfetta, a cui il prof. Leuzzi ha portato i cordiali saluti dei parenti di Fiore rimasti in vita, ha cercato di distinguersi prima e dopo l’accaduto. E cerca di distinguersi anche adesso, nel 2018, ancora guardando al passato con una certa consapevolezza.

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