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QUINDICI ESCLUSIVA. Molfetta, sequestro depuratore, Altomare e Balducci indagati: al vaglio la posizione di Azzollini Uno sperpero poco inferiore ai 9milioni di euro: denaro sottratto ai cittadini. Presunte violazioni per lo stoccaggio dei reflui: fanghi male o non trattati sversati in mare o, a quanto pare, lasciati ad “aziende di compostaggio” locali. Danni ambientali incalcolabili
25 maggio 2012

MOLFETTA - Sarebbe al vaglio delle autorità inquirenti la posizione del sindaco di Molfetta, senatore Pdl Antonio Azzollini (foto), presidente della V Commissione del Senato, dopo il sequestro probatorio del depuratore di Molfetta (anche le strutture di Trani, Barletta e Andria). L’ing. Rocco Altomare, come responsabile del procedimento, ex dirigente del settore Territorio di Molfetta, già arrestato lo scorso 23 giugno 2011 per l’operazione “Mani sulla città” (e poi scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare), e l’ing. Enzo Balducci, come direttore dei lavori, oggi dirigente del Settore Lavori Pubblici e ad interim del Settore Territorio, sono, invece, tra le 21 persone cui sono state notificati gli avvisi di garanzia (guarda il video).
A questi si aggiungono l’ing. Fulvio Attanasio, legale rappresentante dal luglio 2010 della Eurodepuratori in liquidazione (l’impresa consorziata nell’ATI che gestisce l’impianto), l’ing. Gennaro Pisano, presidente del cda della società fino al luglio 2010, il prof. Giuseppe Gioia, presidente della commissione di collaudo dei lavori, i prof.ri Giovanni Silvestri e Vitantonio Amoruso, componenti della stessa commissione, la dott.ssa Maria Antonia Iannarelli, dirigente del Servizio di Tutela della Acque della Regione Puglia, e il legale rappresentante (da identificare) dell’Autorità Idrica della Puglia. In tutto nove indagati per Molfetta.
Questo trapela da alcune indiscrezioni, ma già Quindici sul numero di aprile 2012 aveva denunciato alcune anomalie non solo sui lavori eseguiti, ma soprattutto sull’ingente quantità di risorse pubbliche investite (e sprecate) nei lavori di potenziamento. E il blitz della Guardia di Finanza di Barletta e della capitaneria di Porto di Bari, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Trani (in particolare, del procuratore del procuratore capo, dott. Carlo Maria Capristo, e del sostituto procuratore della Repubblica, dott. Antonio Savasta), lo ha comprovato.
Questo trapela da alcune indiscrezioni, ma già Quindici sul numero di aprile 2012 aveva denunciato alcune anomalie non solo sui lavori eseguiti, ma soprattutto sull’ingente quantità di risorse pubbliche investite (e sprecate) nei lavori di potenziamento. E il blitz della Guardia di Finanza di Barletta e della capitaneria di Porto di Bari, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Trani, lo ha comprovato.
Infatti, l’impianto doveva essere potenziato con dei finanziamenti regionali nel 2005: circa 3,4milioni di euro ottenuti dal Comune di Molfetta e girati all’ATI (consorzio d’imprese che si occupava della gestione dei lavori alla struttura). I lavori si sono protratti fino al 2007 con una serie di proroghe all’ATI: una successiva ispezione della Regione e dell’Acquedotto Pugliese ha, però, confermato che quei lavori non solo non erano stati eseguiti nel modo corretto, ma quanto realizzato non era stato nemmeno collaudato. Per questo motivo, il presidente dell’emergenza rifiuti (Nichi Vendola) era stato invitato a emettere un decreto di rescissione del contratto per gli inadempimenti dell’ATI, che a sua volta aveva fatto causa al Comune di Molfetta (questione civilistica).
Qui entra in gioco il sindaco di Molfetta, Azzollini, che firma una transazione da ben 750mila euro con l’ATI (il consorzio d’imprese recepiva già 84mila euro a semestre sin dal 2005). Uno spreco inammissibile di soldi pubblici, soprattutto se al risarcimento non era seguita una naturale e necessaria verifica sullo svolgimento dei lavori e su quelli già effettuati. Si sono susseguite una serie di proroghe per l’ATI da parte del Comune di Molfetta, senza effettuare delle legittime verifiche comunali e senza che quei lavori fossero realmente realizzati.
Non solo, il Comune aveva stranamente mutato il contratto con l’impresa Eurodepuratori s.p.a. (ATI), prevedendo pagamenti dei lavori a misura e non a corpo, come previsto dall’appalto. Materia che a quanto pare sarebbe già sulla scrivania della Corte dei Conti. Proprio come Quindici aveva sospettato nell’articolo sul depuratore dello scorso aprile 2012. Tra l’altro, l’ing. Balducci proprio a maggio, dopo l’acquisizione di una serie di atti da parte della GdF, avrebbe inviato una lettera all’ATI per la verifica formale dei lavori svolti e per rifissare il pagamento a corpo, così come fissato dal contratto (un passo indietro ormai tardivo).
Per questi motivi (e chissà per quali altri, qualora ce ne fossero) si starebbe verificando con estrema attenzione la posizione del senatore Pdl Azzollini nella vicenda. Resterebbero, però, manifeste le gravi responsabilità del Comune di Molfetta e dei suoi organi istituzionali.
Insomma, il depuratore di Molfetta è stato negli ultimi 7 anni una “macchina succhia soldi pubblici”, come Quindici aveva denunciato ad aprile 2012 con una attenta cronistoria sui finanziamenti pubblici bruciati e sui lavori di potenziamento mai o male realizzati. Basti pensare che il Comune ha versato nelle casse dell’ATI ben 330mila euro, che si aggiungono alla transazione da 750mila euro e ai finanziamenti pubblici. Uno sperpero poco inferiore ai 9milioni di euro. Denaro sottratto ai portafogli dei cittadini in tempi di vacche magre.
Nel caso fossero accertati i reati contestati dalla Procura di Trani, l’ATI dovrebbe restituire al Comune di Molfetta e, dunque, ai cittadini un’ingente quantità di denaro. Proprio per questo motivo la Procura ha disposto il sequestro probatorio dell’impianto.
Sarebbero state accertate anche delle violazioni per lo stoccaggio dei reflui, in particolare di fanghi. All’impianto pare fosse eseguito senza autorizzazione, in maniera incontrollata, o comunque non impedito, il deposito temporaneo di fanghi (rifiuti speciali), per abbattere i costi di gestione e ottenere profitti presunti illeciti. Gli stessi non solo non erano trattati in modo corretto, ma erano avviati al compostaggio e non all’agricoltura, perché il ciclo di depurazione era incompleto. Quei fanghi erano sversati o in mare o, a quanto pare, lasciati ad “aziende di compostaggio” locali. Di che tipo di aziende si tratta? Sarà forse qualche municipalizzata? E quei fanghi dove erano rilasciati? Anche su questo fronte si starebbe realizzando ulteriori accertamenti.
Incalcolabile il danno all’ambiente, soprattutto all’ecosistema marino di gran parte del litorale di Molfetta (e non solo). Molti i bagnanti che negli ultimi anni si sono immersi (e hanno bevuto) acqua carica di agenti inquinanti (per non parlare di reflui non depurati), fosfati e azoto, questi ultimi la causa principale del proliferare della mucillaggine e dell’alga tossica.
Oggi il depuratore sequestrato è in funzione, ma come un malato terminale: se i reati dovessero essere confermati, potrebbe anche essere dichiarato fuori legge. In sospeso anche la realizzazione della condotta sottomarina a Torre Calderina per scaricare i reflui a 2km dalla costa. Perché l’AQP, la Regione Puglia e le varie associazioni ambientaliste si sono chiuse nel silenzio negli ultimi anni?
 
© Riproduzione riservata
Autore: Marcello la Forgia
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MERDA A MARE IN PUGLIA - Abbiamo capito perché il "mare nostrum", negli ultimi anni, faceva letteralmente cagare: ci riversavano merda! Fosse solo questo, il problema, sarebbe già troppo e, invece, non potevano mancare, unitamente al disastro ambientale, i soliti "magna magna", voraci caimani dei soldi pubblici! Risorse dilapidate al massimo, mare ridotto ad una melma schifosa! Lucrare sulla rovina dell'ambiente, è il peggiore dei delitti! PECCATO CHE CERTI "SINISTRONZI" LOCALI, DIFENDONO ANCORA A SPADA TRATTA CERTI "PROFESSIONISTI DELL'AMBIENTE", un po' più difficili da stanare, perché "studiano", si certo, ma come meglio fottere il mondo! "Pionieri" sì, certo, ma sempre dei cazzi loro! "Sono bravi", non si discute, ma "a com megghie ond frcà", falsificando i bilanci, le perizie, colorando i marciapiedi, sparando minchiate e puttanate, nelle conferenze... insomma esperti di come prendere per il culo la gente... Ma si sta avvicinando l'ora... anche per "tirare le orecchie" a dovere a qualcuno della "sinistra professionale soft & glamour" (salottiera pure) che difendono certi personaggi dell' "ambientalismo professionale locale" (e chissà com'è...). Non parliamo poi di quelli, che parlano sempre delle bombe di 50 anni fa, buttate a mare dagli alleati, alla fine del secondo conflitto mondiale problema importantissimo, per carità, ma parlano solo di quello 8a parte (le seg mental che se fann sulle censure), prima perchè i responsabili sono già tutti morti (e quindi non si rischia 'na pippa!) e secondo, perché stanno pappa e ciccia con questi personaggi, i falsi ambientalisti locali, e non possono scrivere nulla sulle schifezze degli amici "ambientalisti adulterati" (dal denaro)... A tacere, ma non proprio, per la verità - lo sforzo del silenzio assoluto è divenuto insostenibile - su quelli che prendono i contributi, gli "Ambientalisti nostrani della minchia", proprio da quelli che dovrebbero controllare, per scopo statutario, e accusare pubblicamente per le schifezze che combinano ogni giorno!


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