Questa sera il consiglio comunale di Molfetta discuterà la sfiducia al sindaco. La posizione di Paola Natalicchio
Le ragioni della mancata adesione alla raccolta di firme per far cadere Minervini che molti elettori di sinistra non hanno gradito
Paola Natalicchio
MOLFETTA – In questi giorni, in vista del consiglio comunale di oggi a Molfetta (ore 16.30) che dovrà discutere della mozione di sfiducia al sindaco Tommaso Minervini e indirettamente all’operato dell’amministrazione che ha retto la città in questi ultimi anni, si è aperto un dibattito anche a sinistra sull’opportunità o meno di partecipare alla raccolta di firme al notaio per la decadenza oppure nella possibilità di verificare la fiducia in aula con un dibattito politico.
La base (intesa, in senso lato, come elettori o simpatizzanti e non come iscritti) di alcuni partiti e Movimenti non ha condiviso la scelta di optare per il dibattito in aula: avrebbero preferito far cadere subito Minervini e poi denunciare il fallimento della sua amministrazione.
L’ex sindaco Paola Natalicchio di Sinistra italiana non è d’accordo con il ricorso al notaio, preferendo fare un processo politico pubblico in aula, davanti alla città.
Ecco la sua lettera aperta agli amici della Molfetta progressista, in risposta alle critiche arrivate anche su “Quindici”:
«Sul notaio, sulla "base", sui peccati e sulle colpe
Devo dirlo: è sabato, dopo moltissimi giorni ha smesso di piovere e avrei voglia di fare una passeggiata nel quartiere con mio figlio. E non di scrivere questo post. Ma Molfetta chiama. E a poche ore dal consiglio comunale del 29 novembre, devo dirvi la mia. Con semplicità. Lo voglio fare anche con toni umani, educati e gentili. Perché penso, lasciatemelo dire, che anche questo sia "di sinistra". Avere rispetto gli uni degli altri, sapersi ascoltare, saper praticare il confronto tra le posizioni senza una postura demolitiva. Soprattutto quando si abita la stessa area politica e quando si ha un obiettivo comune: riportarla al governo della città e fare cose buone per la collettività dopo anni di trasformismo, affarismo e mala politica.
I fatti dicono che molti amici dell'area progressista molfettese avrebbero preferito che facessimo cadere il sindaco Tommaso Minervini dal notaio un mesetto fa. Posizione legittima, alla quale abbiamo preferito un'altra strada: portare una mozione di sfiducia in consiglio comunale. Firmarla alla luce del sole (come si è fatto recentemente nella vicina Barletta, per dire), proporla agli altri consiglieri d'accordo con noi e andare in aula a fare il processo politico a questi anni terribili. Se i numeri c'erano davvero dal notaio, i numeri ci saranno in consiglio comunale. Se non dovessero esserci, forse il notaio era un bluff. Un'arma nelle mani di qualche vecchia volpe della politica in cerca di assessorati pesanti (quelle vecchie volpi - sempre le stesse - che nel 2013 allontanammo dal nostro recinto).
Noi possiamo - cari amici dell'area progressista e dei giornali locali - pensarla diversamente in queste ore su questo. Quello che non possiamo fare, però, è insultare gratuitamente chi di noi in questi anni ha provato a rappresentare la Molfetta perbene, ecologista e solidale, in consiglio comunale. Dedicando tempo, impegno e anche un po' di coraggio a opporsi a questa amministrazione che ci ha fatto volare elicotteri e vergogna sulla testa e sul nome della città. Organizzando le uniche iniziative contro di questi anni, senza paura di toccare i fili della corrente elettrica. Sul Porto, sul cemento violento sul mare, sull'abbandono dei Cantieri Navali, sullo scandalo della nuova area mercatale, sui beni culturali e su molto altro. E provando, sempre, a declinare un'altra idea di città possibile, cercando di tenere aperta l'alternativa e il futuro.
Siamo stati pochi, insufficienti, imperfetti, qualche volta stanchi, quasi sempre soli. Ma passare adesso come incapaci o addirittura responsabili di ogni sfacelo perché, a pochi mesi dalla fine del mandato, ci siamo opposti alla pratica del notaio e abbiamo preferito smascherare pubblicamente le falle di questa esperienza (compreso l'indecoroso, anzi indecente ruolo del PD locale, che ha sostenuto questo sindaco non per pochi mesi ma dall'inizio e per quattro anni e che ha eletto consiglieri comunali ancora oggi al fianco di un'amministrazione sempre più di destra, nella compagine e nelle politiche)... bene, perdonatemi: non posso accettarlo.
Un'ultima cosa: la città ha bisogno che la facciamo finita. La facciamo finita con le divisioni inutili, con i politicismi, con il braccio di ferro sui social, con questo dibattito francamente lunare sul "fine vita" di questa stagione della vergogna. La città ha bisogno del disarmo delle nostre parole e del riarmo delle nostre intelligenze. La città ha bisogno di un abbraccio: ci dobbiamo elevare, subito, da questo dibattito di livello bassissimo e dobbiamo metterci in cammino verso un progetto onesto, chiaro, di servizio pubblico, di mobilitazione collettiva. Legalità, ambiente, solidarietà, trasparenza: c'è una Molfetta che sa di cosa parliamo e sa cosa dobbiamo fare. Io la conosco. Ho avuto l'onore di conoscerla bene. E di dedicarle alcuni anni della mia vita, con molto amore. Questa Molfetta merita adesso che tiriamo una linea. E che, testa bassa e cuore calmo, pancia ferma e mani pronte, ci mettiamo a lavorare sull'obiettivo comune di tirarla fuori dal fango. Ve lo chiedo per favore, amici della mia stessa area politica: attraversiamo queste ore con questo spirito e con questa postura. Altrimenti davvero non ce la faremo nemmeno stavolta. E non sarebbe solo un peccato. Sarebbe una colpa».
Insomma, il dibattito è quanto mai acceso, soprattutto dal momento in cui il candidato sindaco che sembrava quello naturale e sul quale erano tutti d’accordo, il dr. Felice Spaccavento (che aveva ottenuto anche un grosso successo di voti alle elezioni regionali, pur non risultando eletto) si è misteriosamente tirato indietro.
Questo ha messo in difficolta anche il Movimento “Rinascere” riferimento politico dello stesso Spaccavento che, una volta rimasto orfano del suo candidato, sembra essere orientato su una improbabile candidatura del magistrato in pensione dott. Pasquale Drago.
Sembra che in questi giorni, dopo il dibattito in consiglio ci saranno alcuni incontri, sollecitati anche a livello provinciale e regionale per mettere allo stesso tavolo la Molfetta progressista, anche se la mancata sfiducia a Minervini (anche grazie alla senatrice Carmela Minuto di Forza Italia che si è tirata indietro rispetto al suo partito) è stata un’occasione perduta per un’area politica che comprende anche il Pd al quale non sono stati perdonati l’adesione al ciambotto e le mancate dimissioni di Piergiovanni e Facchini che hanno portato alla mancata caduta della giunta Minervini.
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