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Puglia oltre il Mediterraneo, documentario di Tito Manlio Altomare sui pugliesi (anche molfettesi) di Crimea Sarà presentato domani a Bari, alle 17, nell'aula magna dell'Università degli studi. Viene ricostruita, dall'inizio del 1800 ai giorni nostri, una vicenda umana, sociale, culturale ed imprenditoriale pugliese, del tutto sconosciuta
08 aprile 2010

BARI - Nel 1830 e nel 1870 giunsero in Crimea, nel territorio di Kerh, due flussi migratori provenienti dall’Italia (circa 3.000 persone), soprattutto dalle località pugliesi di Trani, Bisceglie e Molfetta, allettati dalla promessa di buoni guadagni e dal miraggio di fertili terre quasi vergini.
Erano soprattutto agricoltori, marinai (pescatori, nostromi, piloti, capitani) ed addetti alla cantieristica navale. La città di Kerh si trova infatti sull’omonimo stretto che collega il Mar Nero col Mar d’Azov. Qui costruirono nel 1840 una Chiesa cattolica romana, detta ancora oggi la chiesa degli Italiani. Da Kerh gli Italiani si diffusero anche a Feodosia (l’antica colonia genovese di Caffa), Simferopoli, Mariupol ed in alcuni altri porti russi della penisola di Crimea, soprattutto a Batumi e Novorossijsk.
La comunità formata da professionisti, tecnici specializzati, commercianti rappresenta un esempio di grande capacità imprenditoriale. Di managerialità “ante litteram”. Un esempio per chi opera economicamente e commercialmente oggi.
Ma è anche una storia tragica, con confische e perdita di diritti civili dopo la Rivoluzione bolscevica, sterminio politico durante il regime staliniano ed, infine, deportazione di massa dell’intera Comunità in Kazakhstan in piena seconda guerra mondiale.
Un’emigrazione che racconta, attraverso le sue fasi, i totalitarismi in Europa nel XIX secolo. Oggi di quella importante ed agiata Comunità, vivono circa 500 persone fra deportati sopravvissuti e loro discendenti. Con problemi economici e di non riconoscimento del proprio stato. Insomma, dimenticati dall’Ucraina e dall’Italia”.

Domani, venerdì, alle ore 17 presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi di Bari ci sarà la presentazione del documentario di Tito Manlio Altomare sul tema “I Pugliesi di Crimea: dall’800 ad oggi”, con la partecipazione di Corrado Petrocelli, Rettore dell’Università di Bari; Anton Giulio de’ Robertis, Docente di Storia dei Trattati e di Politica Internazionale presso l’Università degli Studi di Bari; Ennio Triggiani, docente di Diritto dell’Unione Europea dell’Università di Bari e dello stesso autore del documentario, Tito Manlio Altomare.
Il documentario ricostruisce e ripercorre, dall’inizio del 1800 ai giorni nostri, una vicenda umana, sociale, culturale ed imprenditoriale pugliese, del tutto sconosciuta. Una storia che non ha documentazione.

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Secondo l'accademico sovietico Vl.F.Sismarev, a Kerc nel 1940 ci sarebbero stati ancora 1100 italiani, più altri nei centri vicini. Durante le "purghe" e repressioni staliniane del periodo 1933-37 molti di essi, accusati di essere spie, furono arrestati e torturati; poi alcuni furono fucilati e altri deportati nei lager siberiani. L'occupazione della Crimea da parte delle truppe tedesche e italiane della 2^ Guerra Mondiale, consentì a qualche italiano di rimpatriare. Ma il ritiro degli occupanti e il ritorno delle truppe sovietiche furono la premessa alla deportazione degli italiani di Crimea, in quanto popolazione dichiarata fascista. Essa iniziò il 29 o il 30 gennaio 1942. "La maggior parte degli italiani deportati erano di seconda generazione, con dei vecchi di prima e i piccoli di terza. Solo pochi discendenti di emigranti arrivati alla metà dell'Ottocento erano di quarta e quinta generazione. Fu permesso di portare ai deportati pochi chili di indumenti e generi di conforto a testa, il preavviso della deportazione. Era il lavoro coatto per le persone dai 14 anni in su, uomini e donne, delle categorie "sospette" (in questa categoria rientravano anche gli italiani). Il lavoro consisteva nel caricare e scaricare, scavare trincee, abbattere alberi ecc. La prigionia rassomigliava ad un lager: i deportati "vivevano chiusi in baracche, lavoravano scortati da guardie armate, non avevano nessun diritto". I deportati inquadrati nella Trudarmia non erano stati accusati o condannati di nulla; lavoravano per un periodo indefinito, finche ce n'era bisogno, di solito da due mesi a un anno. Poi venivano riportati dove erano stati presi, erano tenuti sotto controllo con le loro famiglie. Se si ripresentava la necessità, venivano nuovamente sottoposti al regime di Trudarmia e così via. Molti morirono.- Da:"La tragedia degli Italiani in Crimea" G.Baico e G.Vignoli.
E U R E K A - (Ho trovato) “Il documentario – spiega Altomare - ricostruisce e ripercorre, dall'inizio del 1800 ai giorni nostri, una vicenda umana, sociale, culturale ed imprenditoriale pugliese, del tutto sconosciuta: l'emigrazione di numerosi gruppi di persone, soprattutto familiari, verso la Crimea, concentratasi nella quasi totalità in un'unica città, Kerch. Un'emigrazione particolare: benestanti, commercianti, professionisti ed operai specializzati, trasferitisi nel corso di un secolo (il 1800) con due consistenti flussi migratori tra il 1830 e il 1850 e tra 1870 e il 1890”. Ben tremila persone, originarie da un gruppo di città pugliesi, soprattutto di Trani, Bisceglie e Molfetta che riuscirono a creare dal nulla attività marittime e aziende agricole, diventando in poco tempo la classe dirigente della città. Una storia di emigrazione dunque, segnata in origine dagli incentivi dell'allora impero zarista interessato a richiamare gente in grado di sviluppare quel territorio, ma anche dagli eventi tragici delle persecuzioni staliniane e delle deportazioni di massa in Kazakistan durante la seconda guerra mondiale. Vicende di cui non esiste documentazione ufficiale e che hanno richiesto un anno di ricerche e di raccolta di dati negli archivi anagrafici e nelle biblioteche dei paesi d'origine degli emigrati, oltre al supporto di autorevoli consulenze di storici italiani. Una storia, infine, da cui trarre spunto per tracciare le coordinate di un possibile futuro sviluppo dei rapporti fra la Puglia e i Paesi oltre il Mediterraneo, a partire dai legami ancora esistenti tra le comunità economiche pugliesi e quelle, di origine pugliese, che hanno ormai messo salde radici in quei paesi. Dottor Manlio Altomare, insisto sul libro.


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