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Premio per i 25 anni di carriera al maestro Luigi Silvestri
15 gennaio 2013

In occasione del 25° anniversario di insegnamento di Luigi Silvestri, maestro di karate Goju - Ryu, “Quindici” ha colto l’occasione per intervistarlo e approfondire le conoscenze di uno degli sport minori della nostra città. La manifestazione di premiazione avvenuta al PalaPoli ha rappresentato una giornata importante per rendere omaggio ad un maestro che da anni si prodiga nell’insegnamento ed alla diffusione del karate tradizionale di Okinawa, nonché l’occasione per i più piccoli di vivere la sana competizione di una gara. L’evento è stato organizzato dall’Asd Junreikan di Molfetta. Luigi Silvestri, classe 1961, insegnante di educazione fisica ci ha raccontato le sue emozioni prima durante e dopo la cerimonia di premiazione. «Sin dalla mattina mi sono rivisto nella mente i 25 anni appena trascorsi. Quante esperienze ed emozioni mi hanno accompagnato durante questo percorso. I primi allievi e quelli attuali. Penso di aver dato molto sacrificando del tempo alla mia famiglia, che, però, mi ha sempre sostenuto. Molti bambini mi ringraziavano: è stato davvero commovente, in quel momento mi sentivo il papà di tanti di loro». Come è nata la sua passione e quali sono state le tappe più significative? «Risale all’età di 12 anni. Ho iniziato nel ’73. Quarant’anni di pratica, venticinque d’insegnamento. Ho iniziato a praticare quando in televisione trasmettevano i film di Kung Fu con Bruce Lee, rimanendo molto affascinato dai gesti atletici dei personaggi, dal controllo del corpo: mi appassionai. Il mio primo maestro è stato il dott. Enrico Pansini, cintura marrone, una cosa un po’ insolita, ma è stato il primo a Molfetta. Una tappa indimenticabile è stato il Campionato del Mondo nel 2009 di Okinawa: ho gareggiato a 48 anni, ho visitato posti che prima di allora avevo visto solo sui libri, sono arrivato primo tra gli occidentali. Un mio allievo, Cosimo la Forgia, è arrivato 5° con la rappresentativa italiana. Ho svolto seminari con vari maestri, li seguivo in tutt’Italia nei weekend». Qual è il primo insegnamento che trasferisce ai suoi ragazzi? «Rafforzare il carattere. Praticando il karate secondo il metodo classico si rinforza il carattere: ti mette di fronte ad uno specchio con pregi e difetti con la forza di volontà, ti dà la possibilità di capire dove migliorarti, ti aiuta ad aver fiducia in te stesso. Se le nuove generazioni vengono su più forti, abbiamo un futuro. Alcuni maestri dicevano: praticando karate si diventa più forti. L’interpretazione odierna mette in cattiva luce questo sport perché si pensa alla violenza ed io devo combattere anche questo». Che consigli si sente di dare per i giovani che si avvicinano a questo sport? «Oggi è difficile, cerco di dare le giuste motivazioni per la pratica di questa arte marziale. È una filosofia di vita, il Dojo (luogo in cui si pratica la via, ndr) è una scuola di vita, non è facile. Chi fa karate vive il karate al 100%, in tutto ciò che fai, i principi vengono messi in pratica. I ragazzi hanno voglia di lavorare fino ad un certo punto, è molto importante la loro forza di volontà». Quali sono gli obiettivi della sua scuola? «La scuola, a differenza delle altre, è impostata ad insegnare tutti gli aspetti dell’arte marziale e del karate di Okinawa: filosofico, storico e fisico. Si rispetta la fisicità delle persone, la salute e la difesa personale. Abbiamo interesse a formare i ragazzi sotto tutti i punti di vista non la competizione, ma arte marziale come si praticava una volta. Cerchiamo di fondere insieme tutti questi aspetti. Il karate è un albero con tanti rami dove ognuno può cogliere i propri frutti. Il maestro insegna e riceve insegnamenti dai propri allievi e questo penso sia un aspetto importante nello sport come nella vita». Leonardo de Sanctis

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