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Porto, riprendono i lavori? No, solo messa in sicurezza
15 dicembre 2019

Ci sono questioni amministrative che negli anni si sono intrecciate con aspetti giudiziari e ambientali, procedimenti amministrativi che contengono in sè aspetti ingegneristici, contrattualistici, finanziari e – sullo sfondo – economici che ancora oggi mostrano la loro delicatezza anche per via della “compartecipazione” di diversi enti. Il riferimento corre immediatamente ai lavori del nuovo porto commerciale, la terza opera pubblica a mare del paese che ha interessato a partire dai primi anni Duemila la nostra città e ha condizionato oggettivamente e indiscutibilmente lo sviluppo della sua vita comunitaria. Lo scorso 13 novembre il Consiglio comunale si è riunito per discutere e approvare lo schema di “Atto aggiuntivo e prosieguo contrattuale per i lavori del 1° stralcio funzionale del nuovo porto commerciale di Molfetta”. A parere dell’Amministrazione comunale si tratta dell’atto che finalmente sbloccherà la ripresa dei lavori del porto poiché finalmente ha ricevuto tutti i pareri previsti mettendo d’accordo i vari enti istituzionali coinvolti nella progettazione, nell’appalto, nel sequestro e nel dissequestro dell’opera, vale a dire, in ordine sparso e non esaustivo, Tribunale di Trani, Consiglio Superiori dei Lavori Pubblici, Ministero dell’Ambiente, Autorità nazionale anticorruzione (Anac). Ora, visti i precedenti, è d’obbligo muoversi con cautela nella disamina del problema su cui avanziamo preliminarmente due premesse. La prima premessa è che ci auguriamo che questo provvedimento – votato dalla maggioranza e su cui ci siamo astenuti per le ragioni che spiegheremo innanzi – sblocchi i lavori. Dinanzi alle luci che venivano dispiegate negli interventi di sindaco e consiglieri di maggioranza in consiglio comunale abbiamo deciso di tenere un atteggiamento rispettoso del travaglio e delle difficoltà che ogni amministrazione ha incontrato sulla sua strada a proposito dell’affare “porto”. Dunque nessuna polemica pretestuosa ed eccessiva solo per amor della contrapposizione, sia nella seduta di Consiglio che in questa sede, anzi, ribadiamo il nostro sincero interesse affinché questa vertenza aperta a carico della comunità molfettese si chiuda una buona volta evitando di lasciare il cerino in mano a qualsiasi sindaco e a qualsiasi amministrazione, poiché in ultima istanza a rimanere con il cerino in mano sarebbe tutta la città. La seconda premessa è che pur ribadendo e ricordando la nostra contrarietà iniziale all’opera – che mancava e manca di una visione strategica oltre che di una valutazione economica costi/benefici – il buon senso ci porta a dire che un’opera pubblica avviata e realizzata per i due/terzi meriti di essere terminata, per evitare di vanificare il consumo di risorse economiche impiegate finora. A meno che non ci sia qualcuno che dimostri la vantaggiosità economica e ambientale del ripristiare lo “status quo ante”. Dal momento che ad oggi questo “qualcuno” risponde al nome di “nessuno” possiamo passare all’analisi delle criticità del provvedimento approvato dal Consiglio comunale lo scorso 13 novembre. Riteniamo che, al di là di legittimi annunci trionfali da parte di altre parti politiche, debbano essere messi agli atti i rilievi critici che possano fare da contrappunto. Del resto su tale vicenda, come sempre abbiamo fatto, non ci siamo mai mossi “tanto per” o sull’onda della facile propaganda. In altri periodi abbiamo assistito a ben altri trionfalismi di altre parti politiche cui sono seguite sciagure politiche, amministrative e giudiziarie. Ecco, siamo convinti che consegnare alla storia altri punti di vista sia un atto dovuto, anche se impopolare nel breve e medio periodo. Veniamo, dunque, alle criticità della delibera approvata dal Consiglio comunale. In primo luogo, registriamo una cosa inconsueta dal punto di vista formale. L’atto approvato riguarda sostanzialmente una modifica a un progetto esecutivo e al contratto di appalto di un’opera pubblica. Ebbene, di solito la competenza su questi atti non è del Consiglio comunale bensi della Giunta comunale in base a ciò che dice il Testo Unico degli Enti Locale (TUEL 267/2000). A conferma ulteriore di ciò che diciamo vi è che nella poderosa produzione di atti amministrativi del Comune di Molfetta in questo quasi ventennio concernenti l’opera pubblica del nuovo porto, ci sono state altre varianti al progetto, altre perizie di variante, altri schemi di contratti e atti aggiuntivi, insomma, tutti atti approvati solo ed esclusivamente dalle Giunte comunali, quando non direttamente dal dirigente di settore, e mai dal Consiglio comunale che ha la competenza sulla pianficazione generale e sugli indirizzi, non certo sulle progettazioni definitive, esecutive, varianti e schemi di contratto. Ben diverso sarebbe stato se il Consiglio fosse stato chiamato a discutere e approvare un atto di indirizzo nei confronti di sindaco, Giunta e uffici. Un secondo motivo formale di criticità della delibera vi è in relazione ad alcuni punti del deliberato che riguardano la reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio e la dichiarazione di pubblica utilità delle zone interesssate dai lavori. Non che ci sfugga il nesso consequenziale tra i lavori del porto e le aree di territorio interessate dall’opera stessa, il rilievo che muoviamo però consiste nella debole e carente motivazione contenuta nella delibera. In altre parole, in una delibera di otto pagine di cui ben sette pagine sono dedicate alla ricostruzione cronologica e logica della vicenda amministrativa, progettuale, contrattuale e finanziaria dell’opera portuale, a questi aspetti relativi al vincolo preordinato all’esproprio e alla dicharazione di pubblica utilità sono dedicati solo 9 righi. Ci sembra un po’ stringata come motivazione alla base di ben tre punti nel deliberato. Passiamo al terzo punto di criticità ben più sostanziale e che rappresenta il cuore della vicenda dell’appalto dell’opera portuale negli ultimi cinque anni, a far data cioè dal dissequestro del cantiere nel maggio 2015. Qual è questo aspetto che getta l’ombra più consistente sulla vicenda? Si tratta del punto relativo alla validità del contratto dei lavori siglato con le aziende costruttrici tra cui la Cmc. Ebbene, possiamo anche sorvolare sul parere dell’Autorità giudiziaria che nel dicembre 2015 si esprime con la formula di “contratto nullo per illiceità” poiché tale autorità è parte in causa in un procedimento giudiziario che dovrà acclarare – tra le altre cose – anche la legittimità o meno di tale contratto. Ciò su cui abbiamo invitato il Consiglio comunale a riflettere è che il parere seppur consultivo dell’Anac dell’ottobre 2018 con cui alcuni ritengono sbloccata la ripresa dei lavori presenta degli aspetti intrinsecamente problematici. L’Anac, infatti, afferma che “data la necessità di portare a termine con celerità e col minore dispendio economico le opere ritenute prioritarie, codesta amministrazione [ovvero il Comune di Molfetta] possa valutare la percorribilità di un diverso modus operandi che consentirebbe di superare la cennata criticità impeditiva della prosecuzione dell’appalto”. Ovvero noi “traduciamo” che secondo l’Anac ci può essere una variante al progetto, con relativo atto contrattuale aggiuntivo, che recepita dall’appaltatore cioè Cmc “consentirebbe la prosecuzione del contratto con l’ATI CMC esclusivamente ai fini del completamento di quelle opere oggetto del 1° stralcio funzionale”. Dove nasce dunque il problema? Dallo stesso parere dell’Anac, cui la delibera del Consiglio comunale si appoggia, che in altri passaggi spiega che “la valutazione di seguito svolta in ordine alla possibilità di dare prosecuzione al contratto a seguito della redazione del nuovo progetto lascia totalmente impregiudicate le accennate questioni, logicamente e giuridicamente preliminari, e non va in alcun modo interpretata come una manifestazione di acquiescenza dell’Autorità [ovvero dell’Anac] alla tesi della validità del contratto o come un superamento della posizione della Procura”. Ovvero “traduciamo” sempre noi: secondo Anac il contratto iniziale rimarrebbe comunque non valido. Del resto, in tale direzione si esprimeva anche il parere pro veritate chiesto dall’amministrazione comunale precedente che non abbiamo capito in quale conto viene tenuto dall’attuale amministrazione. Per carità, si può tranquillamente obiettare che ogni parere si esprime sulla base di ben precise richieste formulate da ogni amministrazione ma allora per fortificare il proprio operato anche questa amministrazione avrebbe potuto chiedere un suo parere, non foss’altro per corroborare gli atti finalizzati alla ripresa del cantiere. Non sarebbe la prima volta che la via lastricata di buone intenzioni su questa vicenda ultradelicata conducesse in tutt’altre direzioni rispetto a quelle iniziali degli attori. Gianni Porta

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