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Ornella Zaza, amore carnale per l'arte
15 settembre 2009

Molfetta alleva personalità artistiche ed intellettuali autorevoli che, per maggiori opportunità di lavoro, sono costrette ad emigrare: alcune si spostano nel Centro e Nord Italia, altre ancora risiedono all’estero, in Spagna, Francia e Germania. La dott.ssa Ornella Zaza, nata nel 1988 a Molfetta, laureata al Politecnico di Milano in disegno industriale, è una di quelle personalità emergenti ed affascinanti che hanno fatto dell’arte tout cuort un’impostazione ed un impegno di vita. Di fatto, l’intenzione è «affrontare i test per entrare alla Scala di Milano o presso l’Università IUAV di Venezia». L’intervista realizzata da Quindici lascia trapelare un amore carnale per l’arte, soprattutto per la pittura e la fotografia, ma anche una personalità a volte riservata, altre esuberante, entusiasta di vivere giorno dopo giorno la sua passione. Ornella, raccontaci come ti sei avvicinata alla pittura. «Non riesco a dare una data precisa, ma sin da bambina ho disegnato è dipinto moltissimo. Ero affascinata da un’amica di mia madre che dipingeva, ma non ho mai frequentato scuole che mi abbiano potuto offrire sin da bambina nozioni di disegno o pittura. Solo in età adolescenziale, dopo aver frequentato il secondo anno di Liceo Scientifico a Molfetta, ho deciso di iscrivermi al Liceo Artistico di Bari, dove ho seguito restauro, coltivando parallelamente questa passione tutta personale. Con gli studi universitari a Milano ed il contatto con un’arte multimediale, la mia pittura si è evoluta, non è più solo pittura». Cosa rappresenta l’arte per Ornella Zaza? «È una domanda molto difficile e non ha una risposta completa, perché non riesco ancora a definirmi un’artista, essendo molto giovane. Potrei affermare che l’arte è la parziale espressione dei sentimenti umani, è un tramite per inviare messaggi al pubblico. Vivo la mia passione in modo molto razionale, senza troppi voli pindarici, grazie anche agli studi di disegno industriale e tecnico compiuti a Milano». Con quali generi di arte lavori? «Lavoro con pittura, fotografia e grafica, curo allestimenti scenografici, utilizzando varie tecniche, come il disegno a mano e photoshop, ma fondamentale è la pratica. Gli studi di scenografia che mi accingo ad intraprendere necessitano di una certa esperienza, dunque, di molta attenzione alla pratica. Ad esempio, per le varie rappresentazioni alla Scala di Milano sono continuamente realizzati grandi pannelli, a mano o con vari software, ed, allo stesso tempo, bisogna possedere nozioni teoriche e pratiche di effetti luce e proiezione video, non solo tecniche di pittura». Hai partecipato ad una serie di eventi e mostre: Barcellona, Berlino e Milano. «Certo, a Sabadell, vicino Barcellona, alla galleria «Impaktes visualles», dove hanno partecipato giovani artisti che, seguendo il tema «Cappuccetto rosso», hanno espresso attraverso la tela una serie di impressioni, sentimenti e denuncie. Per l’occasione, ho realizzato un disegno a mano-collage, scannerizzato e strutturato al computer, in cui il cestino di Cappuccetto rosso, invece che essere pieno di frutta, traboccava di armi da fuoco. Insomma, una critica alla nostra società. A Berlino ho esposto nella galleria «XLAB - Corrosive Art Farm», per la cui inaugurazione sono stati invitati artisti italiani, francesi, tedeschi e spagnoli, che hanno presentato quattro illustrazioni disegnate a mano e lavorate al computer attraverso programmi e softwere multimediali. L’11 luglio ho partecipato a «Synopsis 4», un evento milanese nel quartiere Isola, organizzato da Sonia Magliari, con cui ho curato la parte grafica e il libricino che è stato distribuito. Un progetto interessante, ispirato al tema dell’uomo-macchina, per il quale è stata creata una rete multimediale tra due circoli ARCI, un bar ed un negozio di arte, di modo che tutte le opere esposte potessero essere contemporaneamente presenti nei quattro siti. Altro evento simile è stato «Alice nel paese delle meraviglie c’è restata», organizzato sempre da Sonia Migliari, che ha riscritto la favola di «Alice nel paese delle meraviglie», chiedendo ad undici artisti diversi di realizzare delle grafiche da inserire nel libricino, come tributo ad undici famigliari cari scomparsi. Queste grafiche, che rappresentavano singole rose, sono state, poi, riportate su un muro privato, concesso per l’occasione, e realizzate con l’uso di bombolette spray. Sempre a Milano ho esposto per la mostra «NO2 - Ghost tracks», per la quale ogni artista avrebbe dovuto inventarsi un gruppo musicale e creare un cd con alcune illustrazioni di riferimento. Ho denominato il mio gruppo «Cavoli a merenda». Infine, con una collega neozelandese conosciuta a Barcellona, ho collaborato per la realizzazione di un «Fanzin», ovvero un opuscolo artistico illustrativo, venduto a prezzi ridottissimi, in cui ogni sei mesi inseriamo dieci nostre riproduzioni artistiche. Per il futuro stiamo progettando un evento- inaugurazione-mostra a Berlino, in cui io esporrò alcuni miei dipinti in bianco e nero, mentre una mia collega si dedicherà al body painting. Allo stesso tempo, realizzerò delle foto con cui ritrarre il lavoro della collega, che mano a mano saranno aggiunte ed esposte al pubblico. Insomma, una mostra in fieri, in continua evoluzione». Hai, dunque, avuto modo di conoscere alcune personalità importanti. «La mia passione per la fotografia mi ha avvicinato a Paolo Riolzi, assistente di Gabriele Basilico, docente di fotografia al Politecnico di Milano ed alla Facoltà di Design ed Arti della Libera Università di Bolzano, con cui ho realizzato una stage, collaborando sia con la Mondadori, sia con Grazia Casa, di cui abbiamo curato il numero di dicembre 2008». A cosa hai dovuto rinunciare per l’arte? «In realtà, non credo di aver rinunciato a nulla, anzi ho guadagnato moltissimo, nonostante la lontananza dalla terra natia, dove tuttavia non potrei concretamente lavorare. Da un punto di vista affettivo, coltivo tutte le mie amicizie sparse in Italia ed in Europa, anche se dedico molto tempo allo studio ed al lavoro e ricevo continuamente l’appoggio della famiglia, cui devo tutto ciò che oggi sono e quello che diventerò». Quali sono i modelli cui ti ispiri? «Amo tantissimo le foto architettoniche di Gabriele Basilico, uno dei più noti fotografi documentaristi europei, che fotografa esclusivamente in bianco e nero ed i cui campi d’azione privilegiati sono il paesaggio industriale e le aree urbane. Per quanto concerne l’arte, apprezzo tantissimo Fabio Novembre, architetto e designer italiano, che riesce amabilmente a coniugare arte e disegno tecnico». Ornella, ti sposti continuamente tra Molfetta, dove risiede la tua famiglia, Milano, dove hai casa e studi, Barcellona e Berlino: come ti rapporti a queste realtà differenti tra loro? «Molfetta è il paese che porto sempre nel cuore, ma per il quale non avverto profonda nostalgia. Infatti, torno per la mia famiglia, le amicizie, magari per realizzare qualche lavoro, ma preferisco risiedere a Milano, dove le opportunità di lavoro sono tantissime e vivo un ambiente ed una atmosfera di gran lunga migliore di quella di Molfetta. Basti pensare che in 3 mesi ho visto 6 mostre, mentre a Bari assistevo a 3 mostre in un anno. Tuttavia, benché le opportunità siano tante, Milano è essenzialmente una città di studio e lavoro, non una città residenziale, dove fare amicizia è molto difficile. Amo Barcellona sia per la cordialità dei residenti e per la professionalità degli artisti, sia per la sua conformazione, perché mi ha sempre ricordato Molfetta. Molto spazio viene dato ai giovani, senza che siano appoggiati o raccomandati da qualcuno, situazione che, invece, è assente a Milano, come in tutta l’Italia. Berlino è come Barcellona e conto di trasferirmi lì appena terminati i miei studi universitari». Marcello la Forgia

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