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Nuovi particolari sul tentativo di furto in via Verdi a Molfetta. Il ladro investe il proprietario della vettura e la gente fotografa il ferito invece di prestare soccorso
23 febbraio 2014

MOLFETTA - Nuovi particolari sul tentativo di furto avvenuto venerdì sera in via Puccini, parallela al viale Pio XI a Molfetta. Un professionista, proprietario di una Fiat Punto non nuovissima, avvicinandosi alla vettura per tornare a casa, ha notato al suo interno un giovane che smanettava intorno all’accensione per mettere in moto la macchina e rubarla.

Ha subito urlato per tentare di dissuadere il ladro e questi, per tutta risposta, essendo riuscito ad avviare già l’auto, lo ha investito provocandogli diverse fratture al ginocchio e alla tibia (è ricoverato in ospedale e ne avrà pqer qualche mese). Poi la vettura ha tamponato altre auto in sosta e il malvivente, dopo il tentato omicidio, ha abbandonato la macchina ed è fuggito a piedi, facendo perdere le sue tracce.

Un elemento sconcertante dell’episodio di cronaca, riguarda la sensibilità di alcuni molfettesi che hanno assistito alla scena del furto: il professionista è rimasto per terra e la gente che passava, invece di soccorrerlo e telefonare al 118, ha preferito fare le foto al malcapitato dolorante che chiedeva aiuto. Magari per mettere le stesse foto su Facebook, divenuto oltre che uno sfogatoio pubblico anche strumento di divertimento per cronisti improvvisati, che perdono di vista l’urgenza, per sentirsi protagonisti per qualche minuto.
Una nota negativa che dovrebbe far riflettere sul preoccupante del livello civico in cui siamo precipitati in questa città e che è anche occasione, ancora una volta per “Quindici” per rilanciare l’allarme sicurezza, che non può più essere ignorato. Certo, non siamo ai livelli di altri Comuni vicini, dove si spara per strada, ma se non vogliamo arrivare anche noi a quei livelli, occorre invertire la tendenza alla tolleranza dell’illegalità diffusa della micro criminalità e non solo, come è avvenuto negli ultimi anni. La repressione è necessaria e auspicabile da parte delle forze dell’ordine, ma sarebbe ora di cominciare a pensare anche ad una prevenzione, che è stata finora sempre ignorata.

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"Un elemento sconcertante dell'episodio di cronaca, riguarda la sensibilità di alcuni molfettesi che hanno assistito alla scena del furto: il professionista è rimasto per terra e la gente che passava, invece di soccorrerlo e telefonare al 118, ha preferito fare le foto al malcapitato dolorante che chiedeva aiuto....etc., etc.." Pur non volendo generalizzare, non è un caso isolato, vedi i tanti avvenimenti di incidenti mortali sulle spiagge con gente indifferente a continuare la loro vacanza, vedi i tanti avvenimenti incivili e barbari, tutto nell'indifferenza generale: solo parole del momento giusto a giustificare e scusare colpevoli e innocenti. Quello che stupisce e fa ammutolire è trasformare poi tutto in spettacolo da divertimento collettivo…..” mettere le stesse foto su Facebook, divenuto oltre che uno sfogatoio pubblico anche strumento di divertimento per cronisti improvvisati, che perdono di vista l'urgenza, per sentirsi protagonisti per qualche minuto…..” e tante altre mistificazioni collettive divenute oramai e purtroppo i miti del nostro tempo. – Conosciamo le malattie del corpo, con qualche difficoltà le malattie dell'anima, quasi per nulla le malattie della mente. Eppure anche le idee della mente si ammalano, talvolta si irrigidiscono. E siccome la nostra vita è regolata dalle nostre idee, di loro dobbiamo aver cura, non tanto per accrescere il nostro sapere, quanto piuttosto per metterlo in ordine. La prima figura d'ordine è la problematizzazione di certe idee che, per ragioni biografiche, culturali, sentimentali o di propaganda, sono così radicate nella nostra mente da agire in noi come dettati ipnotici che non sopportano alcuna critica, alcuna obiezione. E non perché siamo rigidi o dogmatici, ma perché non le abbiamo mai messe in discussione, non le abbiamo mai guardate da vicino. Chiamiamo queste idee “miti”, mai attraversati dal vento della demitizzazione. A differenza delle idee che pensiamo, i miti sono idee che ci possiedono e ci governano con mezzi che non sono logici, ma psicologici, e quindi radicati nel fondo della nostra anima, dove anche la luce della ragione fatica a far giungere il suo raggio. E questo perché i miti sono idee semplici che noi abbiamo mitizzato perché sono comode, non danno problemi, facilitano il giudizio, in una parola ci rassicurano, togliendo ogni dubbio alla nostra visione del mondo che, non più sollecitata dall'inquietudine delle domande, tranquillizza le nostre coscienze beate che, rinunciando al rischio dell'interrogazione, confondono la sincerità dell'adesione con la profondità del sonno. Per recuperare la nostra presenza al mondo, una presenza attiva e partecipe, dobbiamo rivisitare i nostri miti sia quelli individuali sia quelli collettivi, dobbiamo sottoporli a critica, perché i nostri problemi sono dentro la nostra vita, e la nostra vita vuole che si curino le idee con cui la interpretiamo, e non solo le ferite infantili ereditate dal passato che ancora ci trasciniamo.


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