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Nuove tecnologie per il contrasto al cambiamento climatico, il prof. Sergio Camporeale all’Aneb di Molfetta
Sergio Camporeale e Michele Laudadio
27 febbraio 2020

 MOLFETTA – Fin da quando l'uomo è apparso sulla Terra ha sempre sentito il bisogno di conoscere la natura e di dominarla. Ma tutto questo ha portato – nel corso dei millenni – ad un costante e continuo cambiamento climatico che ha modificato gli ecosistemi, le colture e la vita delle popolazioni. Un fenomeno – a cui assistiamo oggi - generato in parte dall’effetto delle attività umane come, ad esempio l’uso massiccio dei combustibili fossili che immettono nell’atmosfera grandi quantità di anidride carbonica e amplificano l’effetto serra.

Insomma, una questione complessa e rischiosa che porterà nei prossimi decenni ad un implemento del riscaldamento del pianeta nonché a fenomeni preoccupanti come alluvioni, siccità e ondate di calore. Fenomeni questi ultimi chiamati dagli esperti “eventi estremi” che si stanno intensificando in diverse parti del mondo e in modo irregolare, mettendo a repentaglio l’idea di stabilità cui siamo abituati. Le conseguenze non sono trascurabili: comunità distrutte, danni economici a persone e interi sistemi produttivi e purtroppo anche morti e feriti.

Di questo è molto altro si è discusso durante l’incontro sul tema Nuove tecnologie per il contrasto al cambiamento climatico, organizzato dall’ANEB di Molfetta.

Ad introdurre la serata il presidente, prof. Michele Laudadio che ha presentato il prof. Sergio Camporeale, Professore Ordinario di Macchine a Fluido e Sistemi per l’Energia e l’Ambiente nonché Delegato del Rettore per la didattica, Coordinatore del Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Bari presso il Dipartimento di Meccanica, Matematica e Management (DMMM).

L’illustre relatore ha fornito un quadro della situazione energetica mondiale e ha indagato circa le possibilità offerte dalla ricerca scientifica e tecnologica per una produzione “sostenibile” dell’energia non solo nelle nazioni più progredite ma anche nelle aree emergenti e nei paesi in via di sviluppo. Ma procediamo con ordine.

Il prof. Camporeale ha introdotto la sua lectio partendo dal problema centrale: il riscaldamento globale. Un fenomeno non affatto trascurabile che determina lo scioglimento dei ghiacciai, l'aumento dell'effetto serra e l'ingrandirsi del buco dell'ozono. Il riscaldamento globale è dovuto soprattutto all'inquinamento e alla deforestazione, all'inquinamento dei mari, alle emissioni delle industrie e ai rifiuti. Durante l'ultimo secolo la temperatura media della superficie terrestre si è innalzata di 0,18 gradi e sta aumentando molto velocemente tanto che in futuro potrebbe arrivare quasi a 5 gradi in più di surriscaldamento provocando innalzamento dei mari e molte perdite di ghiaccio perenni.

A causa delle attività umane, quindi l'effetto serra si sta fortificando e di conseguenza sta portando ad un progressivo aumento della concentrazione di gas serra: aumenta l'anidride carbonica che intrappola nella nostra atmosfera il calore, aumentando così la temperatura e provocando lo scioglimento dei ghiacciai e il conseguente innalzamento del livello del mare.

Non trascurabile è anche il fenomeno noto come “buco nell'ozono”, ossia la riduzione dello strato di ozono stratosferico provocato soprattutto da alcune sostanze chimiche aventi la caratteristica di sottrarre ozono all'atmosfera. Tutto questo ha causato l'aumento dell'intensità delle radiazioni ultraviolette innalzando così la possibilità di sviluppo di casi di cancro della pelle e danni agli occhi. E non è tutto. Altre sono le cause provocate dagli effetti del cambiamento climatico. Basti pensare alla variazione dell’andamento delle stagioni, alla siccità e alla desertificazione.

E a questo punto non resta che porsi una domanda: cosa è possibile fare per frenare e contenere questo fenomeno? Innanzitutto un grosso passo avanti consisterebbe nella riduzione dell’anidride carbonica prodotta dai combustibili fossili, in primis dal carbonio e a seguire dal metano. Questo chiaramente comporterebbe anche una revisione del settore industriale ed energetico nella direzione di una sanificazione e salvaguardia ambientale. Sarebbe utile anche procedere con la riforestazione, aumentando o cercando così di aumentare il polmone vedere del nostro pianeta a beneficio della propria salvaguardia.

Non in ultimo, di fondamentale importanza sarebbe utilizzare le cosiddette fonti rinnovabili per la produzione di energia attraverso l’utilizzo di sistemi eolici che sfruttano la forza del vento, di impianti fotovoltaici, delle biomasse, della geotermia e di sistemi idrologici. Insomma una sviluppo improntato sull’utilizzo di elementi naturali che possono contribuire allo sviluppo delle attività dell’uomo senza danneggiare l’ambiente. Questo perché investire in energie rinnovabili significa poter contare su fonti potenzialmente inesauribili: la produzione di energia in questo settore dipende infatti da fattori come la quantità di sole, di vento, di acqua corrente e dal calore terrestre. Questi elementi fanno sì che basti l’installazione di impianti specifici per produrre in maniera autonoma energia elettrica e/o energia termica, risparmiando sui costi e allo stesso tempo tutelando l’ambiente.

Le energie rinnovabili, poi sono ad oggi molto più competitive sul mercato rispetto ai combustibili tradizionali. Se l’uomo sarà capace di utilizzare queste risorse si stima che entro il 2050 si giungerà ad un 100% di utilizzo di energia green.

© Riproduzione riservata

Autore: Angelica Vecchio
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