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Ninnì Camporeale presenta I like Molfetta, ma la serata è un imbarazzante festival dell'insulto Alla Fabbrica di San Domenico parte il nuovo movimento che ingloba tutta la destra molfettese più Pino Amato. Il senatore Azzollini e i suoi disertano la serata e si defilano. Raffiche di insulti per il sindaco Paola Natalicchio: “incompetente, incapace, estremista”
03 febbraio 2015

MOLFETTA - L'alluvione di insulti che i resti agonizzanti della destra cittadina, ha riservato ieri sera al nostro primo cittadino Paola Natalicchio è forse l'istantanea più nitida, il fotogramma più rappresentativo, il ritratto simbolo di una sottocultura politica maleodorante e indecente che sembra essersi impossessata della destra molfettese come fosse una malattia terminale, dalla quale riesce impossibile guarire. Paola Natalicchio, per un'ora e mezza è stata apostrofata dagli oratori di turno come: indegna, impreparata, incompetente, inadeguata, estremista, inaffidabile, sindaco grazie a una sentenza del consiglio di Stato; arrogante nell'aver smantellato il vecchio gruppo dirigente degli uffici comunali; avida di potere e intrigante nell'aver liquidato l'assessore Serena la Ghezza; incapace di comprendere che è Roma la sua casa e lì l'attende la propria famiglia, visto che qui nessuno l'ha mai davvero voluta; diffamatrice nel ricordare a convegni e tv la stagione ripugnante del voto si scambio che aveva trasformato in una triste barzelletta tutte le competizioni elettorali che si svolgevano in città.
Talmente imbarazzanti, che il senatore Antonio Azzollini, abile calcolatore dall'occhio clinico e il fiuto buono, li ha scaricati spicciativamente, piazzando in contemporanea della presentazione di I like Molfetta (non scherziamo il nuovo “contenitore politico” si chiama proprio cosi) una riunione politica di Ncd che ha cosi tenuto alla larga i consiglieri Carmela Minuto e Luigi Roselli dall'imbarazzante show che invece aveva seguito alla Fabbrica di San Domenico (un risentito Saverio Tammacco, ha addirittura chiamato in causa l'elezione del presidente Mattarella per attaccare gli ex cugini di coalizione definiti “incoerenti”). Alla fine i vari  Ninni Camporeale, Mariano Caputo, Pino Amato, Saverio Tammacco e compagnia cantante, aizzati dalla chiassosa claque che ha affollato la sala Finocchiaro, hanno esaurito l'elenco delle offese possibili e immaginabili e la stessa Paola Natalicchio, più che un avversario politico, si è ormai trasformata per i Ninni's boys in un ossessione, un impaccio, un incubo da deridere, umiliare, calpestare per renderla piccola e scacciarla via (nella foto: Mastropasqua, Caputo, Amato, Tammacco, Pisani, Camporeale)

Da una compagine così assortita, non era lecito chiedere lucidità critica e acume polemico, non ci si aspettava una requisitoria incalzante ma composta. Eravamo tutti rassegnati al lessico da osteria, ai toni da invasati che più che con la politica hanno a che fare con le curve isteriche degli ultras che ogni domenica affollano gli stadi. Ma non così. Tanto osceni da essere surreali. Non ci si può proprio credere: davvero Pino Amato, resuscitato in fretta e furia da Ninnì Camporeale e condannato per voto di scambio in primo e secondo grado, ha attaccato il nostro giornale, Quindici, accusandoci di infangare tutto e tutti per interessi di bottega? La storia dell'addetto stampa del sindaco e della sua segretaria sono copioni ormai logori che la destra di Ninnì ha mandato giù a memoria decine se non centinaia di volte.
Lo stesso vale per le accuse di immobilismo rivolte all'assessore all'urbanistica Rosalba Gadaleta, o per la storia dei negozi che abbassano le saracinesche, giorno dopo giorno assediati dal fiscalismo esasperato della Repubblica sovietica di Molfetta, che Paola la “rossa” guida spietata e irreprensibile con piglio marxista-leninista, oppure quella degli imprenditori frustrati e disperati perché precipitati nello sprofondo della crisi economica innescata dalle politiche dell'attuale amministrazione. Roba sentita e risentita mille volte.
Eppure il giovane Antonello Pisani che maneggia, con qualche impaccio, foto grandi come manifesti e che mostrano cassonetti assediati da sacchetti di rifiuti, strade buie ostruite da materassi e tubi da acciaio, come può non fare impressione?
O Pietro Mastropasqua, consigliere comunale che con aria solenne mette subito in chiaro le cose: “Paola Natalicchio è una bugiarda, che infanga e offende. E' quindi indegna di ricoprire questo ruolo. Da oggi io non la considero più il sindaco di Molfetta. Per me non lo è più”. E poi aggiunge una storiella da accenti nord coreani: “la Natalicchio ha incontrato una scolaresca. Un bambino le ha chiesto: sindaco ma come si sceglie un assessore? E lei ha risposto: io gli ho scelti con la meritocrazia e non con il clientelismo come la destra. Che vergogna! E poi non sapeva nemmeno se fosse la scritta S. P. Q. M. E' dovuta andare su Google a cercarla”. Più Cettola Qualunque che Almirante.
E anche Saverio Tammacco: “Paola Natalicchio non ha fatto niente. Ormai vive a Roma e a Roma tornerà perché dei molfettesi non se ne frega niente. Adesso potrà tornare lì dalla sua famiglia”. Nemmeno l'ombra dell'imbarazzo per il politico che tra un pugno di ore ufficializzerà la propria discesa in campo alle regionali a fianco di Michele Emiliano, nel campo del centrosinistra? Di Mariano Caputo, noi di Quindici abbiamo seguito le evoluzioni canore in consiglio comunale, da tempo immemore,  e la città medievale immersa nel terrore, nelle oscurità e nelle tenebre, che prende a descrivere con tanto impegno ogni volta che parla in pubblico, la conosciamo bene. Ma la sua spudorata difesa dell'aggressione che il sindaco ha subito qualche giorno fa a Lama Scotella (in sala ieri sera, molte delle protagoniste di quella giornata) ha lasciato il segno: “Paola Natalicchio deve parlare con tutte le classi sociali anche quelle deluse dalle sue promesse tradite. Io ero lì e non è successo nulla di rilevante. Se servirà testimonierò a favore di quelle persone”.
Tra insulto più e insulto meno, tra qualche foglio bianco agitato con piglio trionfante (“saranno riempiti dalla firme con la quale manderemo a casa il sindaco” ci ricorda Caputo) idee, progettualità e visioni latitano.
Questo manipolo sconclusionato di macchiette, dovrebbe non solo non inquietare ma addirittura strappare un sorriso. In altri anni, in un'altra Italia, sarebbero stati materiale per una commedia di Alberto Sordi, perché si sa non c'è niente di più distruttivo di una bella, salvifica risata. Oggi, rientrerebbero nel cast di qualche cinepanettone dei più brutti (non che ce ne sia qualcuno bello, comunque...). Li guida Ninnì Camporeale. L'uomo solo al comando, che con spigliata destrezza guidava la corazzata del centrodestra alle comunali del 2013, certo della vittoria risolutiva.
E invece no e adesso inconsolabile e inconsolato, lui che credeva in un futuro da Azzollini, procede nella nebbia dell'incertezza con lo sguardo fisso nello specchio retrovisore, relegato al lavoro da retrobottega, alla retroguardia politica, sognando di abbattere Paola, la “rossa”, Paola l'incubo, Paola la “ragazzina” che sognava una città diversa e in nome di quella l'ha battuto.
Ecco, è quell'idea che Ninnì e co non possono tollerare e per sradicarla daranno fondo alle loro residue energie.
Non ci riusciranno.

© Riproduzione riservata

Autore: Onofrio Bellifemine
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