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Napoleone Colajanni e il federalismo democratico (III parte)
21 luglio 2008

NAPOLI – 21.7.2008 Unità e accentramento per Colajanni, che in questo modo rovesciava la prospettiva dei suoi avversari, erano tra loro in contraddizione. L'unità doveva fondarsi non sull'uniformità ma sul rispetto e la salvaguardia delle specificità. Per questo motivo, secondo Colajanni, il decentramento doveva essere accompagnato dal suffragio universale e dal referendum, che avrebbero garantito alle masse lavoratrici il loro inserimento nel processo di rinnovamento locale e per ciò stesso nazionale, spezzando il monopolio elettorale che in Sicilia come nel resto del Mezzogiorno, era detenuto dalle classi agiate. Bisogna osservare che Colajanni se da una lato ebbe il merito di evidenziare il nesso dialettico che intercorreva tra questione territoriale, questione sociale e questione politica. Comunque, Colajanni, facendosi interprete delle istanze autonomistiche emerse dal movimento dei Fasci siciliani, «andò sempre più calando» il suo federalismo «all'interno dei problemi concreti di fine secolo». Negli anni '80 Colajanni aveva scritto un saggio, Le istituzioni municipali, in cui, soprattutto da un punto di vista teorico, aveva individuato nel Comune l'incarnazione del principio di libertà, il legame tra l'individuo e lo Stato. L'Italia, secondo Colajanni, che si riallacciava all'idea di nazione policentrica di Carlo Cattaneo (foto), aveva avuto una lunga e gloriosa tradizione di autonomie comunali, che ne aveva favorito lo sviluppo sociale, economico, civile e culturale. L'unità monarchica aveva posto definitivamente una «cappa di piombo» su tutte le «espansive libertà» precedentemente garantite dalle autonomie. Infatti, Colajanni sosteneva che con l'unificazione monarchica il municipio italiano era divenuto una semplice appendice dello Stato. Ciò, secondo Colajanni, favoriva la corruzione e il clientelismo facendo allontanare le forze sane e propositive dalla partecipazione alla vita politica locale. L'analisi del modello americano aveva indotto Colajanni a paragonare la libertà comunale alla libertà dell'individuo. Per risollevare i comuni italiani dalla «palude» in cui erano caduti alla loro antica e gloriosa tradizione di autonomia, incentrata sui nuovi principi democratici, Colajanni propose una serie di riforme culminanti nell'introduzione del referendum, quale garanzia di governo diretto, contro gli sperperi e le corruzioni dovuti al sistema rappresentativo. Il referendum avrebbe permesso ai cittadini di controllare l'operato dei loro rappresentanti. Valutando il progetto di Colajanni a partire dal modello euristico tratto dalla lettura del Federalist, emerge che esso, coerentemente alla teoria del Federalist, si incentra sulla conciliazione del principio dell'unità con quello dell'autonomia. Infatti, secondo Colajanni, l'unità dello Stato, garantita da un governo federale, doveva essere contemperata dell'autonomia dei governi comunali, il cui ambito di competenze politiche e non semplicemente amministrative, avrebbe limitato l'ambito di competenze del governo centrale. Entrambe le sfere di governo poi, secondo Colajanni, dovevano poggiare su un principio di legittimazione democratico: il suffragio universale. Tuttavia, tra il progetto federalista di Colajanni e il modello euristico tratto dal Federalist c'è una differenza sostanziale: nel primo i detentori dei poteri politici, concernenti le materie di interesse locale, sono gli enti locali, e in modo specifico i comuni, nel secondo, invece, vengono indicati con maggiore risalto gli Stati associati. Questa differenza si spiega in base a due motivi: uno di ordine storico, l'altro di ordine ideologico-politico. In base al motivo di ordine storico, si deve osservare che mentre i saggi del Federalist furono scritti per sostenere la fondazione degli Stati Uniti d'America, sorti quando fu fondato un potere politico comune nell'area degli Stati sovrani ed indipendenti preesistenti il progetto di Colajanni, invece, si situava in una situazione storica diametralmente opposta, in quanto in Italia ci si poneva il problema di passare da uno Stato unitario, fortemente centralizzato, ad uno di tipo federale. Passaggio che non poteva essere realizzato mediante la creazione di Stati indipendenti, ma mediante il riconoscimento agli enti locali di determinati poteri politici. Si tratta, in altri termini, di un percorso di accesso al sistema federale inverso a quello tradizionale. Mentre questo andava dalla pluralità all'unità (federalismo centripeto), quello del Colajanni, invece, andava dall'unità alla pluralità (federalismo centrifugo). In base al motivo di ordine ideologico-politico, si deve osservare che mentre il modello euristico tratto dal Federalist, è il frutto di una prospettiva liberale, maggiormente interessata a risolvere il problema riguardante la divisione dei poteri, Colajanni, invece, fondava il suo progetto politico sull'ideale della democrazia partecipativa, ossia sulla fiducia nell'autogoverno delle masse popolari. Pertanto, lo studioso siciliano non propose, anche per questo motivo, la divisione dei poteri tra gli Stati, in quanto questi, secondo la sua prospettiva avrebbero moltiplicato il sistema dell'accentramento burocratico-amministativo, ma tra governo centrale ed enti locali, che avrebbero garantito alle masse popolari un coinvolgimento più diretto nella gestione della cosa pubblica. Salvatore Lucchese
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