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Molfetta, la piazza del pesce come cuore della città
30 settembre 2015

MOLFETTA - Quando ero piccolo andavo spesso alla piazza del pesce. Sono cresciuto sul porto, tra i pescatori, e la piazza era il cuore della comunità. Non solo della loro comunità, ma della città intera, che aspettava l’arrivo dei pescherecci e si accalcava fra le bancarelle. La piazza è proprio lì sul porto, dall’entrata hai tutto lo specchio della banchina, ed è un continuum fra i pescherecci che arrivano e gli scaricatori di porto che lasciano le cassette sui gradini.

La piazza non è una pescheria, lì isolata in qualche punto di Molfetta. E’ tutt’uno col porto, con i marinai, coi pescherecci che arrivano, con una comunità che ha le sue radici nel mare e nell’apertura a mille tradizioni.

In questi anni la pesca ha subito colpi dannosissimi. La diminuzione drastica, violentissima, del pescato, i problemi di salute dei pescatori connessi con la presenza di ordigni bellici a caricamento speciale e con l’inquinamento, la crisi complessiva del settore.

La pesca non esprime più lo spirito di una città. E’ un campo di battaglia, in costante sacrificio e restrizione, e il risultato è una guerra fra poveri. Ad essere distrutta, l’altro giorno, è stata solo la parte della piazza riservata ai pescatori e ai pescherecci della giornata. Sono immagini che fanno male, certamente, ma che mostrano un settore in disfacimento, e una città che perde quel riferimento simbolico, serbatoio di identità, dato dal mare e dalla pesca.

Tante città marinare, pure in crisi, stanno rilanciando la funzione della pesca e dei pescherecci con progetti di pesca-turismo e di valorizzazione delle tradizioni. Ma per questo sono necessarie visioni politiche a lungo termine, in cui le istituzioni vedano nel mare il luogo di radicamento di una comunità. L’apertura, la contaminazione, sono state la cifra di una città che attraverso il mare ha rotto confini e barriere.

Non è solo vandalismo, non è un attacco contingente di qualche elemento “esterno” alla comunità. La distruzione di una parte della piazza è tutta interna alla crisi della pesca, che è la crisi di una città che stenta a ripensarsi nel segno dell’apertura, dell’autovalorizzazione, della crescita, rompendo il paradigma della crisi e dell’emergenza. Alla distruzione della piazza non si risponde con una comoda condanna dei teppisti, dell’insensibilità ecc., ma rendendo nuovamente centrale, in città, quei luoghi, lì sul porto, che non sono neutri, ma che producono soggettività.

Il mare, la pesca, non sono elementi casuali per Molfetta. E il porto non è un fattore neutro, da sfruttare per ricavarne profitto. Rappresenta la storicità della città, la posta in gioco per qualsiasi politica di sviluppo che rispecchi i rapporti materiali che innervano la comunità.

© Riproduzione riservata

Autore: Giacomo Pisani
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