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Molfetta in mano ai contrabbandieri della politica. Occorre un cambiamento
Illustrazione di Ricardo Martinez
27 giugno 2021
Sparare? Sperare? Devo dirlo con franchezza. A Molfetta abbiamo vissuto di rendita. Prima abbiamo camminato verso valori forti: giustizia, sviluppo, solidarietà. Mons. Antonio Bello e Guglielmo Minervini, i protagonisti delle due principali agenzie formative e “politiche”, quei valori ce li cantavano tutti i giorni e offrivano le note anche all’opposizione. Checché se ne dica (a cominciare da me), anche la destra, cioè Antonio Azzollini, faceva il controcanto e stava a suo modo nello spartito. E come capita alle famiglie “decadute”, Molfetta ha progressivamente perduto il tono e le parole di quelle canzoni. I contrabbandieri, i vissuti del sottobosco, hanno progressivamente preso il sopravvento, si sono impadroniti del vecchio vocabolario e ne hanno prostituto il significato. Devo dirlo senza animazione. Nel frattempo è cresciuta anche a Molfetta una generazione liquida, comunque nuova di elettori nutriti di berlusconismo, di politici di basso profilo, abili più a servirsi che a servire, di formatori più impiegati che animatori, tutti che, oltre a non riconoscere i propri limiti (con chi dovrebbero confrontarsi se non si hanno più le fotografie ingiallite degli ascendenti?), fanno fatica a esprimere significativi modi di comportamento. Devo ammetterlo con sincerità. Non è corretto crocifiggere un vescovo, sicuramente buono d’animo, che deve nuotare in un mare troppo inquinato, come quello di Molfetta, dove è arduo vedere il fondo o gli scogli per evitarli e neanche per appoggiarsi. Certo, talune situazioni, a partire dal pranzo ai poveri serviti dagli amministratori in magliette dedicate, dalla collocazione del monumento a don Tonino senza autorizzazioni, e giungere a comparizi celebrativi, sono state discutibili, frutto non tanto della perdita di distinzione tra il profeta e il re, quanto della forte capacità lusingatrice della corte. Ma ora, consentire l’effetto domino della incriminazione a catena, partendo dai politici arrestati, dal sindaco indagato e arrivare a lui, mi sembra ingiusto oltre che pericoloso. Non possiamo affatto sottovalutare che oggi la chiesa esprime, nonostante tutto e con molta fatica, pure con gli arroccamenti in sagrestia favoriti da un laicato incoraggiato a essere clericale, la nobiltà del suo mandato, del suo passato, e testimonia contenuti edificanti, aggregazioni positive e azioni esemplari. Senza la chiesa e la famiglia veramente ci sarebbe da rassegnarsi alla notte. Devo dirlo con chiarezza. Chi sta cercando di porre riparo? Sicuramente un volontariato forse troppo nascosto, a partire da quello ecclesiale, che sta offrendo testimonianza di trasparenza, generosità e solidarietà; è un volontariato che riesce a richiamare che la società cresce non perché i cittadini, compresi i politici, non commettono reati ma perché fanno trasparire onestà e solidarietà. Sicuramente la scesa in campo di “Rinascere”, anche se pesa l’eccesso di verbalismo, di astrattezza, di distanza dalle nuove generazioni e dalle periferie, facilissimi serbatoi di voti comprati con un panino. Sicuramente Area Pubblica e altre forze della sinistra storicamente più radicate in quelle periferie e testimoni credibili di vicinanza ai problemi più duri della politica. Non sicuramente la destra muta sulla situazione a Molfetta. Non sicuramente una pseudo società civile che ha permesso il proliferare di listini civici, cioè serbatoi padronali di voti pronti a vendersi al secondo e terzo offrente, come anche oggi sta avvenendo. Non sicuramente le stesse predette forze se si mettono a litigare per le poltrone. Devo dirlo con speranza. Lo spettacolo deve cambiare, può cambiare. Non è solo questione di nostalgia del passato. Come canta Vasco Rossi, ho bisogno di nostalgia del mio e nostro domani.
Lazzaro Gigante
(Illustrazione di Ricardo Martinez).
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