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Molfetta dica no all’esclusione e al razzismo. La vicenda della nave Aquarius e i commenti assurdi all'appello di "Quindici"
12 giugno 2018

MOLFETTA - L’appello di “Quindici”, ieri, che invitava il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, ad aprire il porto alla nave Aquarius, sull’esempio di molti altri sindaci in tutta Italia, è stato accolto da un’ondata di critiche. Commenti di indignazione, rabbia, accuse al giornale, colpevole di anteporre gli interessi dei migranti a quelli degli italiani. “Ospitateli a casa vostra”, era il commento più ricorrente.

Insomma, l’Italia agli italiani, e Salvini fa bene a chiudere i porti e a lasciare più di 600 persone in mare. Questa deriva culturale, che sta investendo Molfetta negli ultimi tempi, desta dispiacere ma, al contempo, è pericolosa e preoccupante. Molfetta è una città aperta, che attraverso il porto si è contaminata, vivendo la diversità come una ricchezza e non come una minaccia. Inoltre, generazioni di molfettesi sanno cosa significa dover lasciare la propria terra aggrappandosi alla sola speranza, confidando nell’ospitalità degli altri.

Ma, soprattutto, Molfetta è stata la città che ha vissuto l’episcopato di don Tonino Bello, il vescovo degli ultimi, che ci ha mostrato cosa significa sfidare regole, gerarchie e poteri per combattere le disuguaglianze. Don Tonino, quando nel 1991, a Bari, arrivò la Vlora con 20mila albanesi a bordo, corse al porto e poi allo stadio della Vittoria, dove i migranti furono sistemati. La sua reazione indignata alle modalità in cui furono accolti può essere colta nelle parole di un articolo che subito dopo scrisse sull’Avvenire, inimicandosi  ministri e potenti. Vale la pena di riprendere alcune parole: «Le persone non possono essere trattate come bestie, prive di assistenza, lasciate nel tanfo delle feci, mantenute a dieta con i panini lanciati a distanza, come allo zoo, senza il minimo di decenza in quel carnaio greve di vomiti e di sudore; forse come credenti avremmo dovuto levare più forte la nostra condanna ed esprimere con maggiore vigore la nostra indignazione. Sono sconfitti e umiliati gli albanesi; sconfitti e umiliati anche noi, perché costretti a sperimentare ancora una volta come la nostra civiltà, che nella sbornia di retorica si proclama multirazziale, multietnica e multireligiosa, non sa ancora dare quelle accoglienze che hanno sapore di umanità».

Solo un paio di mesi fa Molfetta ha accolto Papa Francesco, sulle orme di Don Tonino. Il messaggio del papa è un messaggio rivoluzionario, che mira all’abbattimento dei muri e dei confini, materiali e non solo, che determinano ricatti, esclusioni e gerarchizzazione. Il migrante non è nemico del povero o dello sfruttato italiano. I nemici sono quei poteri che, oggi, determinano la subordinazione e l’esclusione di entrambi.

E se l’Europa, in questo momento, è teatro di disuguaglianze materiali profonde, non si può fare la voce grossa sulla pelle delle persone. È necessaria, piuttosto, un’alleanza trans-nazionale che, a partire dalle esperienze territoriali, opponga a quest’Europa le ragioni della dignità, della solidarietà, della democrazia. Per questo, il gesto dell’amministrazione a sostegno della nave Aquarius, ieri, sarebbe stato importante, e le reazioni scomposte di tanti cittadini non fanno onore alla nostra città. Non fanno onore al nostro porto, alla nostra apertura alle differenze, che ha fatto di Molfetta una città di pace e di accoglienza.

© Riproduzione riservata

Autore: Giacomo Pisani
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