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Molfetta 1890-1894
15 ottobre 2020

Quella che ha visto la luce nell’estate 2020, dopo una lunga e laboriosa gestazione, Molfetta 1890-1894. Liberali, Monarchici, Repubblicani, Anarchici, Radicali, Socialisti e Cattolici ai tempi di Mons. Corrado e della rivolta nel Seminario Vescovile, è un’opera storiografica di grande pregio e rilievo, una vera e propria lezione metodologica, offerta dallo scrittore Marco Ignazio de Santis ed edita nei Quaderni dell’Archivio diocesano di Molfetta - Ruvo - Giovinazzo - Terlizzi. Storico, poeta, narratore, demologo, lo studioso, tra i maggiori esperti di Gaetano Salvemini a livello internazionale, pennella con maestria uno spaccato quinquennale della storia della nostra città, che rappresenta al contempo un itinerario affascinante e rigoroso nelle vicende dell’Italia di fine Ottocento. Una penisola il cui cammino s’inarca tra le disinvolte manovre elettorali di Giolitti (e in seguito proprio Salvemini ne avrebbe pagato lo scotto), lo scandalo della Banca Romana, il governo crispino, le agitazioni promosse dai Fasci siciliani, la caccia alle streghe contro i socialisti e gli anarchici. Proprio quest’ultima finirà con il coinvolgere un personaggio molfettese che de Santis presenta con particolare cura, Sergio De Cosmo, perseguitato dalla giustizia nonostante le sue condizioni fisiche, che l’avrebbero portato a spegnersi a soli trentadue anni, rendessero ben improbabile un suo attivo impegno nell’orditura di intrighi e attentati. Un idealista, pronto ad asserire: “io vivo per l’anarchia e sarei pronto a sagrificare per essa la mia libertà, la mia vita, i miei beni, se ne avessi”. Nell’affresco tracciato da de Santis le vicissitudini dei vari De Cosmo, Gioacchino Poli – cui spetta il ruolo di protagonista indiscusso della narrazione storiografica –, Pansini, Nisio, dei sindaci Michele Carabellese – prematuramente scomparso – e Mauro De Nichilo si rinsaldano all’attivismo sul palcoscenico nazionale di figure come Giovanni Bovio, Matteo Renato Imbriani Poerio e Felice Cavallotti. Nel seguire i movimenti dei protagonisti degli eventi molfettesi, De Santis finisce col ricostruire abilmente anche momenti drammatici della storia delle città vicine. Un esempio sono i disordini scoppiati ad Andria per il rinnovo del consiglio comunale, durante i quali si verificò un vero e proprio attentato al radicale molfettese Gioacchino Poli. Per la sua nuova opera de Santis sceglie un impianto annalistico, organizzando la materia in cinque capitoli, corrispondenti ciascuno a un anno compreso tra il 1890 e il 1894, con poi l’offerta al lettore di una preziosa appendice, che reca – tra l’altro – il testo in molfettese delle tre satire ispirate dalla scriteriata condotta del vescovo Mons. Corrado, peraltro mal consigliato, e dalla rivolta dei seminaristi, momento clou dell’opera. Con riferimenti alla rivolta dei seminaristi si apre il volume, per poi mostrare come ad essa si fosse pervenuti, seguendo l’ascesa episcopale di Pasquale Corrado e le vices del Seminario, con la stimolante e controversa questione del pareggiamento del Liceo. La figura di mons. Pasquale Corrado viene sin dal primo momento scolpita con pochi vigorosi tratti; ne emerge subito l’indole autoritaria e, almeno apparentemente, votata più a impuntature su elementi esteriori e superficiali delle manifestazioni di religiosità e culto che alla cura dell’essenza dello spirito cattolico. Però, quello che caratterizza il volume è proprio il fatto di essere una storia collettiva e non prosopograficamente concentrata su poche figure determinanti. Per questo, la vicenda episcopale corre parallelamente a quella dei seminaristi e persino dei liceali convittori: a tal proposito indicativo è proprio il paragrafo dedicato allo scambio di fotografie tra due studenti, fra i quali era nata una relazione di amicizia. Il repertorio fotografico è un altro dei punti di forza del lavoro dello storico: spicca su tutti un “Gioacchino Poli travestito da frate”, ulteriore tassello alla dipintura di quello che appare uno dei più notevoli artefici degli eventi di questo intrigante scorcio di storia molfettese e italiana. L’opera si connota per un movimento narrativo che si sviluppa a tutto tondo. La storia di Molfetta è sviscerata in ogni suo aspetto. De Santis non si limita all’histoire événementielle né tantomeno a delineare il dibattito politico. Della nostra città rivivono i salotti di fine Ottocento, tra matrimoni, battesimi e feste danzanti, con le esibizioni canore delle giovinette in età da marito. De Santis dà conto degli spettacoli tenuti presso il Teatro comunale cittadino, riportando stralci di recensioni d’epoca, fotografie, ricostruendo il background della cultura molfettese, non a caso facendo riferimento anche all’epiteto di “Atene delle Puglie” (ahimé, ormai decisamente anacronistico). Si ricordano le figure di letterati (un esempio è Pasquale Samarelli), i docenti; eventi di cronaca e frivolezze mondane pennellano un affresco godibile della Molfetta fin de siècle. De Santis riesce benissimo anche a sottolineare come il dibattito politico si riverberasse pervasivamente nella vita quotidiana molfettese: l’esempio più canonico credo sia incarnato dalla rivalità tra due complessi bandistici, quello comunale (a tal proposito ci piace ricordare il bell’e dettagliato volume di Gerardo de Marco sulla “banda musicale di Molfetta”) e quello privato, guidato dal compositore napoletano Riccardo Rasori. La forza dello scrittore si ravvisa nell’eleganza dello stile, nell’ironia, che, senza mai sfociare nel sarcasmo, rivela la natura spesso assurda della commedia umana, e, non ultimo fattore, nelle doti di narratore. Esse appaiono evidenti, per esempio, nell’episodio della serrata dei forni, ma soprattutto nella rievocazione della rivolta dei seminaristi, una pagina deliziosa che coniuga il rigore storico (con apertura al pluriprospettivismo delle fonti) con la capacità di delineare un sapido ritmo da vaudeville. Insomma, un volume di grande pregio, un altro prezioso e rigoroso tassello nella produzione scientifica di Marco Ignazio de Santis. Un lavoro meritevole, accanto agli scritti salveminiani del Nostro, di tutta l’attenzione non solo degli studiosi e dei cultori della materia in Italia e all’estero, ma – cosa che potrebbe apparire scontata e purtroppo non lo è – dell’intera nostra comunità cittadina. © Riproduzione riservata

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