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Mario Albrizio nuovo coordinatore del progetto dell'ospedale unico del Nord Barese Dopo che il dr. Felice Spaccavento si era dimesso sentendosi preso in giro dalle promesse non mantenute di Emiliano
Mario Albrizio
05 ottobre 2018

 MOLFETTA - Mario Albrizio è il nuovo coordinatore del progetto per l'ospedale unico, prende il posto del dimissionario dr. Felice Spaccavento.

Filosofo, Storyteller e Communication Strategist, Albrizio è fin dall'inizio nel Progetto, di cui ha curato la Comunicazione in tutte le sue forme.
È autore della Carta di Ruvo ed è stato il più stretto collaboratore del dr. Spaccavento. In pratica, una scelta di continuità.
Ricordiamo che il dr. Spaccavento si era dimesso, perché deluso dalle promesse, mai mantenute del presidente della Regione Puglia, il quale, pur avendo sottoscritto la Carta di Ruvo, ha poi abbandonato il suo impegno per l’ospedale unico assunto davanti a centinaia di cittadini.

Albrizio ha ricordato che: «la Salute dipende anche da fattori extra-sanitari, a cominciare da un pieno, corretto e leale rapporto con le Istituzioni che rappresentano i Cittadini.

La politica ammala. La Politica cura. Una Politica con la maiuscola, chiara, trasparente, rispettosa e non ultimo ambiziosa, la Politica che anziché limitarsi a distribuire posti e favori prova a far funzionare davvero le cose - è una medicina potente. E la stessa Medicina ha bisogno di una Politica sana per rendere al massimo. D’altra parte, cosa è il disastro sanitario in cui versa il nostro Territorio, con Ospedali monchi che ancora si stenta a riunire in un Ospedale Unico finalmente ben attrezzato?».
Secondo Albrizio «appare profondamente ingiusto, e stavo per dire quasi criminale, penalizzare ulteriormente la vasta area impropriamente chiamata nord-barese, quasi fosse periferia o dépendance del capoluogo - e che è invece area di antica millenaria Cultura, Storia e Identità. Un’area che comprende quasi 200mila abitanti, con un territorio otto volte più grande di quello di Bari; con una situazione viaria, dei trasporti, geomorfologica estremamente complessa, dall’Alta Murgia al mare.

Un’area lunga 80 km e larga 30, con sei città e almeno tre grosse frazioni, per un totale di 200mila italiani e pugliesi condannati di fatto, con l’ultimo piano di riordino, a un genocidio sanitario.

Alla desertificazione delle già carenti strutture sanitarie esistenti, in un Territorio dove i posti-letto sono già, incredibilmente e senza che ciò abbia fatto scandalo, un quarto della media regionale».

Dopo aver ricordato la firma della Carta di Ruvo e l’impegno di Emiliano a rispettarla, Albrizio ha sostenuto che «la partita dell’ospedale unico, è una partita che non possiamo perdere. Lo dobbiamo a noi e soprattutto ai nostri figli e a quelli che verranno dopo.

La nostra strategia perciò è molto chiara: innanzitutto riprendere immediatamente i contatti col vertice regionale, per realizzare finalmente quanto è stato promesso e firmato nella Carta di Ruvo.

Siamo disposti a qualunque tipo di collaborazione, con una Commissione tecnica o con qualunque metodologia si voglia seguire, purché l’obiettivo sia di dare finalmente un’adeguata copertura sanitaria a questo territorio e ai suoi 200 mila Cittadini, bambini, donne, uomini, giovani, anziani - che non sono figli di un dio minore.

Cittadini che hanno diritto, in caso di bisogno, a una possibilità di salvezza e di cura se non uguale, almeno paragonabile a quella degli altri cittadini pugliesi e italiani.

E’ la battaglia della partecipazione, della consapevolezza, dell’impegno informato: le uniche “armi” che possano sottrarre la Sanità (e la Cosa pubblica) al solito andazzo. Basta guerra tra poveri, tra testate, tra città, tra categorie. Siamo tutti sulla barca e abbiamo tutti lo stesso destino. Salvarci o perire. E per salvarci abbiamo bisogno dell’impegno di tutti. Noi siamo a disposizione. Prima o poi saremo tutti pazienti. Tutti malati. Impariamo allora a diventare medici di noi stessi, costruendo insieme un sistema sanitario territoriale all’altezza delle nostre aspettative e delle nostre speranze, e non ultimo dei nostri diritti costituzionali».

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