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Lucio Lombardo Radice e la pedagogia della politica
03 novembre 2008

NAPOLI - 3.11.2008 Come rilanciare il rapporto tra pedagogia e politica? E come evitare che il pur necessario rilancio di un loro dialogo si trasformi in un rapporto di subordinazione della prima nei confronti della seconda, o, peggio ancora, di acritica identificazione? A quali autori, soprattutto contemporanei, bisogna fare riferimento? A tali quesiti, che costituiscono il cuore problematico del testo, lo studioso offre delle risposte che rappresentano un contributo originale alla configurazione di un nuovo paradigma pedagogico-politico. Innanzitutto, sulla base delle posizioni teoriche di Franco Cambi, Sirignano evidenzia l'inquieto rapporto che deve collegare pedagogia e politica. Un rapporto basato sulla logica dell'antinomia, che pur all'interno di una prospettiva di mediazione, deve garantire l'autonomia e la valenza critica della pedagogia nei confronti della politica, ora in un rapporto di contrapposizione, ora in un rapporto di reciproco ascolto e di collaborazione. Pena lo scadere della pedagogia a mera consigliere del Principe o a voces clamantes in deserto. Attraverso un'esaustiva ricostruzione dell'esperienza del fascismo e dell'educazione nazionale, lo studioso denuncia, altresì, la deriva totalitaria insita in un processo di risoluzione/dissoluzione della pedagogia nella politica. Il regime fascista – osserva Sirignano – presta una grande attenzione alla cultura e ai ceti medi intellettuali che la elaborano e la diffondono, ai fini di un'opera di pedagogia politica capace di nazionalizzare e fascistizzare gli italiani. Procede utilizzando le istituzioni culturali esistenti, dalla scuole alle accademie; ne fonda anche altre, quali enti di propaganda, veri e propri strumenti e canali di diffusione di un'ideologia e una cultura funzionale al progetto di uniformare la società al modello fascista. Ma proprio in contrapposizione alla declinazione totalitaria della pedagogia politica, si assiste, nel più generale clima antifascista, all'elaborazione di una variegata ed articolata serie di contributi teorici e di esperienze educative, che, sviluppandosi durante la Resistenza e la Ricostruzione, delineano un nuovo modello di pedagogia della politica, incentrato sui valori di libertà, autonomia, partecipazione e giustizia sociale. In questo modo, Sirignano rimarca un passaggio fondamentale della storia contemporanea, che prima consente di formulare e rilanciare i valori democratici e successivamente si pone alla base di esperienze, istituzioni e modelli educativi via via sempre più coerenti ed organici rispetto ai valori di riferimento. Pur nella varietà delle posizioni e delle prospettive teorico-politiche di partenza, da Croce a Salvemini, da Gramsci a Giuseppe Lombardo Radice, da Codignola a Lucio Lombardo Radice si delinea un modello alternativo di pedagogia della politica incentrata sull'ideale di una società aperta e pluralista. Sirignano si sofferma maggiormente sulla figura di Lucio Lombardo Radice (foto), sottolineandone l'attualità delle posizioni relative alla sua idea di scuola laboratorio, incentrata sul valore formativo dello spirito scientifico. L'elemento culturale nuovo – osserva Radice – e decisivo da introdurre nella scuola di oggi, perché da essa totalmente assente, è lo spirito scientifico: lo spirito scientifico vuol dire rigore di documentazione, rigore e ardimento di deduzione logica, fantasia creatrice e insieme capacità di modificare e correggere un'idea, un'intuizione quando essa non sia confermata dalla pratica e dall'analisi della ragione. Lo spirito scientifico deve dominare tutto l'insegnamento, e l'istruzione deve avere per scopo fondamentale la formazione di una mentalità scientifica, di un habitus scientifico, o, per dirla in parole più povere ma forse non meno precise, dell'abitudine di sperimentare, ragionare, controllare, e di pensare con la propria testa. Dalle tesi di Lombardo Radice si evince esplicitamente il rapporto tra pedagogia, scuola, società e politica. La scuola – osserva Sirignano – è una istituzione che va pensata nel futuro nel senso che prepara l'uomo per la società futura e quindi, quando noi oggi determiniamo le strutture del sistema scolastico, i contenuti d'istruzione, i fini educativi, i metodi d'insegnamento noi lo facciamo su un'ipotesi di società futura. Nesso che, sottolinea Sirignano, oggi deve essere richiamato e rielaborato alla luce dell'attuale disincanto, in modo tale da rendere la scuola un'agenzia formativa centrale per l'educazione alla libertà attraverso la libertà, un luogo di confronto, di partecipazione e di dialogo teso alla formazione di un soggetto critico, responsabile ed autonomo, coerentemente alla finalità di costruzione di una società aperta, pluralista ed effettivamente democratica. Per tutti i docenti che avvertono l'esigenza di uscire dalle pastoie della burocratizzazione della loro professione esasperata dalla pedagogia programmatoria, il testo di Sirignano consente di approfondire il nesso tra pedagogia e politica, rimettendo al centro della riflessione e della pratica educativa la dimensione teorico-critica. Dimensione che pur non disconoscendo gli apporti delle scienze dell'educazione, li considera insufficienti rispetto alle domande di senso che emergono dalle urgenze del presente, tentando di riconnetterne gli apporti conoscitivi in un quadro unitariamente complesso, in cui la pedagogia non risponda più soltanto al come si apprende, ma sia capace anche di riproporre le questioni relative alle finalità generali dell'educazione, alimentando la speranza, attraverso la formazione delle nuove generazioni alla coscienza critica, al dialogo, alla creatività e alla democrazia attiva. Salvatore Lucchese
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