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Luce e Vita dal secondo dopoguerra a don Tonino Bello
15 aprile 2017

Segnaliamo il pregevolissimo studio «Luce e Vita» dal secondo dopoguerra a don Tonino Bello di Marco Ignazio de Santis, estratto da Luce&Vita Documentazione 2014/1. Lo studioso, poeta, narratore e saggista, apprezzato collaboratore di Quindici realizza un’opera importante, con la pubblicazione del «testo integrale dello studio condotto sugli anni 1945-2014, comprendente anche la relazione Luce e vita da don Tonino Bello ai nostri giorni [1982- 2014], letta la sera del 30 maggio 2014 nell’Auditorium “Achille Salvucci” del Museo Diocesano di Molfetta al Convegno per il 90° anniversario di Luce e Vita». Uno scritto che ha il pregio della capacità di coniugare sintesi e documentazione; il fitto corredo di note, infatti, rinviando agli articoli del periodico e a ulteriore bibliografia consente al lettore curioso e allo specialista di effettuare eventuali approfondimenti sulle tematiche proposte. Un ulteriore fattore di interesse è l’abilità, connaturata al De Santis storico e demologo, di illuminare un segmento fondamentale della storia nazionale e internazionale, muovendo dal micro-osservatorio delle città di Molfetta, Giovinazzo, Terlizzi e, dal 1982, Ruvo e dalle vicende del longevo periodico cattolico, fiore all’occhiello della diocesi. La storia di questi centri settentrionali del Nord barese diviene riverbero della storia d’Italia, riassumendone i tormenti, i progressi, le miserie. Si muove dalla “Puglia angustiata” reduce dall’“ incommensurabile tragedia della seconda guerra mondiale” e dalla figura encomiabile di Mons. Achille Salvucci, mentre l’Italia si preparava al referendum istituzionale. Non diversamente dagli altri centri del Sud Italia, Molfetta esprimeva ancora la propria opzione per la monarchia e, alle elezioni per la Costituente, decretava l’affermazione della DC, non disdegnando, come le vicine Giovinazzo e Molfetta, il qualunquismo. La storia del periodico diocesano procede, con alterne vicende, intrecciandosi alla storia d’Italia e della nostra terra. Si susseguono i direttori, da don Leonardo Minervini a don Girolamo Samarelli, da Renato Brucoli a don Ignazio Pansini, da don Mimmo Amato a Onofrio Losito, da don Nicolò Tempesta a Luigi Sparapano, attuale direttore. Fulcro dello studio di De Santis sono gli anni dell’episcopato di Mons. Antonio Bello, punto d’approdo della pubblicazione (le redazioni successive potranno magari essere oggetto di approfondimento in un’ulteriore fase del lavoro di ricerca). Lo scrittore molfettese delinea un efficace ritratto del religioso di Alessano, avvalendosi dei suoi scritti, della produzione omiletica e dei discorsi. L’impeto novatore di un personaggio spesso scomodo, più volte frainteso dalla stampa così come dalle consorterie politiche, emerge con nitore, proprio come l’impegno di un periodico che si pronunciò su argomenti tabù, per esempio nella rubrica curata da Guglielmo Minervini, La grana delle cose. Erano gli anni della Guerra del Golfo e della terribile guerra di dissoluzione della Repubblica titoista di Jugoslavia. Dell’esodo albanese e degli episodi di rimpatrio forzato. La stagione più difficile per l’Europa dell’Est, che doveva ridisegnare i propri destini dopo la fine dell’Urss. L’Italia violata dal terrorismo estremista negli anni di piombo continuava a esser sfregiata, in un clima di illegalità diffusa, da attentati e delitti di mafia. Gli scandali rivelavano la collusione tra potere politico e criminalità organizzata. In questa fase, “Luce e Vita” ha contribuito al risveglio delle coscienze in maniera tutt’altro che secondaria. Un plauso a Marco Ignazio De Santis per l’acribia di questo valido spaccato storico, con l’augurio che tale importante e preziosa ricerca possa proseguire e che, come auspica l’intellettuale, Luce e vita possa continuare «a porsi “alla sequela di Cristo”, soprattutto dalla parte degli ultimi».

Autore: Gianni Antonio Palumbo
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