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La politica e l’amministrazione a Molfetta: senza qualità e senza futuro per la città. Il ciambotto 2
25 novembre 2021

MOLFETTA – La politica a Molfetta è fatta sempre di confusione, di tradimenti, di cambi di casacca (in questo sport il titolo di campione assoluto resta incontrastato a Pino Amato, protagonista dell’ultima giravolta il 10 giorni), di scarsa trasparenza, di accordicchi, di prebende politiche per mantenere insieme una maggioranza scollata.

L’amministrazione di Tommaso Minervini perde pezzi che si rompono ogni giorno, ma il sindaco va avanti pazientemente e con grande opera di convinzione, forse a colpi di promesse politiche o illusorie prospettive di crescita politica, magari con l’ipocrita affermazione della città smart, delle grandi opere e quant’altro. La città che non c’è, evidentemente illude qualcuno, oppure gli argomenti più convincenti sono le prebende politiche legate alla presenza in maggioranza.

Così, pazientemente, Tommaso da esperto navigatore politico, rimette insieme i cocci della sua maggioranza (abbiamo il CIAMBOTTO 2) e si illude di una stabilità che non c’è, ma è solo fittizia, legata al personaggio politico di turno: si chiami sen. Carmela Minuto o l’immarcescibile Amato, il pronto soccorso di urgenza, anche restando sul filo dell’unico consigliere determinante per restare al governo, è sempre possibile.

La chiarezza, si sa, non è di casa a Molfetta, dove ogni operazione politica si complica, vuoi il caso come il rinvio del congresso del Pd, a causa dell’intervento della direzione nazionale che ha bloccato anche la fine del commissariamento a Molfetta e la nomina del nuovo segretario. Ma il Pd a Molfetta ha perduto ogni credibilità e dopo i casi di Piergiovanni e Facchini che hanno rifiutato di dimettersi venendo poi espulsi dal partito, avrà difficoltà a recuperare fiducia per colpa di pochi. L’errore del Pd è stato non solo quello di aderire alla giunta Minervini delle liste civiche di destra centro (oggi dei destra-destra), ma quello di aver tardato nel prendere una posizione decisa contro un pasticcio politico che ha avvalorato per troppo tempo.

Forse la paura di perdere pezzi e consensi, forse il commissario Campanella nei panni di Fabio Massimo si è sentito un temporeggiatore, insomma non proprio un cuor di leone. E gli errori e i ritardi, in politica si pagano. Oggi il risultato è che Minervini abilissimo a galleggiare anche nei marosi della politica, è riuscito a rimettere insieme i cocci di un’amministrazione fallita, per arrivare a fine mandato e conservare la poltrona nella speranza di riconquistarla nelle prossime elezioni, grazie a un quadro politico frammentato e incerto.

Un ruolo determinante l’ha svolto la sen. Carmela Minuto di Forza Italia (con simpatie leghiste) a Roma, ma scomunicata a Molfetta dall’ex sen. Azzollini e dal gruppo locale del partito, ormai sparuto e silenzioso non avendo argomenti e idee (anche lo stesso ex sindaco sembra defilato e demoralizzato). La bella Carmela ha capito di essere il voto determinante per la sfiducia a Minervini e si è guardata bene da firmare il documento che ne avrebbe sancito la caduta. Anche qui ci chiediamo, come per Pino Amato, quale è stato il prezzo politico che è stato pagato per questo suo appoggio (dall’opposizione di destra) al sindaco e alla giunta Minervini. Insomma, la sen. Minuto sa bene che non ha possibilità di essere rieletta al Senato e di non avere spazio in Forza Italia a Molfetta e sta cercando altre sponde cercando di riposizionarsi politicamente e tende la mano al gruppo delle liste civiche.

Poi c’è il solito “saltimbanco” della politica, quel Pasquale Mancini, del quale non si capisce mai quale sia il ruolo e le idee politiche: anche lui si dichiara al servizio della città, salvatore della patria e critico di Minervini dopo averne condiviso azioni e poltrone. Oggi afferma di stare a costruire una bella alternativa: forse il suo abbandono dalla politica, facendosi fondere dalla sua Officina?

Insomma, in quanto a credibilità i nostri politici lasciano molto a desiderare. Poi non meravigliamoci se i cittadini non vanno a votare e cresca sempre di più la percentuale degli astensionisti, che, però, alla fine fanno il gioco dei furbi e dei politicanti che votano e decidono le sorti della città, conservando interessi e poltrone.

Povera Molfetta, non eri mai caduta così in basso come negli ultimi anni, per colpa della mancanza di una classe dirigente o per la presenza di un'infima classe dirigente fatta di pasticcioni e voltagabbana. E resta un'aula vuota di consiglio comunale, vuota e grigia, desolatamente triste, simbolo della decadenza e del tramonto ormai inarrestabili, anche perché all'orizzonte non c'è nulla di nuovo.

Hanno forse ragione i citttadini che scelgono di emigrare?

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