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La gabbia di Anna, il libro di Maria Lovito presentato al centro antiviolenza di Molfetta
Il centro antiviolenza
18 ottobre 2019

MOLFETTA – Il dramma di una donna che cerca nell’uomo che sembra dimostrarle attenzione e amore, ma che, in realtà, diventa il suo aguzzino, quelle carenze affettive che le sono mancate nella famiglia di origine, è il tema del libro “La gabbia di Anna” scritto dall’avvocato civilista Maria Lovito e presentato nel centro antiviolenza “Annamaria Bufi”.

Anna è una donna che ha subito per lungo tempo violenza psicologica e che ha più volte denunciato suo marito da cui, ad un certo punto, ha deciso di allontanarsi trovando nel suo avvocato, l’autrice del libro, una guida ed un riferimento costante per un nuovo percorso di vita.

La storia di Anna è una storia vera, è la storia di una donna che, per lungo tempo, non si accorge della sua gabbia.

La testimonianza di Anna riflette la storia di una donna che già prima di incontrare l’uomo che la tratterà con violenza, aveva gravi carenze affettive a livello familiare. 

Anna pensa di poterle colmare nel rapporto con quest’uomo il quale la ricopre di attenzioni e la fa sentire considerata. La donna non intuisce e non ha strumenti per capire. 

In realtà, già da quando le mostra per la prima volta la sua casa, l'uomo ha ben chiaro in mente il ruolo che Anna avrà nella sua vita. La donna deve avere uno spazio che lui ha stabilito. 

Anna riceverà veti ad ogni sua iniziativa e dovrà eseguire degli ordini precisi anche nella gestione della casa.

Andare a vivere nella casa di quest’uomo significò per Anna adempiere a specifiche funzioni. 

Tutto era da lui meticolosamente predisposto. Negli ordini di quest’uomo, che diventerà poi suo marito, vi era estrema ossessività, erano ordini compulsivi. 

Se non venivano eseguiti precisamente e secondo le istruzioni ricevute l’uomo si innervosiva, la aggrediva verbalmente, le diceva che non sapeva svolgere il suo ruolo, che non era una buona moglie. 

Non vi è il minimo spazio per la donna in questa relazione e nemmeno Anna immagina di poter essere qualcosa di diverso da una moglie che si prende amorevolmente cura di suo marito, della casa e dei figli. Questa era la sua massima aspirazione, con quest’idea era cresciuta. 

“Non vi è, ancora oggi, un’educazione femminile all’autonomia, un’autonomia che deve esistere a prescindere dal compagno che andremo a scegliere” sostiene Valeria Scardigno presidente del centro antiviolenza di Molfetta.

Le violenze psicologiche diventano continue e sempre più pressanti: Anna è pesantemente umiliata, svalutata, colpevolizzata e offesa. 

Più debole è la donna, più sarà incapace di reagire e maggiore potere avrà l’uomo nei suoi confronti. Per far questo è necessario isolarla da tutti e non avere alcuna interferenza: vengono allontanati anche i familiari più stretti e gli amici. 

Anna è drammaticamente sola, non ha più relazioni, non può confrontarsi con nessuno. Ogni persona che le si avvicina e che vorrebbe frequentare viene allontanata, non è adatta. 

Anna vive da sola in attesa di violenze che hanno carattere quotidiano. Non ha speranza. Ha paura, è stanca, non ha vita dentro di sé.

È come se il suo assassinio fosse stato compiuto ma lei non fosse morta. 

Sono questi gli effetti della violenza psicologica che è la forma di violenza più grave ed è alla base di ogni altro tipo di violenza.

La violenza continuerà ad aumentare, Anna si sentirà colpevole qualsiasi cosa farà, perderà la stima in se stessa, si sentirà incapace ed è proprio questo stato psicologico ad essere l’obiettivo finale di chi violenta. 

Chi violenta ha una chiara intenzionalità, un preciso progetto e porta avanti la “mattanza”. La donna dipende completamente dal marito ed è incapace di reagire. La sua posizione è assolutamente subalterna.

Spesso le manipolazioni arrivano a livelli tali che Anna non ha alcuna consapevolezza di ciò che sta avvenendo, avverte solo un profondo e continuo senso di malessere, una strana stretta alla bocca dello stomaco, un disagio a cui non sapeva dare nome.

Nonostante tutto continua a difendere il marito, perché è questo che il marito vuole da lei, che lei pensi con la sua mente.

Alla fine, tragicamente, questa perfetta identità di vedute si verifica ed è in questo momento che il violentatore ha ottenuto il suo scopo annientando ogni resistenza della vittima, ogni sua capacità di reagire.

La donna violentata fa quello che l’uomo vuole, per evitare altre violenze, perché ad ogni contestazione i maltrattamenti aumentano, perché lui non cambia, perché se lei lo asseconda lui si prende cura di lei. 

La donna alla fine si piega. Sono poche le donne che riescono ad uscire da questa gabbia, donne come Anna.

Valeria Scardigno, da avvocato, riconosce i limiti del diritto penale anche in riferimento, ad esempio, alla prescrizione di reati gravi che, dopo un certo tempo, non sono più punibili per cui la vittima prova rabbia per l’ingiustizia, per un abuso, ad esempio, subito in tenera età, dimenticato, rimosso ma poi venuto nuovamente a galla in età adulta con cognizione piena e acquisita. 

La giustizia, afferma Valeria Scardigno, non dà giustizia, non dà riscatto rispetto a ciò che è accaduto. Il nostro sistema giuridico non è orientato dalla parte della vittima. La vittima viene sempre vista come una possibile bugiarda, occorre capire se mente. 

Maria Lovito, autrice del libro, sostiene che il riscatto non avviene attraverso la giustizia ma ad altri livelli ovvero attraverso un lavoro che la donna riesce a fare su se stessa, guidata, ad esempio, da un avvocato che la assiste e da uno psicoterapeuta che si occupa della ricostruzione del suo progetto di vita.

Presenti all'incontro, interessati all’ascolto e al confronto, alcuni rappresentanti delle istituzioni comunali.

Angela Panunzio, assessore alle pari opportunità del Comune di Molfetta, si dichiara lieta della sinergia creatasi tra i due centri antiviolenza e della collaborazione finalizzata ad un’opera di prevenzione del fenomeno. 

La violenza è un problema sociale di grande entità, ciò che si sa è ben poco e sono tante le storie sconosciute. Ben venga ogni attività che porti ad informare e a sensibilizzare.

Ottavio Balducci, assessore alla socialità del Comune di Molfetta, che parla anche da pediatra, chiede una rivalutazione, un recupero del ruolo genitoriale e delle responsabilità degli adulti, non bisogna demandare solo alle istituzioni scolastiche la responsabilità dei processi educativi. 

L’educazione sentimentale, l’educazione al rispetto dell’altro deve essere fornita ai nostri ragazzi e il nostro confronto con loro deve essere serrato e continuo. 

Rosalba Secchi, consigliera comunale di Molfetta, è da anni in prima linea, insieme alle operatrici del centro antiviolenza, nel combattere la diffusione della violenza di genere. 

Si chiede se per gli uomini maltrattanti, quelli che agiscono violenza sono previste forme specifiche di trattamento. 

La psicologa e presidente del centro antiviolenza di Andria, Patrizia Lomuscio risponde che vi è una, purtroppo annosa, carenza di fondi già per le strutture a protezione della donna e quindi, proprio per questa ragione non esistono ancora servizi strutturati per gli uomini ma è in corso una sperimentazione nazionale per presunti maltrattanti. 

Essi non possono, tuttavia, essere accolti nei centri antiviolenza: vi è una specifica normativa a protezione delle donne. 

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