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L'occhio degli altri lo spirito di don Tonino
15 gennaio 2013

È come riassaporare un verbo di preghiera e carità, soprattutto di speranza. Con le parole di don Tonino Bello la pièce «L’occhio degli altri» Mimmo Amato e Tania Adesso hanno rievocato con delicata intensità la pienezza messianica del magistero del servo di Dio. Diversi i quadri scenici, a partire dai poveri di Bariloche (Argentina): don Tonino intuisce e riconosce nella figura di una bambina, Milagro, che sogna le «evoluzioni degli aquiloni», e nella lettura del Vangelo il crepitare del fuoco della speranza è intuito. I valori della carità, dell’amore e della misericordia evangeliche sono ribaditi nell’episodio del «fratello marocchino» e della donna albanese: entrambi non solo richiamano il principio dontoniniano della convivialità delle differenze e dell’accoglienza cristiana, ma soprattutto l’indifferenza e il disprezzo che gli stessi cristiani riservano proprio sugli immigrati, non riuscendo mai a liberarsi delle catene dell’egoismo, del narcisismo e del biasimo delle diversità. Fino alla crudeltà (e stupidità) umana: emblematico il passaggio su «Peppino l’ubriaco», schernito dai giovani della Molfetta “bene” che pagavano per lui bottiglie di birra per divertirsi a vederlo ubriaco. Straziante, ma fortemente profondo il raggiro perpetrato a una vecchietta sudamericana che donerà a don Tonino, prima della sua partenza, un’orchidea, acquistata per vera, nonostante fosse di plastica. Il Servo di Dio la tratterà come se fosse vera, con l’acqua dell’amore, nell’attesa che un giorno tra i suoi fiori di plastica possa sbocciare uno vero. Dopo l’ultima rappresentazione all’Università Popolare Molfettese (la pièce ha esordito al Centro Culturale Auditorium di Molfetta, per poi essere rappresentata alla chiesa del Carmine a Giovinazzo, all’Aneb e alla chiesa del SS. Crocifisso di Molfetta, mentre nel 2013 alla chiesa di sant’Agostino a Giovinazzo e alla parrocchia del Cuore Immacolato di Maria di Molfetta, forse ad Alessano nell’ultima decade di aprile), Quindici ha intervistato Mimmo Amato che ha curato testi e regia (aspetto musicale curato da Antonella Amato). Quali sono le ragioni di questo spettacolo? «Semplicissimo, ricordare per non ridurre a memoria quella che è stata una stagione di slanci ideali, di grandi speranza e di grandi semine. In sostanza, “per evitare che non rimanga solo un ricordo, perché dove aver fatto divampare incendi sovraumani non si resti a vegliare su ceneri intrise di nostalgia”, come recitano i versi di una nota poesia di don Tonino Bello. Tra l’altro, non si può essere assenti il prossimo anno che è non solo l’Anno della Fede, ma anche il XX anniversario del dies natalis di don Tonino». Come prende vita questo spettacolo? «Parte da lontano. Dieci anni fa, quando dirigevo il laboratorio teatrale dell’Istituto Professionale per il Commercio “Mons. Antonio Bello” di Molfetta, presentai “L’occhio degli altri” in occasione del concorso “Conosci don Tonino?” promosso dalla Diocesi. Si tratta di un collage rivisitato delle pièces “Abel” e “Desde los pobres a todos” che ho già dato alle scene in memoria di don Tonino. Sue sono le parole, i pensieri, le poesie, i racconti. Mia è solo l’ambientazione, l’ideazione, la miscellanea. Per esigenze tecniche, qualche volta ho inserito parole “mie”, certamente esili e povere rispetto alle sue, che lo spettatore ben distinguerà. La pièce, questa volta, è presentata in forma di narrazione- documento a due voci ed è arricchita da due splendide coreografie ». Cosa significa l’occhio degli altri? «Il titolo trae origine da una formula sudamericana molto suggestiva, “El ojo de los demás” che vuol dire “mettersi in corpo l’occhio degli altri”, ovvero vedere dal loro punto prospettico, dalla loro angolatura visiva, entrare con pazienza nelle ragioni dell’altro e prendere la polvere sollevata dai loro passi. Insomma, soffrire le cose umane, pati humana. Mettersi in corpo l’occhio dei poveri, degli ultimi, vuol dire stare con loro. Diceva don Tonino che stare con i poveri significa recuperare un genere diverso di vita, demolendo gli idoli che ci siamo costruiti, quali denaro, potere, consumo, spreco, oltre a ritrovare fiducia nel progettare insieme il domani e avere la forza di affrontare i sacrifici necessari con un nuovo gusto di vivere». 2013, anno del ventennale della morte del servo di Dio. Quale valore sociale e spirituale assume la pièce? «La pièce, come dicevo, è tratta dagli scritti di don Tonino, sono proprio le sue parole ad assumere un valore sociale e spirituale. È tutto il suo magistero un valore, la sua fede, l’apertura integrale all’uomo, la sua capacità sconfinata di accoglienza e di donazione all’altro, al povero, il suo amore smisurato per Gesù Cristo, per la pace, la carità. Un esempio che deve incalzarci, provocarci, sfidarci. Un esempio da imitare e venerare».
 

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