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L’importanza di ricordarsi Benny
28 novembre 2020

Dopo 43 anni dall’agguato a Benedetto Petrone, la memoria e l’antifascismo continuano a essere gli unici strumenti a disposizione per una società migliore

Avere 18 anni per sempre.

Non era nelle intenzioni di Benedetto Petrone, giovane cittadino di Bari, figlio della città vecchia,  quinto di nove tra fratelli e sorelle.

Non era nelle intenzioni di quel ragazzo che, la sera del 28 novembre del 1977 all’attezza di corso Vittorio Emanuele, dovette fuggire da una di quelle “ronde nere” organizzate da fascisti con in mano mazze da baseball, verniciate di bianco, chiodate” e in tasca coltelli, così come racconterà Franco Intranò, sopravvissuto all’agguato.

Non era nelle intenzioni di chi per fatalità non poteva scappare come tutti gli altri, a causa di quella zoppia provocata dalla poliomelite che gli paralizzò entrambe le gambe a soli 18 mesi di vita e quelle scarpe ortopediche che indossava quando sentiva dolore.

Eppure l’agguato era premeditato e Benedetto era lì, in un giorno di pioggia di fine novembre, accercchiato da 5 persone e accoltellato più volte per i suoi ideali giusti, sani, antifascisti.

 

Qualcuno dirà che si era trovato nel posto sbagliato nel momento sbagliato, ma Benny Petrone aveva tutto il diritto di vivere, difendere quella città letteralmente divisa a metà, manifestarsi per i valori in cui credeva, anzichè essere vittima due volte: prima del periodo storico, dove gli anni erano quelli di piombo, e poi delle indagini lacunose e incomplete che portarono alla condanna del solo Giuseppe Piccolo, all’epoca 23enne, che nel 1984 si impiccò nel carcere di Spoleto.

 

Benedetto sentiva il dovere di essere di parte, comunista, tesserato alla Federazione Giovanile Comunista Italiana perchè frequentava la sezione "Introna-Pappagallo" del Partito Comunista Italiano di Bari Vecchia.

E lo faceva col sorriso, lo stesso che ricorda sempre sua sorella Porzia, memoria vivente e mai assente alle celebrazioni realizzate in Piazza Prefettura, e che ritroviamo tra gli striscioni dell’epoca e i murales, stencil di oggi, accompagnati sempre dalla scritta “Benny vive”.

 

Per quali motivi allora è così importante continuare a ricordarlo dopo quasi mezzo secolo dagli avvenimenti?

Innanzitutto affinchè quanto accaduto a Benedetto non avvenga mai più ad alcuno.
Perchè la memoria degli individui e delle società, così come definisce Aleida Assmann in “Sette modi di dimenticare, è fatta non solo da quanto si ricorda ma anche e indissolubilmente da ciò che si dimentica, dove l’oblio gioca un ruolo fondamentale nella definizione del passato, presente e identità di una collettività.

Per i principi difesi con la vita dal giovane comunista, gli stessi che portano realtà organizzate, che siano esse attive nel campo sociale e politico, e singoli cittadini a impegnarsi per i valori di giustizia sociale.

Perchè l’antifascismo è quanto di più attuale e ha oggi lo stesso sorriso di Benedetto.

 

Un sorriso che ritroviamo a Molfetta in realtà come l’Anpi che lo ha commemorato con una corona d’alloro nei pressi della lapide dedicata e ubicata presso lo stadio comunale, deciso con deliberazione n. 447 del 19 luglio 1979 dall’amministrazione Finocchiaro e voluta fortemente negli anni dalla sezione territoriale del Partito della Rifondazione Comunista.

Un sorriso presente senza dubbio nelle giovani e vecchie generazioni attive in realtà culturali e di impegno locale come Tesla e il collettivo Le Macerie, in chi continua a manifestare in ogni latitudine, difendendo la propria comunità e non avendo paura di sentirsi di parte e per questo subire aggressioni: un caso attualissimo riguarda la vile aggressione fascista subita da Antonio Perillo, Claudio Riccio, Giacomo Petrelli ed Eleonora Forenza a Bari Bari il 21 settembre 2018 a opera di militanti del partito neofascista Casapound, la cui sede oggi è chiusa per metodo fascista.

Un sorriso che ha il volto di Maria Edgarda Marcucci, conosciuta come Eddi, che nel 2017, all’età di 26 anni, è andata in Siria per unirsi alle milizie curde e combattere l’Isis, contribuendo a infliggere un colpo mortale al califfato ed ancora oggi è sotto sorveglianza speciale perchè ritenuta “pericolosa” per l’Italia.

 

“La memoria non è ciò che ricordiamo, ma ciò che ci ricorda. La memoria è un presente che non finisce mai di passare” afferma lo scrittore Octavio Paz.

Benny vive e continuerà a farlo se noi saremo in grado di rievocare e coniugare la storia di ieri con l’impegno di oggi.

© Riproduzione riservata

Gabriele Vilardi

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