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L'ex sindaco Paola Natalicchio accusa Emiliano: quante bugie raccontate alla festa del Pd di Molfetta! Facesse mea culpa sulla caduta dell'amministrazione di sinistra
29 settembre 2016

MOLFETTA – L’ex sindaco Paola Natalicchio, replica al governatore della Puglia Michele Emiliano accusandolo di avere detto solo bugie alla Festa del Pd.

«Ho letto con precisione quanto ha affermato Michele Emiliano in piazza a Molfetta. Non solo le frasi fratte, il qualunquismo cozze e vongole sul "caso Molfetta", la spavalda convinzione, la totale assenza di un "mea culpa".
"Natalicchio si è killerata da sola", "non si scende dalla bicicletta" e altre affermazioni volgari. La cosa più spiacevole è che il presidente della Regione Puglia dica, in pubblica piazza, delle gigantesche bugie.
"L'ho pregata fino all'ultimo con Antonio Decaro", ad esempio, è una balla spaziale che merita una cronaca precisa di come sono andate le cose. E le cose sono andate così: Michele Emiliano non mi ha fatto una sola telefonata dal 30 aprile al 20 maggio, periodo che va dall'annuncio delle mie dimissioni alla caduta dell'Amministrazione. Non una telefonata, non un sms, non un tentativo di mediazione politica, non una sola azione sanzionatoria nei confronti dei consiglieri Pd che hanno tormentato l'amministrazione fino a non votare la manovra fiscale in aula, non un'azione sul segretario Pd che ha assistito al tagadà senza muovere un dito per mesi e mesi.
Una sera sono stata a Bari per una manifestazione di solidarietà nei confronti del sindaco di Bari, in acque difficili dopo alcune sue azioni contro l'abusivismo commerciale. Era lunedì 16 maggio, erano circa le 21. Sono passata da Antonio a salutarlo, invitato dal suo capo di gabinetto Francesco Paolicelli. Sono entrata in stanza e c'era Michele Emiliano, che a stenti mi ha salutato, a mezza bocca. Salutato Antonio, mentre stavo andando via, è stato unicamente Decaro (che mi aveva già ripetutamente chiamato nei giorni precedenti e che mi è stato molto accanto, nei miei tre anni da sindaco) a chiedermi di ritirare le dimissioni e a cercare di capire cosa stesse accadendo, devo dire con grande rispetto e autentica amicizia politica e personale.
Mentre stavo andando via, è stato Decaro a sollecitare Michele Emiliano a dire qualcosa. Lo stesso Emiliano scomparso per settimane e assolutamente inerme sulla crisi di Molfetta. L'unica frase che Emiliano ha detto in quella conversazione è stata, al solito, una battuta di spirito: "Che devo fare? Il sindaco di Molfetta ha già le valigie pronte". Esiste un sms di Antonio Decaro, che ovviamente non pubblico, in cui l'assoluta casualità di questo incontro fugace è raccontata e testimoniata. C'erano altre persone in quella stanza, la sera del 16 maggio.
Ora mi chiedo e vi chiedo: perché venire in piazza a Molfetta e dire "Ho pregato il sindaco di Molfetta fino all'ultimo con Antonio Decaro"? L'incontro è stato casuale e l'unica cosa che ha detto il Presidente è stato scoraggiare Decaro a insistere perché "il sindaco ha le valigie pronte". Stop. Perché mentire ai cittadini della Regione che si amministra e non ammettere, semplicemente, che il Presidente della Regione Puglia non ha fatto nulla per scongiurare la crisi molfettese? Nulla. Niente. Nisba. Zero carbonella.
Aggiungo anche che nelle prime dimissioni, quelle in cui Emiliano dice di aver lavorato con Debora Serracchiani per far rientrare la crisi, il presidente non si è nemmeno presentato all'incontro a Molfetta con Serracchiani e ha anche fatto di tutto per scoraggiarla nel venire a Molfetta. Adesso, se qualcuno ha elementi per smentire quanto ho appena scritto che lo faccia. Emiliano, intanto, la prossima volta prima di divulgare "verità aggiustate" nella piazza del nono Comune di Puglia ci pensi bene, perché non ho l'anello al naso né nulla da perdere e soprattutto perché i cittadini di Molfetta meritano rispetto da parte di un Partito Democratico che sulla crisi politica cittadina ha responsabilità enormi che nessun dirigente ha mai ammesso, dimostrando pochezza e vuoto politico.
Non consento a nessuno, nemmeno al Presidente della Regione Puglia, di giocare non solo con la mia reputazione ma di dire bugie in pubblica piazza e di fare barzelletta di quanto accaduto in città».

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2°parte. - Il conte Axel Oxenstierna, cancelliere svedese durante la terribile Guerra dei Trent'anni, parlava con ampia cognizione di causa quando disse: “Renditi conto, figlio mio, che ben poco posto viene lasciato alla saggezza nel sistema con cui è retto il mondo.” Lord Acton, uomo politico inglese del secolo scorso, usava dire che il potere corrompe, e di ciò ormai, siamo perfettamente convinti. Meno consapevoli siamo del fatto che esso alimenta la follia, che la facoltà di comandare spesso ostacola e toglie lucidità alla facoltà di pensare. La perseveranza nell'errore, ecco dove sta il problema. I governanti giustificano con l'impossibilità di fare altrimenti decisioni infelici o sbagliate. Domanda: può un paese scongiurare una simile “stupidità difensiva” come la definì George Orwell, nel fare politica? Altra domanda, conseguente alla prima: è possibile insegnare il mestiere ai governanti? I burocrati sognano promozioni, i loro superiori vogliono un più vasto campo d'azione, i legislatori desiderano essere riconfermati nella carica. Sapendo che ambizione, corruzione e uso delle emozioni sono altrettanto forze di controllo, dovremmo forse, nella nostra ricerca di governanti migliori, sottoporre prima di tutto i candidati a un esame di carattere per controllarne il contenuto di coraggio morale, ovvero, per dirla con Montaigne, di “fermezza e coraggio, due virtù che non l'ambizione ma il discernimento e la ragione possono far germogliare in uno spirito equilibrato.” Forse per avere governi migliori bisogna creare una società dinamica invece che frastornata. Se John Adams aveva ragione, se veramente l'arte di governare “ha fatto pochissimi progressi rispetto a 3000 o 4000 anni fa” non possiamo aspettarci grandi miglioramenti. Possiamo soltanto tirare avanti alla men peggio, come abbiamo fatto finora, attraverso zone di luce vivida e di decadenza, di grandi tentativi e d'ombra. (fine)
- 1°parte. - Al di fuori della politica l'uomo ha fatto miracoli: ha sfruttato il vento e l'energia, ha trasformato sassi pesanti in cattedrali, è riuscito a controllare e vincere quasi tutte le malattie, ha cominciato a penetrare i misteri del cosmo. “In tutte le altre scienze si sono registrate notevoli progressi” ebbe a dire una volta John Adams, secondo presidente degli Stati Uniti “ma non in quella del governo, la cui prassi è rimasta immutata.” Esistono quattro tipi di malgoverno, spesso combinati fra loro: la tirannia, l'eccessiva ambizione, la inadeguatezza e la decadenza, e, infine, la follia o la perversità. Ma follia e perversità, potrebbe obiettare qualcuno, fanno parte della natura umana, e allora per quale ragione dovremmo aspettarci qualcosa di diverso dagli uomini di governo? La follia dei governi preoccupa perché si ripercuote con effetti più negativi su un maggior numero di persone; di qui l'obbligo per i reggitori di stati di agire più degli altri seconda ragione. Tutto ciò è risaputo da tempo immemorabile, e allora perché la nostra specie non ha pensato a prendere precauzioni e a cautelarsi? Qualche tentativo è stato fatto, a cominciare da Platone, che propose di creare una categoria di cittadini destinati a diventare professionisti della politica. Secondo lui la classe dominante, in una società giusta, doveva essere costituita da cittadini che avevano imparato l'arte di governare, e la sua soluzione, affascinante ma utopistica, erano i re filosofi: “Nelle nostre città i filosofi devono diventare re, oppure chi è già re deve dedicarsi alla ricerca della sapienza come un vero filosofo, in modo da far coesistere in una sola persona potere politico e vigore intellettuale.” Fino a quando ciò non fosse accaduto, riconosceva Platone, “le città e, io credo, l'intero genere umano non potranno considerarsi al riparo dai mali.” E' così è stato. (continua)


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