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L’architettura si tinge di “rosa” dagli anni bui alla rinascita, Fidapa Molfetta con l’Aidia Al terzo incontro della rassegna “Maggio Molfettese” intervento dell’ing. Francesca Caldarola
L'ing. Francesca Caldarola
17 maggio 2018

 MOLFETTA - Il quarto appuntamento della rassegna “Maggio Molfettese”, targata Fidapa (Federazione Italiana Donne Arti Professioni e Affari), presieduta da Vanna La Martire, ha visto, nuovamente, la collaborazione dell’associazione Aidia (Associazione Italiana Donne Ingegneri ed Architetti) di cui l’ing. Francesca Caldarola (vicepresidente della sezione di Bari e socia della Fidapa Molfetta) è stata portavoce per quanto concerne il ruolo della donna nell’architettura, dagli anni bui alla rinascita.

A tal proposito, emblematica è stata l’intervista realizzata dalle socie Aidia a Melina Agnelli, decana di architettura barese, nonché prima donna architetto nella provincia barese. Ha raccontato alle socie Aidia quanto fosse stata, da un lato, fortunata poiché la famiglia di appartenenza, versando in ottime condizioni economiche, ha potuto permetterle di compiere i suoi studi; dall’altro, quanto l’intero percorso di studi sia stato pesante per la sua psiche ed il suo fisico. “Ho vissuto in un convitto di suore a Roma, dovevamo andare a dormire per le 21.30 circa, orario in cui venivano spente tutte le luci. Le notti precedenti agli esami universitari, ero solita rimanere a studiare fino a notte fonda per ultimare le mie tavole e quindi dovevo trovare un’alternativa proposta di illuminazione del mio tavolo da lavoro. Mi venne un’idea geniale: spostai il tavolo in bagno, utilizzando luce, che illuminava i servizi igienici illuminasse, anche per la mia postazione di studio.”

Le “sudate carte” che portarono Melina al conseguimento di 5 esami nella sessione di esami di luglio, i quali le causarono problemi di salute, ragion per cui dovette fermarsi un anno. Ma la signora Agnelli non gettò la spugna e ritornò a frequentare l’università fino al conseguimento della laurea in Architettura il 18 marzo del 1955. Il titolo di studio fruttò subito lavoro all’architetto Agnelli, la quale cooperava il fratello nella progettazione di alcuni stabili come istituti scolastici e le cliniche di proprietà di Marisa e Franco Divella.

In seguito, diventata madre di 3 figli, di cui uno diversamente abile, si occupò anche di un progetto sociale molto innovativo per l’epoca: “Del dopo di noi”, la costruzione di una struttura che potesse essere punto di riferimento per persone diversamente abili o affette da patologie gravi, le quali rimaste sole, alla morte dei genitori, avrebbero potuto trovare sostegno nel plesso, situato nel territorio di Noicattaro. Questo dato mette in luce quanto l’architetto Agnelli sia stato l’emblema della Donna a tutto tondo: essendo sia lavoratrice che mamma e moglie attenta a soddisfare i bisogni di tutta la sua famiglia.

“Bisogna fare tutto nella vita, bisogna cogliere qualsiasi possibilità ci si prospetti!”, ha detto, concludendo l’intervista ed esortando tutte le donne a cogliere l’attimo e a non precludersi nessuna possibilità.

Altro protagonista indiscusso della serata è stato anche il colore rosa, caratteristico dei plessi architettonici degli anni ’50, nonché della figura femminile. Ma chi ha decretato il rosa un colore prettamente femminile? Essendo assimilabile al rosso, colore peculiare della forza, del sangue e della guerra, sin dal lontano ‘700 è sempre stato un colore prettamente maschile; mentre l’azzurro, dal momento in cui è il colore simbolico del manto della Madonna e di tutto ciò che è angelico, diventa il colore emblematico per le donne. Fatto, in parte, sdoganato dal romanzo “Piccole donne”, scritto da Louise May Alcott e pubblicato nel 1868, che narra la storia di una famiglia di donne in cui uno dei personaggi Amy, alla nascita dei suoi due gemelli designa la gemella con un fiocchetto rosa e il gemello con un fiocchetto azzurro; anche se nel 1900 vediamo ancora modelli vestiti di rosa e modelle vestite d’azzurro; il quadro incomincia a cambiare quando negli anni’30/’40 del ‘900 gli uomini incominciano a indossare abiti scuri, perché il colore più scuro più è sinonimo di eleganza, fino ad arrivare agli anni ’50 in cui il rosa è stato veramente il colore più utilizzato del secolo per le sue tonalità calde e per la sua versatilità.

Infine le parole d’entusiasmo dell’ingegnere Francesca: “L’intervista all’architetto Agnelli è stata un’esperienza memorabile che ci ha fatto comprendere quanto le donne possano dare al mondo intero! Non è stato facile trovare donne architetti e/o donne ingegneri iscritte all’ordine prima degli anni ’50, ma vogliamo continuare ad investigare e ad intervistarle per arricchire il nostro bagaglio culturale personale e professionale!”.

© Riproduzione riservata

Autore: Marina Francesca Altomare
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