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Incontro con Loredana Rotondo alla libreria “Il Ghigno” di Molfetta
26 novembre 2014

MOLFETTA - La grande professionalità nell’uso del linguaggio televisivo, la destrezza nell’uso delle nuove tecnologie, l’orgoglio di essere Donna. Un incontro di grande spessore, quello con Loredana Rotondo alla libreria “Il Ghigno”. L’esperienza di un percorso professionale lungo quarant’anni che spazia dall’idea innovativa di “Chiamate Roma 3131” (primo programma radiofonico in cui c’erano le chiamate in diretta) alle suggestioni poetiche di “Vuoti di memoria”, che da Carla Lonzi portano a riscoprire profili di giovani donne che hanno fatto della loro vita la loro opera.

“Sono una dei pochi esemplari rimasti ad essere stata assunta in Rai tramite concorso”, esordisce Loredana, “e ho chiesto io di lavorare in Radio”. Il suo esordio, come ideatrice del programma “Chiamate Roma 3131”, è forse emblematico degli sviluppi successivi della sua carriera. “È stato il primo momento in cui ho potuto percepire il malessere e la disperata ricerca di benessere che apparteneva a molte chiamate di donne e ho avvertito disagio in prima persona”.

In una Rai ormai “riformata”, Loredana Rotondo entra a far parte della squadra di Raidue. Direttore è Massimo Fichera. L’occasione per poter chiudere la partita iniziata in Radio ha un nuovo nome e un nuovo format: “Riprendiamoci la vita” (1977). La prima inchiesta sulla salute della donna, un incarico anomalo e impensato, un’indagine sociale che, con sguardo neorealistico, mette in luce le condizioni delle donne là dove le telecamere erano meno abituate a entrare. Si aprono scenari mai ripresi: la realtà dell’Italia del contado, fatta ancora di molte lavoratrici femminili, lasciata nell’ombra dal più popolare Boom economico.

Con “Riprendiamoci la vita”, la sperimentazione del linguaggio televisivo si attesta ancora su forme assimilabili a quelle del documentario e dell’inchiesta. Il vero salto di qualità avviene solo nel 1979 e si chiama “Processo per stupro”. La ricerca di un’immagine, la tecnica di montaggio che riassume in un’ora un processo durato diversi giorni, le riprese rigorosamente in bianco e nero, la camera volutamente tremula e imprecisa nelle inquadrature. Ma non è tutto, commenta Loredana: “è un programma che mostra quanto succedeva nei tantissimi processi per stupro che si svolgevano in Italia. La donna finiva per subire una seconda violenza”. Ascoltando le arringhe degli avvocati, verrebbero i brividi ancora oggi: la difesa si avvale di luoghi comuni sessisti e maschilisti come quello della donna che farebbe meno danni se non portasse i pantaloni e se restasse a casa e se la smettesse di scimmiottare l’uomo.

Oltre ad essere una pagina storica della televisione italiana, “Processo per stupro” è anche stata l’ultima volta che la Rai ha ottenuto un premio Italia; dal MoMA di New York fino alle rassegne e le cineteche di Associazioni culturali e Movimenti femministi locali, la pellicola di “Processo per stupro” è stata vista da tantissime donne di tutto il mondo.

Dopo questo piccolo grande successo, la carriera professionale di Loredana Rotondo continua con altri diversi incarichi (Direttrice di Rai International, Capostruttura di Rai Educational e Capo progetto di “La Storia siamo noi”), ma ciò che non cambia è la capacità di assumere un punto di vista prettamente femminile nell’ideazione dei suoi programmi.

Un appuntamento davvero di grande arricchimento, quello proposto dalla libreria “Il Ghigno” e che ha visto coinvolte anche le classi della quinta del serale dell’Istituto Tecnico Commerciale, accompagnate dalle prof. Rosselli e de Ceglie. Un incontro che non mancherà, ci auguriamo, di proseguire in altre occasioni, estendendo il dibattito anche a Maria Luisa Boccia, autrice di “La mia vita è la mia opera”, non un libro ‘su’ Carla Lonzi ma ‘con’ Carla Lonzi. Perché proprio dalla mediazione di questa grande donna, Carla Lonzi, emerge un’altra idea televisiva della Rotondo: “Vuoti di memoria”. Un programma che mette in luce, per la prima volta, esempi di vite femminili come quella di Amelia Rosselli (per citarne solo una tra tante).

Impeccabile il suo giudizio sulla televisione di oggi: “negli anni si è perso il gusto per l’immagine, si sono susseguiti dirigenti sempre meno sensibili alla potenza comunicativa dell’immagine televisiva e inoltre il periodo successivo a quello della riforma della Rai se da un lato caratterizzato da direzioni molto sperimentali come quelle di Fichera e di Guglielmi, tuttavia la Rai avrebbe dovuto mantenere più gelosamente la sua missione di ‘Servizio Pubblico’, perché effettivamente ciò che non è stato costante è stato il flusso necessario di innovazione. La Rai diventa un’azienda dove piazzare molto spesso persone che non hanno mai inteso cosa significhi fare televisione e di conseguenza il valore decade”.

© Riproduzione riservata

Autore: Marina Mongelli
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