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Il Pd di Molfetta pronto ad uscire dalla maggioranza, ma il sindaco Minervini resiste e non vuole dimettersi
14 giugno 2021

MOLFETTA – Arriva la resa dei conti all’interno della maggioranza ciambotto delle liste civiche del sindaco di Molfetta Tommaso Minervini.

A far vacillare la coalizione è lo scandalo “Appaltopoli” con l’arresto dell’ex assessore Mariano Caputo, della consigliera comunale di Forza Italia Sara Castriotta e del dipendente comunale Orazio Lisena, insieme ad altri 13 indagati nell’operazione “Fantasia al potere” con 41 persone coinvolte in presunte tangenti per gli appalti comunali.

Al centro dell’attenzione è il PD i cui esponenti Nicola Piergiovanni, presidente del consiglio, Giovanni Facchini consigliere comunale e metropolitano, Gabriella Azzollini assessore in quota Piero de Nicolo, non hanno mai voluto dimettersi per non perdere poltrone con relativi benefici economici.

Quando il sindaco Minervini ha convocato la sua maggioranza per una verifica, al fine di ottenere una conferma della coalizione e dell’alleanza anche per il prossimo quinquennio, sempre con lui al vertice, il PD ha preso tempo, in attesa del congresso, non immaginava di trovare questa mina sul suo percorso.

Ora che anche il congresso si avvicina (primi giorni di luglio) e soprattutto con la presenza dello scandalo delle presunte tangenti, per gli esponenti del PD non ci sono più alibi. Anche perché è lo stesso governatore Michele Emiliano, padre del siluramento dell’ex sindaco Paola Natalicchio e promotore di questa maggioranza pasticciata, ad avere ordinato di staccare la spina e agli “irriducibili” membri della maggioranza non resta che obbedire. Anche perché non hanno altre sponde. Quindi: meglio feriti che morti.

Intanto domani, martedì, si terrà l’assemblea del partito, per discutere proprio l’uscita della maggioranza che sarà sancita dalle tre componenti del Pd: il gruppo “governativo” Piergiovanni (con Facchini) e Piero de Nicolo (con Gabriella Azzollini), i giovani del Pd e l’altro gruppo "Essere democratici". Questi ultimi due che si presenteranno al congresso con le loro mozioni, da tempo chiedono il disimpegno dalla maggioranza. Ora alla luce dello scandalo “Appaltopoli” non accetteranno più giustificazioni e forti dell’appoggio delle segretarie provinciali e regionali,  che vogliono prendere le distanze da Minervini per non far trovare il partito coinvolto nelle vicende giudiziarie, chiederanno le immediate dimissioni dei tre esponenti dell’amministrazione Minervini.

Anche all’interno della maggioranza sono cominciati i “distinguo” con Pasquale Mancini che chiede un incontro subito e condanna il silenzio dell’amministrazione su “Appaltopoli” e l’arresto di esponenti della coalizione e del gruppo “Noi”.

Cosa farà ora il sindaco Minervini, che non vuole assolutamente dimettersi? Sicuramente dovrà provvedere al rimpasto con la nomina di un nuovo assessore e soprattutto con quella del presidente del consiglio comunale.

Problemi di numeri non dovrebbe averne, dopo il passaggio di Pino Amato e Fulvio Spadavecchia dal centrodestra al ciambotto. Anzi, potrà offrire loro qualcosa in più: il tanto agognato assessorato a Pino Amato e qualche prebenda a Spadavecchia. Ma saranno sufficienti a tacitarli, oppure i due non vorranno mischiare la loro presenza con chi è coinvolto nello scandalo?

Ma è a livello di immagine, che Minervini perderà molto con l’uscita del Pd, che era l’unico partito organico alla sua maggioranza di liste civiche personali. Tra l’altro il Partito democratico era anche l’anello di collegamento alla Regione, al presidente Emiliano e ai finanziamenti regionali, soprattutto dopo il passaggio di Saverio Tammacco all’opposizione e quindi senza alcun potere o influenza che possa tornare utile alla città.

Orfano di Emiliano, Minervini cercherà di resistere un altro anno fino al termine del mandato, con la speranza di essere ricandidato con le stesse forze politiche alle elezioni amministrative di primavera.

Il sindaco, però, non ha fatto i conti con l’ex sen. Azzollini che sta cercando di ricostruire il suo gruppo, puntando sugli scontenti della maggioranza e su chi non vuole essere coinvolto nello scandalo.

Torneranno i suoi ex sergenti alla casa del padre (Azzollini), oppure resisteranno anch’essi, scaricando l’ex assessore Mariano Caputo, facendolo passare per l’unico responsabile delle presunte tangenti, una pecora nera nella coalizione, il capro espiatorio di tutti gli errori dell’amministrazione Minervini?

Una cosa è certa: l’area del “cerchio magico della Nutella”, quel che resta di Forza Italia e del centrodestra, non ha pronunciato alcuna parola di condanna per l’ultimo scandalo, che vede il suo ex capogruppo Sara Castriotta in carcere. Si comprende l’imbarazzo che ha ammutolito perfino l’ex candidata sindaco Isa de Bari, abituata ad intervenire anche su argomenti insignificanti, ma si capisce l’obiettivo finale di lucrare politicamente sulle ceneri del ciambotto, ormai allo sbando. In questo caso il silenzio è d’oro.

Silenzio anche da parte di Tammacco che sta alla finestra per decidere le prossime mosse: condannare la “pecora nera” e staccarsi dalla maggioranza, sperando di essere riaccolto alla corte di Emiliano con un’ennesima capriola voltagabbana, cambiando giacca in corsa, lucrando politicamente da questa giravolta. In questo caso Minervini resterebbe veramente solo e l’unica strada che avrebbe davanti a sé sarebbero le dimissioni, per salvare la propria dignità politica. Tra l’altro a “condannarlo” sarebbero i numeri.

Ora sono tutti alla finestra a vedere cosa farà il Pd, poi i giochi si riapriranno e nessun, al momento, potrebbe considerarsi vincitore.

“Quindici” quello che gli altri non dicono.

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Autore: Beatrice Trogu
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