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Gustavo Delgado all'Aneb di Molfetta: il giornalismo nell'evoluzione dell'informazione
27 maggio 2012

MOLFETTA - Sono tanti i ricordi che si affollano nella mente di un giornalista con 40 anni di esperienza. Alcuni di questi sono drammatici: madri che chiedono che non sia divulgata la notizia del proprio figlio morto di overdose nella vasca da bagno, reportage di guerra in Libia o in Siria, crude testimonianze della fragilità umana. Altri, al contrario, sono ricordi divertenti, come lo scatto felino compiuto con agilità per rubare due minuti d’intervista a Pietro Mennea che si era appena aggiudicato il record mondiale dei 200 metri.
Questi e altri ancora sono stati i momenti di vita giornalistica raccontati da Gustavo Delgado (a sinistra nella foto, con Giuseppe Mezzina), giornalista di carta stampata, radio e televisione, durante la conferenza «Stampa, televisione, internet: i tempi che cambiano», tenutasi all’Aneb (Associazione nazionale educatori benemeriti) di Molfetta.
Secondo il giornalista pugliese, negli ultimi sessant’anni, si sono verificati cambiamenti rivoluzionari nel modo di comunicare la notizia. Dalla carta stampata si è passati alla radio, dove «non si può mai lasciare il microfono per più di 4 o 5 secondi e induce a parlare come se si dovesse far vedere ciò che si dice».
Dopo la radio, nel ’54 «si è affacciata la signora televisione» con tecniche del tutto nuove che puntano sul passaggio da un’immagine all’altra senza salti repentini. Lo schermo televisivo non è stato l’ultima frontiera in ambito giornalistico: ben presto si sono affiancate la free press e i quotidiani online.
Una è la caratteristica che accomuna il mestiere di giornalista, qualunque sia il suo mezzo di comunicazione: il ruolo di responsabilità che ricopre. «Nell’informazione la notizia è la regina - ha spiegato Delgado - ma non sempre ha il diritto di essere divulgata». Il giornalista è coinvolto nella realtà e deve fare appello al suo senso civico, decidendo, ad esempio, di schierarsi apertamente contro la malavita barese, senza mai nascondere gli errori e gli eccessi delle forze di polizia.
Il giornalista oggi è preparato, anche se spesso ha scarso senso della professione. E il giornalismo appare agli occhi del pubblico «falso, venduto e truffaldino», ha proseguito l’ex cronista del TG3, e perciò si ha poca stima nei confronti di quanti svolgono questo lavoro.
«Non c’è rispetto neanche tra colleghi e, purtroppo, siamo costretti a lavorare così - ha aggiunto il giornalista della Gazzetta del Mezzogiorno e direttore di Quindici, Felice de Sanctis,collega e grande amico di Gustavo Gelgado, intervenuto alla fine della conferenza - ma abbiamo la speranza che il giornalismo diventi più umano». Lavorare nell’informazione vuol dire mettersi al servizio della società, per conoscere e capire quello che avviene nel mondo. Questo, però, non autorizza i giornalisti a trasformarsi in avvoltoi e approfittare della sofferenza pur di fare notizia. Anche i giornalisti devono rispettare un codice etico per non lasciare che questa professione si trasformi in vile sciacallaggio.
 
© Riproduzione riservata
Autore: Marianna Gadaleta
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