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Gaetano Salvemini (IV parte)
28 febbraio 2007

NAPOLI - 28.2.2007 Dalle pagine dell'«Unità» Salvemini interviene costantemente sui temi della politica estera, opponendosi alla guerra di Libia, da lui considerata un'inutile e costosa impresa militare che non avrebbe assicurato ai contadini meridionali nessun vantaggio concreto, data la scarsa fertilità del paese nordafricano. Avversario tenace e radicale della Triplice alleanza, sin dal 1912 auspica un'alleanza con la Francia e l'Inghilterra, in modo tale da contrastare l'Impero austro-ungarico ed indebolirne i confini meridionali. Allo scoppio della Prima guerra mondiale è tra i più lucidi sostenitori dell'interventismo democratico, fautore della libertà di tutti i popoli di contro all'interventismo nazionalista, che teorizza il dominio italiano sulle altre nazioni. La contrapposizione tra interventisti democratici e nazionalisti si acuisce nell'immediato dopoguerra, quando in occasione dei Trattati di pace i nazionalisti pretendono l'annessione di tutti i paesi adriatici sino all'Albania all'Italia. Salvemini e Bissolati si schierano in difesa dei nuovi Stati emersi dalla dissoluzione dell'impero austriaco. Gli anni successivi vedono Salvemini opporsi con coerenza, tenacia e lucidità al fascismo, prima in patria dalle pagine del foglio clandestino “Non mollare”, poi dall'estero con una serie di iniziative culturali e politiche tese ad appoggiare i dissidenti in Italia e a sensibilizzare l'opinione pubblica internazionale contro il regime fascista. Dopo la Seconda guerra mondiale, rientrato dall'esilio riprende il suo impegno meridionalistico dalle Pagine del “Ponte” di Piero Calamandrei e da quelle del “Mondo” di Pannunzio. Nel 1955, due anni prima della sua scomparsa, nella prefazione ai suoi scritti sulla questione meridionale traccia una rapida ma efficace autobiografia intellettuale, segnata da una fase giovanile di deciso e, a suo dire, eccessivo entusiasmo nei confronti sia delle masse rurali sia del federalismo, ad una più matura, maggiormente prudente ma non rinunciataria verso il suo amato Mezzogiorno. «L'esperienza fascista e postfascista ha dimostrato che i settentrionali hanno troppi problemi sulle braccia a casa loro per potersi occupare di quanto avviene in casa altrui, quando non profittano consapevolmente dell'avvilimento altrui. [..] Con tutto questo, non so abbandonare ogni speranza». Salvatore Lucchese
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