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Flash mob a Molfetta contro l’arresto della capitana coraggiosa della nave "Sea Watch" Carola Rackete
01 luglio 2019

MOLFETTA - C’è un’ingiustizia che grida silenziosa e che, sommessamente e con la discrezione della ragione, mette da parte il rancore e semina attraverso la parola, attraverso messaggi fatti di gesti, la solidarietà concreta. E c’è chi non abbassa la testa di fronte ad una condivisa ed imperante idea.

E c’è una gioventù, ci sono donne uomini, donne e bambini custodi delle speranze più belle e pure, utopie di una dis-umanità che rischia di farci soccombere, omologandoci. E basta poco e forse quel poco è molto per chi ha perso la memoria, la speranza di una vita in un paese in cui tutti hanno le stesse possibilità.

“A Molfetta nessuno è straniero”, “Nessun essere umano è illegale”, gli slogan del flash mob organizzato per protestare contro l’arresto della capitana della Sea Watch Carola Rackete e per chiederne la scarcerazione, non potevano essere più esaustivi.

La parte più bella di questa bella città con la vocazione all’accoglienza si ribella alla demagogia del Ministro dell’Inferno che, necessita di individuare un avversario per distogliere il popolo dai problemi che affliggono il nostro Paese.

Eccolo allora il capro espiatorio: l’immigrato, sporco, nero, parassita che si nasconde dietro lo status di rifugiato per approdare in Italia per “farsi mantenere” a spese dei contribuenti italiani e si macchia di reati di stupro, furto, spaccio di sostanze stupefacenti.

E come gli strateghi romani garantivano panem et circensem per distogliere il popolo dai costi e perdite delle campagne militari dell’impero, così colui che non ha lavorato un giorno nella sua vita, frequentatore di quiz televisivi con ambizioni mai sopite che trovano parziale appagamento in una vita vissuta sui social, così lui distoglie gli italiani dai problemi di una società che va verso il default, che invece di valorizzare le risorse punta il dito accusatorio verso un nemico immaginario ma utile.

Ed il mostro della diffidenza, del razzismo attecchisce, si impossessa ma non di tutti. C’è chi dice no e si dissocia da questo dilagante razzismo e lo ha fatto a Cala Sant’Andrea a Molfetta in un cocente pomeriggio domenicale tra famiglie che, incuriosite, hanno visto schierarsi in riva al mare, una pacifica onda di protesta.

Gabriele Vilardi, attivista, ha spiegato l’iter che ha portato la capitana Rackete a forzare il posto di blocco ed ad attraccare nel porto sicuro. Molti bagnanti hanno ascoltato e condiviso le ragioni degli attivisti ma altrettanti hanno manifestato animatamente il proprio opposto pensiero: “Ha fatto bene Salvini, se ne devono andare, prima gli italiani” ed altri concetti stereotipati alla cui richiesta di ulteriori spiegazioni la risposta è il nulla. Momenti di tensione, toni alti e musi duri e una infinita tristezza negli occhi degli ex ospiti del centro di prima accoglienza, nella loro dignitosa e rassegnata sopportazione, un’abitudine all’ascolto di offese che non trovano riscontro, una rassegnazione che non può e non deve essere trasmessa.

E se fossero i nostri figli, i nostri fratelli? Quale madre lascerebbe salire su una nave in partenza per un approdo che non è sicuro, per un futuro incerto, a rischio della vita, se la permanenza nella propria terra non fosse più pericolosa?

E’ stato stimato che ogni sei migranti in partenza verso l’Italia, uno non arriverà mai. Quell’«uno» è un uomo, una donna, un bambino con i propri sogni, speranze, studi e diritto ad una vita dignitosa. Come noi, come me, come i miei figli, come i vostri, come tutti.

E il vero amore può nascondersi, confondersi ma non può perdersi mai. Sempre e per sempre dalla stessa parte mi troverai. (F. De Gregori).

© Riproduzione riservata

Autore: Beatrice Trogu
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