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Fake news e social media: il libro della meridiana Molfetta scritto da Alejandro De Marzo e Luigi Renna per un’etica 2.0
27 marzo 2021

MOLFETTA – Quali inganni si nascondono nel “giornalismo fatto da tutti”? Come funzionano le fake news? È possibile riscrivere un’etica 2.0 legata alla circolazione delle informazioni online? Sono queste le domande al centro del libro di Alejandro De Marzo, ricercatore esperto in Teoria dell’informazione e della comunicazione, e Monsignor Luigi Renna, già rettore del Seminario regionale di Molfetta e dal 2016 vescovo della diocesi Cerignola-Ascoli Satriano.

In un’epoca dominata dall’uso diffuso dei social media e in una stagione, come quella pandemica, in cui la limitazione degli spazi di condivisione “in presenza” ha moltiplicato le occasioni di fruizione “virtuale” e di consumo delle informazioni digitali, De Marzo e Renna propongono una riflessione sul bisogno di etica nella comunicazione. Un’etica che ponga al centro formazione e competenze nella produzione di notizie e capacità di discernimento qualitativo nell’accesso al “consumo digitale” di news, superando l’illusione sempre più diffusa che nell’era del boom degli smartphone tutti possano improvvisarsi giornalisti.

“È evidente l’esistenza di un paradosso che porta a un cor­tocircuito. A una bulimia informativa corrisponde un’ano­ressia di verifica e attendibilità delle fonti”, scrive nell’introduzione Vincenzo Corrado, Direttore dell’Ufficio Nazionale per le Comunicazioni Sociali della Con­ferenza Episcopale Italiana. “Il testo del prof. Alejandro De Marzo e di mon­signor Luigi Renna si addentra nel contesto mediatico contemporaneo, analizzandolo e proponendo una visione etica rinnovata che punti alla costruzione della grande co­munità umana”.

“È accaduto, quasi di punto in bianco, che gli argini tra branche della comunicazione prima ben definite e ricono­scibili si sono commistionati, integrati, confusi e unifor­mati, provocando l’incremento di fake news. È avvenuta, effettivamente, l’esplosione (in sé democra­tica) di modi popolari di comunicare che hanno reso chiunque emittente di contenuti, promotore di infor­mazioni nonché editor di contributi (anche video), in tal modo andando a sovrapporsi al pubblicismo abitudinario classico”, spiega De Marzo. E, senza stigmatizzare in sé il fenomeno del cosiddetto “mediattivismo” aggiunge: “E’ necessario vaccinarci contro il pericolo di essere pro­pagatori di fake news ed avvallatori di inganni mediatici e falsità”.

Come? È monsignor Luigi Renna a tracciare la strada: serve riconnettere la comunicazione alla relazione, alla costruzione di meccanismi di ascolto accogliente e alla costruzione di comunità solidali. Renna riflette su due principi cardine dell’etica della comunicazione: la verità e la continenza. “Oggi noi ci troviamo, più che nel passato, a relazio­narci con due categorie di persone: gli autori di articoli e giornalisti dei più svariati siti, e i lettori che, spesso caren­ti di spirito critico o volontà di acquisirlo, cadono nella rete di un chiacchiericcio mediatico che si rivela dannoso per la verità e la coesione sociale”, evidenzia Renna.  Che fare, allora? “Bisogna saper rinnovare l’etica della comunicazione. Dietro un nickname, dietro un follower, dietro ogni modalità che media una relazione nel mondo dei social c’è un volto: lo dimentichiamo troppo spesso! Abbiamo l’esigenza allora di un’etica 2.0, che urge più che mai per cre­are nuove alleanze a servizio del bene comune”.

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