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ESCLUSIVA. Azzollini bye bye, dimissioni entro il 29 ottobre: l'annuncio ufficiale L'annuncio al Rotary Club lo scorso sabato. Spunta anche l'outsider femminile, Caterina Sallustio. Emendamento in Commissione Affari costituzionali del Senato: non applicare l'ineleggibilità per i parlamentari sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20mila abitanti
22 ottobre 2012

MOLFETTA - Si dimetterà entro il 29 ottobre per ricandidarsi al Senato o alla Camera (non si sa ancora con quale etichetta), come Quindici ha già annunciato in alcuni articoli dell’ultimo periodo. Nella riunione di sabato del Rotary Club al Garden Hotel il sindaco di Molfetta, senatore Pdl Antonio Azzollini, presidente della V Commissione Bilancio in Senato, ha annunciato ufficialmente le sue prossime dimissioni, come previsto dalla legge. Tra l’altro, si è mostrato molto convinto della vittoria della coalizione di centrodestra alle prossime amministrative, nonostante le fronde interne e i malumori dei suoi fedelissimi.
Intanto, alle spalle di Nicola Camporeale, presidente del Consiglio comunale eventuale successore di Azzollini, si profilano altre figure. Infatti, non è un mistero che la candidatura di Camporeale abbia incontrato qualche resistenza nel cosiddetto «cerchio magico della nutella» per il dubbio (non del tutto infondato, a onor del vero) che questo candidato non si adatti molto di buon grado al ruolo di mero esecutore di ordini e firma-carte, dopo una possibile, ma non affatto certa, elezione.
Secondo indiscrezioni, sarebbe riapparsa come il fantasma di un horror tragicomico una sagoma femminile, probabilmente quella di Caterina Sallustio, come Quindici aveva previsto in passato.
Un coupe de theatre per rassicurare la “guardia pretoriana” azzolliniana, perché la Sallustio potrebbe essere l’alter ego di Azzollini e lui continuerebbe a gestire il Comune dietro le quinte. Lo stesso senatore Pdl potrebbe anche ripresentarsi alle elezioni amministrative per conquistare un posto di consigliere (utile in caso di sconfitta elettorale per ergere il muro dell’ostruzionismo in consiglio comunale), di assessore o vicesindaco (probabile, in caso di vittoria) con gli stessi superpoteri di sindaco, continuando a rafforzare ulteriormente il suo potere politico, economico, commerciale e portuale.
Tuttavia, lo stesso Azzollini ha detto al Rotary che le sue dimissioni potrebbero essere sempre revocate entro un mese dalla consegna alla segreteria generale del Comune di Molfetta, ma in quel periodo non potranno essere assunti provvedimenti amministrativi straordinari. Anche se la presenza dei dirigenti di nomina politica al comando di alcuni dei settori-chiave comunali potrebbe comunque prolungare una “certa politica” tecnico-amministrativa azzolliniana fino alle prossime elezioni (sono ancora in corso indagini su molti comparti della pubblica amministrazione comunale).
Infatti, è stato presentato in Commissione Affari costituzionali del Senato dal senatore Pdl, Carlo Sarro, un emendamento al testo base di riforma elettorale, secondo cui l’ineleggibilità per i presidenti delle giunte provinciali e per i sindaci dei Comuni con popolazione superiore ai 20mila abitanti non si dovrà applicare per i parlamentari in carica alla convocazione dei comizi elettorali (la commissione si riunirà domani).
Naturalmente saranno le prossime elezioni democratiche a definire il futuro quadro politico-amministrativo, anche se potrebbero essere macchiate dall’accattonaggio politico e dalla compravendita del voto.
 
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Autore: Marcello la Forgia
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Ciò che più colpisce non è la decisione di Vendola di violare il patto di stabilità, ma i troppi silenzi che l'hanno accompagnata nell'ambito di una più generale sottovalutazione. Quasi come se violare un patto nazionale ed europeo equivalesse a lasciare l'auto in doppia fila. No, non è propriamente così. Violare il patto di stabilità non è un gesto poetico alla Walt Whitman, non equivale a cogliere l'attimo fuggente per assicurare oggi all'economia ciò di cui ha bisogno. Assomiglia piuttosto al gesto furbesco di Wody Allen, quello di Prendi i soldi e scappa, perché sottrae risorse a chi verrà dopo, condanna al blocco dell'indebitamento per i futuri investimenti, congela ogni nuova assunzione e riduce in proporzione i trasferimenti erariali per l'anno successivo. Inoltre, altri dovranno ripianare il buco provocato, vale a dire il governo e le altre regioni, e la violazione del patto avrà effetti negativi sui mercati, perché, come dice Nicola Rossi, «rafforzerà la convinzione negli investitori esteri che in Italia non si rispettano le regole». Se in Campania le quotazioni di Bassolino sono precipitate non è solo per l'emergenza rifiuti, ma anche perché è stato lui, prima di Vendola, a stracciare il patto di stabilità. La Campania ha pagato caro quella scelta. E ancora ne sopporta il peso. Vendola, tuttavia, è nella scia di quella sinistra che definendosi keynesiana in realtà non accetta vincoli alla spesa pubblica; è nella scia di Bersani, che chiede deroghe al pareggio di bilancio, o di de Magistris, che a Napoli vorrebbe gli aiuti del governo senza pagarne le conseguenze. A suo modo, Vendola, cerca di fare di più e meglio, di superare cioè in radicalità i competitori interni alla sinistra. E il fatto che tutto ciò accada mentre è impegnato in una battaglia elettorale per le primarie, non aiuta a diradare dubbi e perplessità. Ora passi che a tacere o, addirittura ad esultare, siano settori dell'imprenditoria meridionale mai soddisfatti abbastanza dagli eccessi di spesa pubblica.

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