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Enrico Lo Verso a Molfetta si confronta con gli studenti delle scuole superiori, dopo lo spettacolo "Uno, nessuno, centomila"
Pizzi, Lo Verso, Allegretta
05 febbraio 2019

 MOLFETTA - Il dramma dell’essere estranei a se stessi è stato portato in scena per gli studenti della scuola secondaria in forma di monologo da Enrico Lo Verso alla Cittadella degli Artisti di Molfetta.

Con entusiasmo l’amministrazione comunale ha accolto la proposta dell’instancabile tournée che condensa il calibro di Pirandello in soli 70 minuti in cui tutto viene messo in discussione. A partire dall’esistenza di Vitangelo Moscarda, più noto come Gengè per sua moglie Dida, la regia di Alessandra Pizzi sulla rielaborazione del più celebre romanzo pirandelliano “Uno, nessuno, centomila” fa leva sulla crisi esistenziale, sul continuo sentirsi inadeguati all’interno di una società improntata sull’apparenza, sulla continua ricerca di un’identità che alla fine della performance si rivela effimera o, addirittura, inesistente. Quella stessa identità la cui ricerca consiste nell’atto di guardarsi allo specchio: proprio quattro di questi fungono da scenografia per uno spettacolo che risulta un viaggio completo nelle intoccabili leve dell’introspezione che lo scrittore siciliano è stato in grado di sfiorare. Perché quella di Gengè è una ricerca che accomuna tutta gli uomini ed una scoperta che mette in crisi l’esistenza di ogni individuo.

La tendenza a voler apparire contrariamente a ciò che si sente di essere, nella continua attesa di consenso dall’esterno, circa 100 anni prima della diffusione dei mezzi di comunicazione di massa, fa di Pirandello un precursore della deriva della società moderna e fa di quello che egli stesso considera il proprio romanzo chiave, il canale per trasmettere messaggi di grande attualità.

Eliminata la presunzione che la realtà sia uguale per tutti e che sia davvero possibile conoscersi per come gli altri ci vedono, Moscarda diviene sempre più isterico per gli altri, ma sempre più consapevole della crudeltà del reale. Quella che lo porta a scoprire che chi è vivo non conclude, ma muore ogni attimo per poi rinascere sempre nuovo non in se stesso, ma in ogni cosa fuori.

Fuori dal comune è l’attore che ha interpretato Moscarda che, al termine del monologo, la cui scelta è stata concepita come trasmissione di valori da parte di chi  ha raggiunto una certa maturità, ha volentieri soddisfatto le curiosità degli studenti.

«Il mio approccio con il mondo del teatro è iniziato per gioco. Da piccolo mia madre mi portava a giocare nel teatro greco di Siracusa e quel mondo, per me, non era altro che un parco giochi. Fu quando per la prima volta trovai occupato il mio parco giochi da spettatori in attesa dell’inizio della tragedia sofoclea “Edipo re” che capii cosa avrei voluto fare da grande. Decisi che avrei frequentato il Classico perché volevo imparare a decifrare il greco e decisi che quel gioco, ossia il teatro, avrei voluto farlo per tutta la vita».

Una storia carica di speranza, un invito a coltivare i propri sogni perché proprio quelli servono a vivere. Ed è così che alla domanda “Quali consigli puoi fornire per la trovare il proprio uno?”, Lo Verso ha risposto citando la frase di Goethe, “essere se stessi contro ogni violenza”.

«Per trovare se stessi bisogna lavorare sulle proprie radici e sulla propria stabilità per contrastare i nubifragi della vita, di qualsiasi genere essi siano. Aiuta molto arricchirsi leggendo il più possibile e cercare di carpire l’origine delle emozioni».

Curioso come rappresentare un personaggio stravagante come Vitangelo Moscarda detto Gengè dia un certo sollievo a Lo Verso, che afferma di non sentirsi solo nel portare il fardello della molteplicità esistente in ciascun individuo di cui ha consapevolezza sin da quando aveva 16 anni. Più o meno la stessa età in cui l’assessore alla Cultura, Sara Allegretta, ha scoperto il mondo del teatro grazie ad un’opportunità che è riuscita a cogliere e che è quella stessa opportunità che ora, nei panni di assessore, si propone di regalare a quante più persone possibili, specie tra i giovani.

«La bellezza di questo spettacolo, e in generale di Pirandello, sta nel porsi sempre delle domande. Ritengo che questa sia un’azione fondamentale nell’epoca che potremmo definire “il nuovo Medioevo”, quello in cui nessuno verifica e approfondisce le notizie e le conoscenze».

Quelle conoscenze che è importante non presentare mai come verità assolute, ma come spunti di riflessione. È questo il segreto che ha svelato la regista Alessandra Pizzi alla gioventù presente.

«L’essere professionali sta nel non prendersi sul serio, ossia nell’abbattere la presunzione di proporre certezze incontrovertibili».

Perché in fondo non ci sono centomila certezze, ma ce n’è una sola: quella che non ci sia nessuna certezza.

SUL PROSSIMO NUMERO DELLA RIVISTA MENSILE "QUINDICI", IN EDICOLA IL 15 FEBBRAIO, ALTRE NOTIZIE E APPROFONDIMENTO SULLO SPETTACOLO DI ENRICO LO VERSO A MOLFETTA

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