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“Da Castel del Monte a l’Asmara”, sulle tracce del percorso del costruttore di Molfetta Michele Balacco Presentazione del libro della scrittrice Bianca Tragni al Seminario Regionale
Gaetano Campione, Bianca Tragni e Michele Chirico
02 luglio 2018

MOLFETTA - “Da Castel del Monte a l’Asmara…e ritorno”, storia di Michele Balacco, costruttore da Molfetta, è il titolo del libro di Bianca Tragni (storica, giornalista, docente, dirigente scolastico e scrittrice), presentato presso l’aula magna del Seminario Regionale di Molfetta. Un connubio di micro e macrostoria, con particolare attenzione alla storia regionale, in cui viene presentato l’exemplum vitae del costruttore Michele Balacco di Molfetta, venuto a mancare lo scorso anno.

Ad introdurre la relatrice il generale dell’Aeronautica Michele Chirico, fraterno amico del costruttore molfettese, che spiega alla platea la modalità in cui gli è stata presentata l’idea del libro. “Quando Ignazio Balacco (figlio del costruttore), mi ha chiesto di incontrare la storica Bianca Tragni sono stato incuriosito dalla personalità di una donna ecclettica e molto spiritosa. Michele è un buon esempio per rappresentare la saga famigliare di ben 5 generazioni di costruttori, noti per capacità imprenditoriali, senso di appartenenza e bontà d’animo”.

Chirico ha raccontato come lui abbia conosciuto Michele Balacco, grazie al suo ruolo di capitano e capo dell’ufficio relazioni al pubblico e stampa nell’aereonautica militare, ma soprattutto grazie all’intervento del rinomato giornalista Michele Campione. Ha ricordato quanto il costruttore molfettese fosse una persona integerrima e meravigliosa. “Ricordo bene la sua voce, viva e squillante, ricordo il suo essere trasparente e deciso, ricordo il suo legame viscerale con i figli, di cui si informava, sempre anche a distanza, anche in Asmara. Se dovessi pensare ad uno slogan di Michele, penserei a “Non mollare mai!” come il Napoleone cantato dal Manzoni, 3 volte nella polvere e 3 volte sull’altare, pensandoci bene aveva anche il tratto fondamentale del Manzoni: condivideva la fiducia nella provvidenza divina. Ricordare Michele è fare memoria collettiva, in cui per fare memoria si intendere il non cedere all’oblio del tempo, ma richiamare i fatti per farne tesoro nella quotidianità del presente”. Il generale Chirico è rimasto anche soddisfatto del libro della scrittrice Tragni, ritenuto esaustivo, accessibile a tutti, soprattutto per il suo essere uno specchio del reale.

Dopo l’intervento del generale, il giornalista Gaetano Campione, capo della redazione sportiva della “Gazzetta del Mezzogiorno”, riporta la propria testimonianza su Michele Balacco, intervistato precedentemente come protagonista italiano in Eritrea. “A Michele Balacco spetta un posto in prima fila sul palcoscenico della storia, in quanto acuto testimone della fondazione delle colonie africane nel periodo storico che va dal 1948 al 1951. E’ sempre stata una persona edificante e non distruttrice, sia per l’aspetto umano che per l’aspetto professionale”, dice il giornalista Campione. L’excursus biografico del costruttore continua con l’enumerazione di alcune opere pubbliche edificate dal suddetto: il porto di Massaua; una ferrovia lunga 118 km che collegava l’ambiente montanaro con quello marino e 64 acquedotti.

Campione ha anche spiegato i motivi per cui Michele Balacco fu costretto a rientrare in Italia, subendo il “mal d’Africa” per una terra affascinante a cui voleva dare ancora lustro. Attivo anche sul fronte patriottico, diventò un personaggio scomodo da delegittimare, ragion per cui subì due attentati alla vita da parte degli Shiftà, briganti ingaggianti dai servizi segreti inglesi: una coltellata all’avambraccio e un proiettile alla tibia, che non intaccarono la sua integrità.                                                                                  

Integrità omaggiata soprattutto dalla scrittrice Bianca Tragni, la quale ha reso immortale la sua fama e la sua persona. “Il costruttore Balacco è un pezzo di storia da salvaguardare, oltre che un capolavoro di umanità, è un condensato di storia minore, di quella storia regionale, lontana dal campanilismo e provincialismo, della storia viva, aderente al reale, che incuriosisce ed intriga”, spiega alla platea, introducendo il racconto della genesi del suo manoscritto storico.

Il libro è nato da un uomo comune, un uomo che ha prima toccato con mano lo stigma del Castel del Monte, prova tangibile della magnificenza di Federico II, e poi è stato catapultato in una terra deserta come l’Asmara, in Africa. Quel castello che è stato forza motrice dell’immaginario popolare legato al costume e ai misteri che hanno caratterizzato tutta la casata sveva. Un monumento divenuto creatura vivente nelle mani del capo cantiere Balacco (nonno di Michele) che ha ridato lustro e magnificenza ad un edificio fatiscente.

L’eroe Balacco è una personificazione della metafora leopardiana del ritorno al “selvaggio borgo natio”, con uno stato d’animo diverso, una potenza più forte, una vitalità ed una capacità creativa arricchita ed ampliata. Il costruttore è un esempio socio-storico di quello che, secondo l’autrice, dovrebbero fare i giovani italiani, quei “cervelli in fuga” che non tornano più, che si spostano in lidi migliori perché stanchi della quotidianità arida italiana. “Michele era un uomo schivo, una lumaca che si ritrae nel suo guscio, un uomo umile e modesto”, afferma la storica Tragni. “Grazie al mio stile di intervistatrice, sono riuscita a tirar fuori quella lumaca speciale dal guscio e a darle la fama che merita. Michele Balacco non voleva che scrivessi un libro sulla sua persona, ma il mio entusiasmo lo ha ben disposto, e soprattutto la mia arguzia storica mi ha spinto ad andare avanti con le mie ricerche.

Ero stata letteralmente catturata dal fascino di una storia poco conosciuta, una storia che rendeva la mia Puglia protagonista, dovevo assolutamente continuare la mia indagine, seguendo le tracce a mia disposizione. Sono andata avanti cercando qualsiasi prova, testimonianza, fatto storico che potesse contribuire a tirare le trame della storia che volevo scrivere. Dopo aver steso i primi due capitoli, ansiosa di conoscere l’opinione di uno dei protagonisti, li ho sottoposti al giudizio di Michele.

La lettura del mio elaborato in fieri, ha scatenato la sorpresa nel mio interlocutore, sbalordito dalle informazioni prospettate, frutto dei suoi input, ma soprattutto di ricerche approfondite ed erudite. Ricerche intraprese perché la materia di cui volevo parlare era valida, era vera, era storia!” Sull’onda di Cicerone, la scrittrice sottolinea la natura della storia, la quale come un pendolo, oscilla continuamente tra il passato e il presente, diventando maestra di vita per i suoi allievi senza tempo. Inoltre invita l’intera umanità ad attualizzare il passato per arricchire il presente, cercando di perseguire il fine di scrivere una storia migliore, una storia giusta, senza errori, una storia degna di essere raccontata. Nonostante la morte del costruttore Balacco abbia fatto vacillare la realizzazione del libro, il figlio Ignazio, ha sollecitato l’autrice Tragni a continuare la sua opera, con l’ausilio di testimoni quali il generale Chirico e l’équipe di operai del costruttore, entusiasti di poter contribuire ad un progetto di tal fatta. Il libro è stato generato dall’arguzia storica di una madre sapiente ed ecclettica come la storica Bianca Tragni, è stato pubblicato dall’editore Mario Adda, ed è stato donato dalla famiglia Balacco all’intera platea.

© Riproduzione riservata

Autore: Marina Francesca Altomare
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