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Corso Umberto I Palazzi XII
15 luglio 2019

Palazzo Bacolo, Corso Umberto I, 19. Francesco Capocchiani fu Bartolomeo e Saverio Attanasio fu Bonaventura nel 1872 acquistarono dal Demanio la porzione del fondo del Capitolo a sinistra salendo verso la stazione. L’Attanasio si assegnò la parte a settentrione confinante con l’attuale Via Cavallotti. Nel 1900 l’Attanasio vendette a Gaetano Bacolo e a suo figlio Biagio una porzione di suolo per edificare un edificio. Nel 1902 il Bacolo sollecitò il Comune a realizzare le cunette lungo il marciapiede per lo scolo dell’acqua piovana. Il fabbricato probabilmente fu edificato dopo il 1915 in quanto non risulta nessun nucleo familiare nello Stato delle Anime della Parrocchia S. Gennaro del 1915. Nel 1956-1957 fu realizzata l’attuale sopraelevazione. L’edificio in origine era formato dal solo piano terra, mentre su via Cavallotti vi è una abitazione realizzata su un piano rialzato. Il vano portone su Corso Umberto I è messo in evidenza da due lesene bugnate lisce in avanzamento rispetto alla facciata di circa una decina di centimetri e i piedritti con l’arco superiore modanato conferiscono una profondità al vano portone. Superiormente una rostra o raggiera in legno reca al centro il monogramma BB (Bacolo Biagio). Fabbricato a Corso Umberto I, 29-31. Francesco Capocchiani fu Bartolomeo e Saverio Attanasio fu Bonaventura nel 1872 acquistarono dal Demanio la porzione del fondo del Capitolo a sinistra salendo verso la stazione. L’Attanasio si assegnò la parte a settentrione confinante con l’attuale Via Cavallotti. Rimasta vuota questa porzione di suolo a mezzogiorno del fabbricato Bacolo, nel 1926 fu edificato questo fabbricato che si struttura in due blocchi: quello col portone al n. civico 29 e quello al n. civico 31. L’ampia facciata è divisa in tre parti uguali; la parte centrale corrispondente ai due portoni è avanzata di circa 30 cent. Il piano terra ha un bugnato liscio a strisce orizzontali. I balconi del primo piano hanno superiormente un frontone; quelli centrali hanno i timpani triangolari, mentre quelli laterali sono tondi. I balconi del secondo piano hanno un semplice frontone che fa anche da grondaia. I balconi del terzo piano in alto terminano ad arco e hanno a filo di facciata un arco bugnato delimitato superiormente da una cornice piana raccordata all’arco. Tutti i balconi del primo, secondo e terzo piano hanno una ringhiera in ferro battuto molto semplice, mentre i balconi del portone n. 31 al primo piano hanno una balaustra in muratura con pilastri angolari e piano di appoggio. I vani laterali della balaustra hanno delle colonne modanate in cemento mentre il riquadro centrale racchiude una grata in ferro battuto di vago stile liberty. Il fabbricato termina in alto con un grande e massiccio cornicione aggettante. Il portone al n. civico 29 ha in alto un riquadro rettangolare che da luce al vano portone ed è infissa una grata in ferro battuto con ampie volute. Il riquadro in alto del portone del n. civico 31 ha una grata in ferro battuto di vago stile liberty e in faccia alla chiave di volta ad arco ribassato porta la data 1926. Non è stato possibile conoscere i committenti, i muratori e il progettista ma, sull’esempio del fabbricato costruito poi su Corso Umberto I angolo con Via Muscati qualche anno dopo, ipotizziamo che il fabbricato in oggetto sia stato costruito dai muratori Balacco Giovanni, Ignazio e Domenico fu Michele e Poli Corrado Maria fu Corrado su progetto dall’ing. Domenico Valente. Al n. 33 dal 1944 vi era la cartoleria di Marta Mancini vedova Magarelli; al n. 35 negozio di drapperie e biancheria di Minervini Mauro G. che intorno al 1970 si incendiò. Subentrò il negozio di Ottica di de Redda. Palazzo Messina, Corso Umberto I, 47. Francesco Capocchiani fu Bartolomeo e Saverio Attanasio fu Bonaventura nel 1872 acquistarono dal Demanio la porzione del fondo del Capitolo a sinistra salendo verso la stazione. L’Attanasio si assegnò la parte a settentrione confinante con l’attuale Via Cavallotti, mentre il Capocchiani scelse la parte a mezzogiorno per il semplice scopo che questa confinavano con altre sue terre. Il Capocchiani per atti del notaio Germano del 1899 e 1906 vendette due porzioni di suolo a Messina Leonardo di Giovanni per costruirvi un edificio. Nel 1902 il Messina sollecitò il Comune affinchè costruisse le cunette avanti il marciapiede per facilitare lo scolo dell’acqua piovana. Nel 1915 vi abitava Messina Leonardo fu Giovanni di 54 anni, Maglione Giustina sua moglie di 44 anni e sette figlioli. Il fabbricato in origine era formato dal piano terra e dal primo piano; ha una facciata molto semplice con un grande vano portone le cui lesene laterali terminano con volute che sorreggono la parte centrale del lungo balcone protetto da una ringhiera con colonnine di ghisa. Il balcone centrale nella parte superiore ha un frontone con timpano. Il vano del portone in alto ha una rosta o raggiera in ferro battuto con al centro il monogramma ML (Messina Leonardo). L’edificio era coperto da una grande suppigna a copertura del terrazzo e per questo si notava per la sua unicità. Intorno al 1958 fu realizzata l’attuale sopraelevazione. Il fabbricato moderno, costruito accanto, fu edificato alcuni anni prima della sovraelevazione del palazzo Messina. Originariamente i Messina nel 1950 circa fecero costruire due ampi locali che li locarono al fiorista Cantatore e ad negoziante di tessuti Angione. Con la costruzione dell’attuale fabbricato si aprì la gioielleria Palmiotti, la boutique di Gambardella e la pasticceria Duca di Esposito. Al n. 43 nel 1951 c’era La Bottega D’arte Decorativa. Al n. 45 a metà degli anni ’50 del secolo scorso si aprì una sala giochi del ex giocatore della Molfetta Sportiva: Binda. Al n. 51 c’era la sala da barba di un tale di origine calabrese. All’angolo con Via Adele Cairoli il cinema teatro Odeon aveva il cartellone pubblicitario dei film che proiettava (XII continua). © Riproduzione riservata ————— Bibliografia: Archivio Stato Bari (=ASB), Sezione di Trani, notaio Michele Romano, vol.105 nuovo versamento; ASB, Catasto Terreni Molfetta, 1825; Archivio Comunale Molfetta, cat. 4, vol. 33, vol. 60; II sezione, cat. 11, vol. 6; Archivio Diocesano Molfetta, Parrocchia S. Gennaro, Stato delle Anime 1915.

Autore: Corrado Pappagallo
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