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Cambio generazionale e la nuova dinamica del lavoro
15 luglio 2019

Che il mondo del lavoro stia profondamente mutando è sotto gli occhi di tutti. Da anni ormai è impossibile affrontare il tema senza declinarlo dal punto di vista della trasformazione dei molteplici aspetti che vi ruotano intorno come l’evoluzione tecnologica, i mutamenti demografici, l’avvento di nuovi mercati, il diritto del lavoro e soprattutto la crisi economica. Ad esempio, la forte trasformazione tecnologica ha introdotto un nuovo modo di produrre e commercializzare beni e servizi con ripercussioni dirette e chiaramente identificabili sul mercato, sulle sue dinamiche, sul cambiamento delle tipologie di lavoro e sulla vita sociale dei lavoratori. Tale trasformazione è guidata dall’intreccio di digitalizzazione ed automazione e si caratterizza per una duplice natura. Da un lato grandi opportunità associate alla creazione di nuova ricchezza e maggior benessere e dall’altro la sfida sulla sostenibilità sociale di un nuovo sistema economico. Di questo e molto altro si è parlato durante la conferenza tenutasi presso l’auditorium “A. Salvucci” di Molfetta sul tema La dinamica del lavoro e il cambio generazionale. La serata – organizzata come atto conclusivo della visita pastorale alle attività produttive presenti nei Comuni della Diocesi di Molfetta da parte del vescovo mons. Domenico Cornacchia – è stata presentata da Maddalena Pisani, presidente dell’Associazione imprenditori di Molfetta. Dopo i saluti di rito, anche da parte del sindaco di Giovinazzo Tommaso Depalma, è toccato al giornalista di Rai Uno, Francesco Giorgino – docente di Comunicazione e marketing alla Luiss di Roma – tenere una vera e propria lectio magistralis sul tema. Il concetto di lavoro come opportunità, sfida per la dignità umana è stato contestualizzato alla perfezione all’interno della società contemporanea e più nel dettaglio nel suo tessuto sociale. Una società – come ha raccontato l’illustre relatore - complessa, in cui il determinismo tecnologico, la disintermediazione e la desocializzazione diventano i punti di partenza. Ma in questi cambiamenti determinanti sono fattori quali l’evoluzione demografica, la globalizzazione e la famosa rivoluzione digitale. Dunque allo stato dei fatti ci ritroviamo a fare i conti con un innalzamento degli over 65 e la pericolosa radicalizzazione di un preoccupante trend demografico che sta facendosi sempre più largo, ovvero l’avanzare della quarta età (adulti di età compresa tra i 65 e i 69 anni). Merito questo di un benessere maggiormente diffuso e di un innalzamento della mortalità che oggi si attesta intorno ai 90 anni per le donne e 80 per gli uomini. Al contrario diminuisce la popolazione in età da lavoro, creando un forte sbilanciamento delle politiche legate al welfare. E non è tutto. Anche la globalizzazione è un forte motore di cambiamento, capace di rimodulare il rapporto spazio/tempo e di favorire una fluida interconnessione dei sistemi. Ma come in tutte le cose bisogna guardare al risvolto della medaglia, ovvero l’accrescere del tasso di disuguaglianza con conseguente ampliamento del gap tra Paesi e popolazioni. Non da ultimo, quella che ai più piace chiamare digital transformation. Un fattore chiave, promotore della nascita di nuovi bisogni e prodotti. In quest’ottica gli agenti che sapranno innovare per primi – beneficiando delle nuove tecnologie – avranno un notevole vantaggio di mercato. Assistiamo, dunque e assisteremo alla distruzione e alla contemporanea creazione di posti di lavoro associata all’introduzione dei nuovi processi così come a cambiamenti qualitativi e quantitativi nelle prestazioni lavorative. I lavori meno soggetti a questo cambiamento epocale sono di sicuro quelli creativi e innovativi, che prevedono una spiccata complessità delle mansioni, quelli che prevedono una componente relazionale e di certo che non si caratterizzano per una ripetitività circolare. E allora visti i pro e i contro, quali le soluzioni? Fatto salvo che il mutamento che pervade il mercato del lavoro e tutte le sue declinazioni, di certo non si arresterà, la palla passa ai singoli che devono prendere coscienza di quanto la formazione sul campo debba essere continua e costante per mantenere alti gli standard che il mondo del lavoro richiede e senz’altro anche alle imprese che devono fare i conti con la responsabilità etica e sociale che le caratterizza, interrogandosi prima di tutto sulle azioni da mettere in campo per la crescita del territorio. In questo quadro di certo non possono mancare gli investimenti che determinano la crescita in termini economici e di benessere e di contro la riduzione della povertà e delle disuguaglianze attraverso la riattivazione di politiche occupazionali. Ma in un modo che cambia così velocemente c’è anche chi con il proprio lavoro artigianale ha portato lustro alla nostra città e ha creato aziende che durano da generazioni. Per questa ragione l’Associazione Imprenditori di Molfetta ha voluto dar loro un riconoscimento. Riconoscimento motivato anche – come ci ha tenuto a sottolineare Maddalena Pisani, riprendendo un passaggio del dott. Giorgino – dal fatto che non si tratta di un mero passaggio di quote ma di un passaggio fatto di valori, di spirito di sacrificio, di passione e duro lavoro. Ha concluso l’incontro il vescovo della Diocesi di Molfetta, mons. Domenico Cornacchia che – pur rimanendo ottimista rispetto alla miriade di cambiamenti che la nostra società sta affrontando e affronterà a seguire – rimarca con rammarico quanto si sia invertito il trend della sussidiarietà familiare. Oggi sono i nonni ad aiutare e sostentare anche economicamente figli e nipoti. E aggiunge che occorre offrire ai ragazzi un motivo in più per rimanere, spendendosi sempre nell’ottica dell’onestà. Una serata, insomma ricca di spunti di riflessione che al termine ha visto assegnare ad un socio onorario del Ser Molfetta la tessera 110. © Riproduzione riservata

Autore: Angelica Vecchio
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