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Buon Natale a tutti i lettori di “Quindici”, ai cittadini di Molfetta e del mondo
25 dicembre 2020

MOLFETTA – Quest’anno è un Natale diverso che ricorderemo a lungo nei decenni a venire. Un Natale con la pandemia del Covid al quale abbiamo dedicato l’editoriale del numero di dicembre della rivista mensile “Quindici” in edicola, del quale vi proponiamo qualche stralcio (l’articolo intero potete leggerlo sul giornale in edicola).

La lontananza sai, è come il vento, spegne i fuochi piccoli, ma accende quelli grandi, cantava così Domenico Modugno e le sue parole ci sono venute a mente in questa pandemia che impone lontananza a parenti e amici, mettendo a dura prova i nostri sentimenti e il desiderio di stare insieme. Ma la lontananza spegne le ipocrisie e accende le verità di tanti rapporti umani.

Prima eravamo vicini? No, era solo un’illusione: eravamo vicini nel gruppo, ai concerti, nei bar, nelle discoteche, ma non eravamo sentimentalmente vicini perché non ci amavamo. Soffrivamo, senza saperlo di alessitimia, quell’analfabetismo emotivo che non ci fa distinguere tra emozioni e sentimenti. Abbiamo confuso il corpo con il cuore e ci siamo affidati agli emoticon per esprimere una vicinanza con gli altri, che non è reale, ma serve a nascondere un’ansia da vuoto interno, inconscia, ma reale.

Il Covid ci costretto ad accettare un cambiamento che, per certi versi, è un ritorno al passato, alla semplicità dell’esistenza umana proprio quando utilizziamo la didattica a distanza e lo smart working, questa modernità tecnologica, che ci ha fatto venire nostalgia del passato. La globalizzazione dei sentimenti sta tutta qui, non nel mercato, nell’economia, ma nel ritorno alle origini, un progresso che non è regresso, ma riscoperta di valori che avevamo dimenticato o mai conosciuto.

Con la pandemia ci sentiamo molto più simili e meno diversi: è la livella del virus a ricordarcelo. Ci ritroviamo sconcertati, impotenti davanti all’ignoto, a un invisibile virus più forte delle armi e della tecnologia, che usa proprio il fattore umano per distruggerci. Il nostro respiro diventa l’arma con cui ci toglie lentamente la vita, costringendo a mascherarci come alieni e a nascondere i nostri sorrisi e le nostre sofferenze, trasformando i nostri volti in anonime maschere dove solo gli occhi riescono ad esprimere un sentimento.

Avevamo dimenticato il dolore, la morte, l’impotenza, il destino, il fato. E paghiamo il conto dei nostri errori, l’illusione che non esiste l’impossibile, che un essere inafferrabile e invisibile possa divenire padrone della nostra vita. E riscopriamo il mistero, l’incertezza, la fragilità di fronte a chi può colpire come e quando vuole, senza che possiamo difenderci.

Abbiamo ricoperto il nostro prossimo proprio quando non possiamo incontrarlo, toccarlo, abbracciarlo, in quei gesti di fisicità che portano al cuore. Ma poi ci scagliamo contro i migranti, con un razzismo che risiede nell’inconscio, come ha detto qualcuno, perché li scopriamo migliori e più forti di noi, capaci di attraversare i deserti, i mari dopo essere sopravvissuti anche alle torture.

Ecco, l’immagine che proponiamo, ci sembra il vero presepe vivente di oggi, che ci ricorda la povertà di Gesù nella grotta e ci fa riflettere sulla miseria dei nostri sentimenti verso gli altri. Un'immagine, forse, più drammatica del Covid perché non è frutto di un virus, ma dell'insensibilità umana.
Non si può essere buoni e fratelli solo a Natale, occorre esserlo sempre. E’ questo l’augurio che rivolgiamo ai lettori di “Quindici”, ai cittadini di Molfetta e ai molfettesi sparsi nel mondo, di non dimenticare la nostra umanità che non è fatta di parole, ma di gesti concreti.
Buon Natale!

© Riproduzione riservata 

Autore: Felice de Sanctis
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