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“Benedetto Petrone, ragazzo”, un ricordo della Camera del Lavoro, Cgil di Molfetta
Benedetto Petrone
28 novembre 2020

MOLFETTA - Benedetto Petrone era un ragazzo di 18 anni, morto a Bari in un agguato neofascista il 28 novembre del 1977.

Benedetto Petrone cresce a Bari Vecchia, nel quartiere San Nicola, quinto di nove figli di una famiglia di umili origini. A diciotto mesi dalla nascita manifesta i primi sintomi della poliomielite che, in seguito alle cure, gli consentirà di camminare seppur zoppicando.

Benedetto Petrone nel 1972 frequenta l’oratorio del quartiere e, tenendo all’oscuro la famiglia, si iscrive ancora adolescente alla sezione della Federazione Giovanile Comunista Italiana “Introna-Pappagallo” di Bari Vecchia. A soli 17 anni abbandona gli studi in ragioneria all’istituto Romanazzi per iniziare a lavorare come scaricatore di porto presso il mercato rionale.

La FGCI di Bari Vecchia in quel periodo stava conducendo una strenua lotta contro l’espulsione dei ceti popolari dalla città vecchia verso le nuove zone periferiche e Benedetto Petrone partecipa a pieno titolo alla vita del suo quartiere. 

La seconda metà degli anni Settanta è segnata dal processo di avvicinamento tra Pci e Dc, detto anche compresso, e dall’acuirsi della strategia della tensione. Il 1977 è un anno caldo. Bari non è esente da questo clima. La città è divisa in zone controllate da neofascisti, come Carrassi, Murat, Poggiofranco e Japigia, e zone controllate da militanti di sinistra, come Bari Vecchia e il campus universitario. Alle elezioni politiche del 1976 il Pci a Bari raccoglie il 28% dei consensi; la Dc il 38%; l’MSI il 12% dei voti.

Per tutto il 1977 sono numerose le azioni violente compiute dai neofascisti, che usano presidiare di sera i quartieri con le cosiddette “ronde nere”. Nella settimana che precede il 28 novembre si susseguono diverse aggressioni e provocazioni da parte delle ronde nere, in una di queste perde la vita Benedetto.

Questa la testimonianza che Franco Intranò, ferito con lui nell’agguato neofascista, rilascia al quotidiano L’Unità:

“L'altra sera eravamo un gruppetto di compagni, abbiamo lasciato Bari Vecchia e ci siamo affacciati su corso Vittorio Emanuele. Erano le 20:30 o poco più, forse, e sapevamo che poco prima una banda fascista aveva intimidito e minacciato una ragazza. Improvvisamente ce li siamo visti venire incontro in tanti, sbucavano da via Piccinni, dove c'è la federazione missina, li abbiamo visti con le mazze chiodate in mano, siamo scappati, io verso la parte alta del corso, in direzione di piazza Garibaldi. Ma poi mi sono voltato, ho visto che Benedetto non ce la faceva per il difetto alla gamba, era rimasto all'angolo della prefettura. Uno degli squadristi gli stava di fronte, lo ha colpito con un coltello una prima volta, in basso: allora sono tornato indietro, mentre Benedetto cadeva e quello lo colpiva di nuovo, ho allungato il braccio per afferrarlo, e l'assassino mi ha ferito all'ascella”.

Nella notte del 28 novembre i sindacati aderiscono allo sciopero proclamato dalla Federazione lavoratori metalmeccanici di Bari in cui partecipano tutti i consigli di fabbrica della zona industriale di Bari. Si fermano anche le scuole e studenti e lavoratori giungono dalla provincia. Nella stessa notte vengono fermati sei neofascisti, di cui tre rilasciati e tre arrestati.

 In questa giornata che ricorda quell’agguato, 43 anni dopo, vogliamo ricordare il sorriso di Benedetto, la sua voglia di cambiare il mondo e la sua determinazione messe al servizio delle forze democratiche e antifasciste di Bari e di questo Paese. Ribadire la nostra posizione sulla “parte del mondo” nella quale viviamo e lottiamo.

Affinché la memoria di Benedetto resti sempre viva, faro accesso contro qualunque forma di fascismo e neofascismi.

La Camera del Lavoro di Molfetta

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