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Allémmèrse in Piazza Principe di Napoli giovedì si parla di “Generare futuro” La partecipazione, l'impegno e la politica per le nuove generazioni
16 dicembre 2014

MOLFETTA – Giovedì alle ore 19.45 nel bar Allémmèrse in piazza Principe di Napoli, si parlerà di “Generare futuro”, la partecipazione, l'impegno e la politica per le nuove generazioni. Intervengono:  Fabio Ciocia - Segretario GD Molfetta; Gabriele Vilardi - Coordinatore Comitando; Corrado Innominato - Membro direttivo Tesla, modera:  Adriano Failli,  Rivista L'orinatoio.

 Questo non è un Paese per giovani, ma... senza alibi sappiamo che:

 "Una generazione può essere giudicata dallo stesso giudizio che essa dà della generazione precedente, un periodo storico dal suo stesso modo di considerare il periodo da cui è stato preceduto. Una generazione che deprime la generazione precedente, che non riesce a vederne le grandezze e il significato necessario, non può che essere meschina e senza fiducia in se stessa, anche se assume pose gladiatorie e smania per la grandezza. E’ il solito rapporto tra il grande uomo e il cameriere. Fare il deserto per emergere e distinguersi. Una generazione vitale e forte, che si propone di lavorare e di affermarsi, tende invece a sopravvalutare la generazione precedente perché la propria energia le dà la sicurezza che andrà anche più oltre; semplicemente vegetare è già superamento di ciò che è dipinto come morto.

 Si rimprovera al passato di non aver compiuto il compito del presente: come sarebbe più comodo se i genitori avessero già fatto il lavoro dei figli. Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente: chissà cosa avremmo fatto noi se i nostri genitori avessero fatto questo e quest’altro…, ma essi non l’hanno fatto e quindi noi non abbiamo fatto nulla di più. Una soffitta su un pian terreno è meno soffitta di quella sul decimo o trentesimo piano? Una generazione che sa far solo soffitte si lamenta che i predecessori non abbiano già costruito palazzi di dieci o trenta piani. Dite di esser capaci di costruire cattedrali ma non siete capaci che di costruire soffitte".

Antonio Gramsci

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Nel succedersi delle generazioni (e in quanto ogni generazione esprime la mentalità di un'epoca storica) può avvenire che si abbia una generazione anziana dalle idee antiquate e una generazione giovane dalle idee infantili, che cioè manchi l'anello storico intermedio, la generazione che abbia potuto educare i giovani. Tutto ciò è relativo, s'intende. Questo anello intermedio non manca mai del tutto ma può essere molto debole “quantitativamente” e quindi materialmente nell'impossibilità di sostenere il suo còmpito. Ancora: ciò può avvenire per un gruppo sociale e non per un altro. Nei gruppi subalterni il fenomeno si verifica più spesso e in modo più grave, per la difficoltà insita nell'essere “subalterno” di una continuità organica dei ceti intellettuali dirigenti e per il fatto che per i pochi elementi che possono esistere all'altezza dell'epoca storica è difficile organizzare ciò che gli americani chiamano “trust” dei cervelli. – Inchieste sui giovani nella Fiera Letteraria dal 2 dicembre al 17 febbraio 1929. Non molto interessante. I professori d'università conoscono poco i giovani studenti. Il ritornello più frequente è questo: i giovani non si9 dedicano più alle ricerche e agli studi disinteressati, ma tendono al guadagno immediato. “Oggi specialmente noi non conosciamo l'animo dei giovani e i loro sentimenti. E' difficile guadagnare il loro animo; essi tacciano sui problemi culturali, sociali e morali molto volentieri. E' diffidenza o disinteresse?” - “Vi è una disciplina ferrea e una situazione di pace esterna e interna, che si sviluppa nel lavoro concreto e fattivo, ma anche non consente il disfrenarsi di opposte concezioni politiche o morali. Ai giovani manca la palestra per agitarsi, per manifestare forme esuberanti di passioni e di tendenze. Nasce e deriva da questo un'attitudine fredda e silenziosa che è una promessa, ma che contiene delle “incognite”. Nello steso numero della Fiera Letteraria: “V'è oggi fra i giovani scarsa pazienza per gli studi scientifici e storici; pochissimi affrontano un lavoro che richieda lunga preparazione e offra difficoltà d'indagine. Vogliono, in generale, “sbrigarsi” degli studi; tendono soprattutto a collocarsi rapidamente, e distaccano l'animo dalle ricerche disinteressate, aspirando a “guadagnare” e repugnando alle carriere che loro paiano troppo lente. Malgrado tanta “filosofia” in giro, è povero il loro interesse speculativo; la lor5o cultura si vien facendo di frammenti; poco discutono, poco si dividono fra di loro in gruppi o cenacoli cui si segnacolo una idea filosofica o religiosa. Il tono verso i grandi problemi è di scetticismo, o di rispetto affatto estrinseco per coloro che li prendono sul serio, o “d'adozione passiva di un verbo dottrinale”. “In generale i meglio disposti spiritualmente sono gli studenti universitari “più poveri” e gli “agiati" sono, per lo più irrequieti, insofferenti della disciplina degli studi, frettolosi. Non da loro verrà una classe spiritualmente capace di dirigere il nostro paese”. – Antonio Gramsci -
Si osserva da alcuni con compiacimento, da altri con sfiducia e pessimismo, che il popolo italiano è “individualista”: alcuni dicono “dannosamente”, altri “fortunatamente” ,ecc.. Questo “individualismo”, per essere valutato esattamente dovrebbe essere analizzato poiché esistono diverse forme di “individualismo”, più progressive, meno progressive, corrispondenti a diversi tipi di società e di vita culturale. Individualismo arretrato, corrispondente a una forma di “apoliticismo” che corrisponde oggi all'antico ”anazionalismo”: si diceva una volta: “Venga Gfrancia, venga Spagna, purchè se magna”, come oggi si è indifferenti alla vita statale, alla vita politica dei partiti, ecc.. Ma questo “individualismo” è proprio tale? Nmon partecipare attivamente alla vita collettiva, cioè alla vita statale (e ciò significa solo non partecipare a questa vita attraverso l'adesione ai partiti politici “regolari”), significa forse non essere “partigiani”, non appartenere a nessun gruppo costituito? Significa lo “splendido isolamento” del singolo individuo, che conta solo su se stesso per creare la sua vita economica e morale? Niente affatto. Significa che al partito politico e al sindacato economico “moderni”, come cioè sono stati elaborati dallo sviluppo delle forze produttive più progressive, si “preferiscono” forme organizzative di altro tipo, e precisamente del tipo “malavita”; quindi, le cricche, le camorre, le mafie, sia popolari sia legate alle classi alte. Ogni livello o tipo di civiltà ha un suo “individualismo” cioè una peculiare posizione posizione e attività del singolo individuo nei suoi quadri generali. Questo “individualismo” italiano (che poi è più o meno accentuato e dominante secondo i settori economici-sociali del territorio) è proprio di una fase in cui i bisogni più immediati economici non possono trovare soddisfazione regolare permanentemente (dissocupazione endemica fra i lavoratori rurali e fra i ceti intellettuali piccoli e medi). La ragione di questo stato di cose ha origini storiche lontane, e del mantenersi di tale situazione è responsabile il gruppo dirigente nazionale. Si pone il problema storico-politico: una tale situazione può essere superata coi metodi dell'accentramento statale (scuola, legislazione, tribunali, polizia) che tenda a livellare la vita secondo un tipo nazionale? Cioè con un'azione che scenda dall'alto e che sia risoluta ed energica? Intanto si pone la quistione del come formare il gruppo dirigente che esplichi una tale azione: attraverso la concorrenza dei partiti e dei lorom programmi economici e politici? Attraverso l'azione di un gruppo che eserciti il potere monopolisticamente? Nell'uno e nell'altro caso è difficile superare l'ambiente stesso, che si rifletterà nel personale dei partiti o nella burocrazia al servizio del gruppo monopolisgtico poiché se è pensabile la selezione secondo un tipo di pochi dirigenti, è impossibile una tale selezione “preventiva” delle grandi masse di individui che costituiscono tutto l'apparato organizzativo (statale ed egemonico) di un grande paese. Metodo della libertà, ma non inteso in senso “liberale”: la nuova costruzione non può che sorgere dal basso, in quanto tutto uno strato nazionale, il più basso economicamente e culturalmente, partecipi ad un fatto storico radicale che investa tutta la vita del popolo e ponga ognuno, brutalmente, dinanzi alle proprie responsabilità inderogabili. Il torto storico della classe dirigente è stato quello di aver impedito sistematicamente che un tal fenomeno avvenisse nel periodo del Risorgimento e di aver fatto ragion d'essere della sua continuità storica il mantenimento di una tale situazione cristalizzata, dal Risorgimento in poi. – Antonio Gramsci. -

La differenza tra il fenomeno italiano e quello di altri paesi consiste obiettivamente in questo: che negli altri paesi il movimento operaio e socialista elaborò singole personalità politiche, in Italia invece elaborò, interi gruppi di intellettuali che come gruppi passarono all'altra classe. Mi pare che la causa sia da ricercare in ciò: scarsa aderenza in Italia delle classi alte del popolo: nella lotta delle generazioni, i giovani si avvicinano al popolo; nelle crisi di svolta questi giovani ritornano alla loro classe (così è avvenuto per i sindacalisti-nazionalisti e per i fascisti). E' in fondo lo stesso fenomeno generale del trasformismo in diverse condizioni. Il trasformismo “classico” fu il fenomeno per cui si unificarono i partiti del Risorgimento. Questo trasformismo mette in chiaro il contrasto tra civiltà, ideologia, ecc. e la forza di classe. La borghesia non riesce a educare i suoi giovani (lotta di generazione): i giovani si lasciano attrarre culturalmente dagli operai e addirittura cercano di farsene i capi (inconscio desiderio di realizzare essi l'egenomia della loro propria classe sul popolo), ma nelle crisi storiche ritornano all'ovile. Esistono molte “quistioni” dei giovani. Due mi sembrano specialmente importanti: 1) La generazione “anziana” compie sempre l'educazione dei “giovani”; ci sarà conflitto, discordia ecc., ma si tratta di fenomeni superficiali, inerenti a ogni opera educativa e di raffrenamento, a meno che non si tratti di interferenze di classe, cioè i “giovani” (o una parte cospicua di essi) della classe politica dirigente (intesa nel senso più largo, non solo economico, ma politico- morale) si ribellano e passano alla classe progressiva che è diventata storicamente capace di prendere il potere: ma in questo caso si tratta di “giovani” che dalla direzione degli “anziani” di una classe passano alla direzione degli “anziani” di un'altra classe; in ogni caso rimane la subordinazione reale dei “giovani” agli “anziani” come generazione, pur con le differenze di temperamento e di vivacità su ricordate. 2) Quando il fenomeno assume un carattere così detto “nazionale”, cioè appare apertamente l'interferenza di classe, allora la quistione si complica e diventa caotica. I “giovani” sono in istato di ribellione permanente, perché persistono le cause profonde di essa, senza che ne sia permessa l'analisi, la critica e il superamento (non concettuale e astratto, ma storico e reale); gli “anziani” dominano di fatto, ma….apres moi le dèluge, non riescono a educare i giovani, a prepararli alla successione. Perché? Ciò significa che esistono tutte le condizioni perché gli “anziani” di un'altra classe debbano dirigere questi giovani, senza che possano farlo per ragioni estrinseche di comprensione politico-militare. La lotta, di cui si sono soffocate le espressioni esterne normali, si attacca come una cancrena dissolvente alla struttura della vecchia classe, debilitandola e imputridendola: assume formw morbose, di misticismo, di sensualismo, di indifferenza m orale, di degenerazioni patologiche psichiche e fisiche, ecc.. La vecchia struttura non contiene e non riesce a dare soddisfazioni alle esigenze nuove: la disoccupazione permanente o semipermanente dei così detti intellettuali è uno dei fenomeni tipici di questa insufficienza, che assume carattere aspro per i più giovani, in quanto non lascia “orizzonti aperti”. D'altronde questa situazione porta ai “quadri chiusi” di carattere feudale-militare, cioè inacerbisce essa stessa i problemi che non sa risolvere. - Antonio Gramsci.

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